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E luce fu… sui bioritmi alterati e i rischi per gli ecosistemi
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Foto: Unsplash.com
Nei giorni del solstizio d’inverno, quelli più corti e scuri dell’anno, ho letto alcune suggestioni molto interessanti, da fonti diverse eppure in sintonia su un aspetto in particolare: quello di sperimentarsi a calare nel buio e accoglierlo come l’oscurità che accompagna verso se stessi, su un cammino di conoscenza che non si aggrappa alla luce in fondo al tunnel, alla candela accesa o alla fiamma salvifica, ma che trova nella notte senza riferimenti luminosi, presenti o desiderati, il punto di partenza per una profonda introspezione.
A queste parole ho ripensato parecchio per il profondo invito a indagare l’animo che contengono, ma mi sono tornate in mente anche quando ho letto un articolo di alcuni biologi dell’Università di Exeter, scienziati che hanno reso note in un intervento pubblicato su Nature Ecology and Evolution alcune tesi sulla pericolosità dell’inquinamento luminoso, fino ad ora supportate solo da studi empirici su singole specie o comunità, ma adesso confermate da un nuovo database di studi che garantiscono una visione più ampia e generale sulla forza e sulla frequenza degli impatti luminosi sulla fisiologia, l’attività quotidiana e la storia evolutiva degli esseri viventi. Sono gli effetti dannosi dell’illuminazione artificiale, che provocano alla Terra danni analoghi a quelli causati dai cambiamenti climatici.
Secondo il team di ricerca guidato dal professor Kevin Gaston, l’illuminazione artificiale del pianeta cresce in termini di portata e di intensità con una percentuale del 2% ogni anno, con impatti negativi di varia natura: altera i livelli ormonali e i cicli riproduttivi di molte specie animali, ne modifica i comportamenti e la resistenza agli attacchi dei predatori; riduce la presenza di melatonina (responsabile della regolazione dei cicli sonno/veglia), limita la capacità di impollinazione degli insetti, modifica la germogliazione degli alberi e disorienta gli abitanti dei cieli e delle acque che, confusi dalle insegne luminose o dai fari delle auto, si schiantano (come gli uccelli) o si perdono (come le tartarughe) mentre cercano la luce.
Un fenomeno dovuto anche alla sostituzione delle “vecchie” lampadine con nuovi led a basso consumo, che però hanno luci più intense e bianche, dunque a spettro più ampio. Un pericolo che a livello collettivo non viene percepito a fronte dei vantaggi che l’illuminazione notturna apporta. Ma le conseguenze negative, a differenza di quelle dei cambiamenti climatici che restano più difficili da arginare e da gestire, potrebbero in questo caso essere rapidamente circoscritte, anche a fronte di un risparmio economico derivante da un utilizzo meno intensivo delle luci notturne che porterebbe meno costi, meno consumi e meno emissioni.
Quanti di noi spengono ogni luce prima di dormire, per esempio? Sì, perché le alterazioni dei ritmi circadiani non riguardano solo gli ecosistemi e gli animali, ma riguardano anche noi. Lo conferma un altro studio, pubblicato sulla rivista JAMA Psichiatry, che evidenzia come luci non necessarie e artificiali (come lumini per la notte, smartphone, pc, etc.) impattino sulla salute mentale, sui disturbi dell’umore, sulla pressione sanguigna, sull’indebolimento del sistema immunitario, sui rischi di ictus, malattie cardiovascolari e tumori nonché sul ciclo del sonno anche degli umani, in particolar modo degli adolescenti (per approfondire qui un interessante articolo che mette in luce come siano determinanti anche fattori legati alla densità di popolazione e allo stato socio-economico).
Un risultato che in ogni caso richiede, come molti cambiamenti di rotta, un cambio prima di tutto di mentalità. A partire, ed ecco perché ho ripensato agli spunti sulla notte del solstizio, dal nostro rapporto con il buio e con la paura che ne abbiamo. L’oscurità ci spaventa, non essendo animali che hanno sviluppato i sensi per orientarsi nella notte ci affidiamo alla sua negazione artificiale, rassicurando i nostri occhi con la possibilità di vederci chiaro anche in assenza di luce naturale. Fari, torce, lampade frontali, candele, lanterne, lampioni, segnaletica: abbiamo un compulsivo bisogno di illuminare, per controllare, per sentirci al riparo, per mantenere una posizione di comando rispetto all’ignoto, al non visibile. E questo bisogno lo abbiamo spinto ben oltre le esigenze e l’utilità che ci erano necessari; come spesso ci è accaduto ci siamo lasciati sopraffare dall’avere di più, senza logica né ragione, puntando solo la bussola verso un egoismo antropocentrico.
Riprendiamoci l’istinto, rispettiamo i cicli naturali che ci regolano, investiamo in esperienze che ci riportino alla nostra essenza, ecco l’augurio per questo nuovo anno. Regaliamoci lo spazio di esplorazione attraverso i sensi che ci siamo fatti mancare per decenni, ritorniamo a quello che ci accomuna e ci rende vivi e fautori del comune destino del Pianeta, molto più di un progresso lanciato a tutta velocità contro il muro dell’estinzione.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.