“E i marò?”. Un’analisi semiseria.

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Non esiste in Italia questione di politica internazionale più dibattuta e “sapientemente” analizzata da avvezzi di strategie diplomatico-giuridiche e geopolitiche mondiali quanto di frequentatori assidui di social network. Non esiste argomento più rivitalizzato dalla popolazione italiana e utilizzato tanto come strumento per zittire un interlocutore incauto su temi quali “India”, “giustizia internazionale”, “viaggi in mare”, quanto per supportare un pensiero che fa della “reciprocità di trattamento” lo standard da usare nelle relazioni sopranazionali. Quello dei “due marò” appare un tormentone unico e inesauribile, almeno fino a quando non sarà chiuso l’increscioso caso giudiziario dell’incidente a fuoco avvenuto il 15 febbraio 2012 a largo della costa del Kerala (zona nord-occidentale dell’India), in cui sono morti due indiani del peschereccio St. Antony, e che ha coinvolto la petroliera italiana Enrica Lexie su cui erano imbarcati i due marinai a protezione della merce dai pirati che imperversano nella zona.

Il ristorante indiano allora diventa per molti un tabù, si generano tifoserie ultrà e la semi-seria chiacchiera istituzionale e da bar viene convogliata nel calderone di facebook, che ha reso i due fucilieri della Marina, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, loro malgrado paladini ed eroi per affollare le pagine di commenti e “mi piace”. Accade che alla diffusione di interventi istituzionali della Farnesina, di manifestazioni di piazza, e di striscioni issati in piazza del Campidoglio a Roma, si alternino post che illustrano un fittizio dialogo tra due mostri sacri del pacifismo e della non violenza indiana. Da una parte il maestro spirituale Osho che, rigorosamente in romanesco secondo gli autori della pagina facebook “Le più belle frasi di Osho”, invita le autorità di New Delhi a completare i processo in senso assolutorio per i due militari italiani con un lapidario “Ma je volete ridà ‘sti marò?”, e dall’altra parte il filosofo della non violenza Gandhi che, dissentendo platealmente dinanzi a questo appello, chiude una conversazione telefonica con la lapidaria esclamazione “I marò me li tengo, ciao”.

La creatività della satira in materia di marò non smette di stupire con gruppi, chat e pagine dedicate, anche a più di 3 anni di distanza dalla nascita della querelle diplomatica. Dallo slogan “Prima i marò” che riceve come risposta l’assistente di un dottore nella sala d’attesa chiedendo “Chi c’è prima?” all’analoga replica dell’Uomo Ragno alla richiesta di aiuto che lo raggiunge dinanzi alla minaccia della distruzione della città da parte di Octopus. Ma anche Dylan Dog con il lancio dell’innovativo “Marò che caldo” e i famosi supereroi Iron Man, l’incredibile Hulk, Thor, Captain America, Occhio di Falco e Vedova Nera sul set del film “The Avengers” si fermano in una scena clou per chiedersi “Ma i marò?”. Nasce anche la pagina facebook “Tirare in ballo i Marò nei commenti delle pagine senza apparente motivo” che suggerisce a Mark Zuckerberg l’ideazione di un nuovo tasto a fianco a quello del “mi piace”, ossia il più appropriato “E i marò??” con tanto di manina blu con le dita riunite a grappolo verso l’alto nel più classico gesto inquisitorio italiano. Satira di basso profilo e di facile sorriso con gli ormai noti “Marò glacé” e con gli screenshot di una foto di repertorio dei due fucilieri della Marina arrestati con il riquadro di comunicazione con il puntatore pronto per cliccare sull’opzione “salva”, ma anche di spessore culturale con la rivisitazione del classico di Cesare Pavese in “La luna e i marò”. Cede invece al fascino del grande pubblico amante dei giornali di gossip, il settimanale patinato di facebook “I nostri Marò”, con l’introvabile intervista di Capitan Findus che dichiara “Sono pescatore ma sto con i marò” o ideatore del lancio del nuovo singolo dei 99 Posse dal titolo accattivante di “Curry curry marò”.

A livello di comunicazione, il dado è ormai tratto da tempo: l’innocenza o la colpevolezza dei fucilieri per la morte dei pescatori indiani sembra poco interessare l’opinione pubblica, tantomeno un’accurata ricostruzione dell’intero episodio che appare ancora piuttosto lacunoso. La vicenda dei marò è diventata un “fenomeno” ormai slegato dai fatti oggettivi del caso o dai protagonisti della vicenda trasformandosi in un tormentone virale che ha ormai invaso con le sue immagini e frasi cult le bacheche facebook e twitter degli italiani. Niente a che vedere con la protesta con i nastrini gialli appuntati al petto atti a segnalare l’indignazione dinanzi all’arresto dei due marò e delle vergognose lungaggini processuali dell’inizio di questa vicenda, e che sommariamente andava a unire una connotazione politica più nazionalista. E se l’interpretazione kafkiana del post-provocazione che afferma “Non è l’attesa dei marò, essa stessa i marò?” appare acquisire un po’ di serietà alla conclusione di questa carrellata di battute, appare paradossale, ma senz’altro reale, che anche la chiusura positiva per l’Italia (e per i due marò) di questa vicenda, con il proscioglimento dalle accuse, non determinerebbe affatto la conclusione di questo tormentone che, anzi, potrebbe arricchirsi di nuovi “spunti” satirici. La parola dunque di nuovo al web e a quando i social decreteranno la chiusura di questa ilarità perenne attorno alla vicenda “marò”.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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