È il tempo delle Gabbie vuote?

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Gabbie vuote. La sfida dei diritti animali. È questo il profetico titolo di un bel libro scritto da Tom Regan e considerato, a ragione, una delle più interessanti analisi del “problema” dei diritti animali, capace di smascherare la retorica del “trattamento umano” sostenuta da chi sfrutta gli animali nei più svariati contesti e di spiegare come la legislazione attualmente vigente sia disegnata al fine di favorire con il profitto, anche la crudeltà istituzionalizzata. Scritto ormai più di 10 anni fa il libro di Regan ha anticipato e sollecitato un ripensamento etico del rapporto uomo - animale promuovendo una presa di coscienza collettiva sui diritti degli animali. In questa direzione sì è mossa una legge messicana che dall’inizio di luglio ha vietato di utilizzare animali esotici negli spettacoli circensi e ha trovato, negli ultimi mesi, un ideale seguito in molti degli interventi istituzionali (non solo degli animalisti) a favore del benessere animale in tutto il mondo.

Questa legge nazionale segue un percorso già avviato dalle norme di quasi la metà degli Stati del Paese, tra cui anche quello di Città del Messico, dove le carovane circensi con animali al seguito non potevano avere accesso. Un provvedimento al passo con i tempi e con l’evoluzione della sensibilità popolare visto che in un recente sondaggio, più del 50% dei messicani si è dichiarato a favore di un circo senza animali, un dato che cresce fino al 60% di contrari se si parla di specie esotiche impiegate negli spettacoli. Non senza difficoltà in questi mesi l’amministrazione messicana ha cercato nuove collocazioni per 1.091 gli animali che sono stati distribuiti in un centinaio di zoo, sei centri di recupero e i più fortunati esportati verso rifugi all’estero. E così per orsi, leoni, tigri, elefanti, giraffe e moltissimi altri è cominciata una nuova vita, purtroppo sempre in gabbia, ma in condizioni di vita decisamente migliori e lontani dall’imposizione di performance stressanti e contrarie alla loro natura.

Questa “rivoluzione animalista messicana” per gli animali nei circhi non è la prima in Sudamerica. A fare da apripista mondiale con il divieto di utilizzo di tutti gli animali nei circhi, non solo quelli esotici, è stata infatti la Bolivia seguita anche Perù, Paraguay, Colombia, Costa Rica e adesso dal Messico. Il caso boliviano è stato raccontato nel documentario Lion Ark che ripercorre il difficile e incredibile trasloco degli animali  verso un enorme rifugio nel cuore degli Stati Uniti, un'operazione messa in piedi dall’associazione Animal Defenders International (Adi). Simile è il lavoro che Adi sta mettendo in pratica anche in Perù, dove la detenzione degli animali nei circhi è vietata se di specie selvatiche. Quelli che è stato possibile trasferire localmente hanno già trovato casa o sono tornati nelle loro foreste di origine, mentre per gli altri animali è in corso il viaggio verso nuove vite, in spazi che pur non essendo sconfinate savane sono decine di volte più grandi delle minuscole gabbie in cui sono stati costretti dalla nascita.

Il 22 novembre scorso per esempio il puma Mufasa, tolto ad un circo peruviano lo scorso aprile, ha trovato una nuova casa ai margini della foresta di Tambopata. Non è libero, così come non può esserlo un animale recluso per venti anni, ma da un mese può godere di un ampio recinto immerso nella foresta e a contatto con la “sua natura”. Per Jan Creamer, direttore di Adi, “la sensazione che si prova nel vederlo libero è quasi magica: il suo mantello appare lucido e compatto senza più le vistose tracce delle catene che lo avvolgevano in una doppia spira sul torace”. Un lavoro oneroso e impegnativo, ma possibile, quello del miglioramento delle condizione degli animali da circo, tanto che leggi simili sono in discussione anche in Brasile, Ecuador e Cile a dimostrazione di un cambiamento che infonde ottimismo negli animalisti di tutto il mondo, che possono guardare al Sudamerica come al faro di un pionieristico cambiamento, anche per via della messa in pratica delle leggi attraverso seri programmi di riabilitazione degli animali.

E in Europa ed in Italia? Mentre in questi giorni in Italia si discute l'abolizione del finanziamento pubblico alle strutture circensi che usano animali, la speranza è quella che quanto sta accadendo in Sudamerica possa far pensare ad una evoluzione dei diritti animali in linea con le richieste di una buona parte dell’opinione pubblica. Secondo i dati Eurispes 2015, infatti, più del 68% degli italiani si esprimono a favore di un circo privo di animali, specchio di un cambiamento culturale anche europeo che questa estate ha permesso alla Catalogna di proibire per legge l’uso degli animali nei circhi, grazie alla campagna Catalunya Lliure d’Animals en Circus (Clac), lanciata dall’associazione animalista LIBERA e dalla Fondazione Franz Weber. Non è da meno la Germania che questo mese ha ridato una parziale libertà a Uschi e Kaspar, due scimpanzé per anni tenuti in un piccolo e male attrezzato recinto di uno zoo. Come ha raccontato l’associazione animalista PETA Germania “i due animali, con il tempo, erano diventati sovrappeso perché ai visitatori non sarebbe stato impedito di lanciare popcorn, biscotti e dolcetti. Nessuna sorpresa, poi, se i due animali si presentavano depressi e con i peli tirati, un evidente segnale, del disagio mentale nei primati”. Dopo mesi di lavoro congiuntamente ad altri gruppi animalisti e alle autorità tedesche all’inizio del mese di dicembre, i due scimpanzé sono stati trasferiti al Wales Ape and Monkey Sanctuary di Brecon Beacons nel Galles meridionale. Il Santuario, ospita molti scimpanzé e altre scimmie salvati dagli zoo, circhi e laboratori di sperimentazione, in un contesto il più naturale possibile e dove gli animali non vengono sfruttati in funzione di interessi commerciali.

Come dice Milan Kundera nell’Insostenibile leggerezza dell’essere è proprio vero che “La bontà umana, in tutta la sua purezza e libertà, può venir fuori solo quando è rivolta verso chi non ha nessun potere. La vera prova morale dell’umanità, quella fondamentale, è rappresentata dall’atteggiamento verso chi è sottoposto al suo dominio: gli animali. E sul rispetto nei confronti degli animali, l’umanità ha combinato una catastrofe, un disastro così grave che tutti gli altri ne scaturiscono”. Forse stiamo rimediando ed è possibile che una maggior tutela verso gli animali possa aiutarci a non dimenticare di rispettare sempre anche le persone.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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