E così in Ucraina si continuerà a morire

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Foto: Max Kukurudziak da Unsplash.com

Sta accadendo quello che ci si aspettava: l’attacco mirato a tutto ciò che per gli ucraini può significare conforto, luce, calore, sopravvivenza. L’inverno arriva e Putin ha reso sistematico il suo colpire centrali elettriche, depositi di carburante, centrali idriche. E’ la politica del terrore in vista di un inverno duro e freddo. E’ il tentativo – atteso da chi osserva la guerra da sempre – di fiaccare la resistenza ucraina e portare Kiev all’eventuale, futuro, tavolo delle trattive da una posizione fragile, debole.

E’ questa la novità all’alba del 275mo giorno di questa fase della guerra. “L’operazione speciale” voluta da Putin non ha portato i risultati voluti e le forze armate russe si attestano per l’inverno su posizioni difensive. Il territorio per ora strappato a Kiev è infinitamente inferiore a quanto immaginato all’inizio dell’invasione. Le controffensive ucraine, dopo i successi delle scorse settimane, sembrano segnare il passo. Uno stallo che Putin vuole mettere a frutto, colpendo comunque i civili. Magari non direttamente – anche se sono decine di migliaia i non combattenti uccisi in questa guerra –, ma riducendo nella popolazione la volontà di resistere. Così, centinaia di missili di precisione stanno colpendo le centrali elettriche. L’Ucraina è di fatto al buio e al freddo, tanto che gli Stati Uniti hanno deciso di stanziare 400milioni di dollari per soccorrere Kiev sotto questo profilo. Le centrali nucleari sono stata scollegate dalla rete per ragioni di sicurezza. Leopoli, che si trova nell’Ovest del Paese, è praticamente senza luce e ci sono problemi ad erogare l’acqua. Ovunque – dicono dal governo – ci sono in funzione generatori diesel, per tentare di tamponare la situazione. 

Si tratta di un atto terroristico”, ha sentenziato il presidente ucraino Zelensky, che ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Difficile ne esca qualcosa di utile, anche se l’Assemblea generale dell’Onu qualche giorno ha fa approvato una risoluzione in cui si chiede che la Russia venga considerata “responsabile per le sue violazioni della legge internazionali in Ucraina”. Il testo chiede anche venga creato un “registro internazionale” per documentare le richieste di danno, perdite o lesioni agli ucraini, causati dai russi.

A Strasburgo, intanto, si è fatta strada l’idea di una Russia “stato sponsor del terrorismo”. Il Parlamento europeo con 494 voti favorevoli, 58 contrari e 44 astenuti ha adottato una risoluzione che sottolinea “gli attacchi e le atrocità intenzionali delle forze russe, la distruzione delle infrastrutture e altre gravi violazioni del diritto umanitario e internazionale. Sono tutti atti di terrore e crimini di guerra”.

Una presa di posizione che avrà conseguenze pesanti sui già fragili rapporti fra Unione Europea e Russia. E il quadro generale appare in genere fosco nelle relazioni internazionali. Ucraina, Polonia e Stati Baltici si sono incontrati per ridefinire la “necessità di rafforzare la difesa aerea nell’area”. Israele ha, invece, deciso di mettere adisposizione dell’Ucraina le proprie capacità di intelligence. Lo farà non per “rompere la neutralità”, ma perché preoccupata per il coinvolgimento nella guerra dell’Iran, diventato ormai fornitore ufficiale di armi al Cremlino. La guerra si allarga, coinvolge sempre più attori e modifica ruoli e profili. L’unica cosa che non accade ancora è l’avvio di una trattativa credibile per arrivare ad un cessate il fuoco. Non ci sono attori credibili alla ribalta, per questo. E così in Ucraina si continuerà a morire.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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