Dilaga la povertà, ma aumentano le spese militari

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Mayadharpur, Bangladesh. Nasima ha 12 anni. Ha fame: oggi non mangiato altro che foglie di caucciù. Voleva dissetarsi con l'acqua del pozzo, ma sua madre glielo ha impedito: il pozzo è inquinato d'arsenico e suo fratello maggiore ne è morto. Rassegnata ha bevuto un po' d'acqua fangosa del laghetto che ormai è ridotto ad una pozzanghera. Suo padre è a Dhaka, la capitale e guida il risciò. Quando gli va bene in un giorno raccimola 60 dacca, quasi un dollaro. Anche Nasima è stata a Dhaka nei mesi scorsi con sua madre Ajirunnesa. Lavorava in una fabbrica di tappeti, intrecciandoli con le sue mani esperte, per 14 ore al giorno. Ma si è malata e sono tornate al villaggio. Suo fratello, invece, è rimasto col padre e vive mendicando.

Una bambina è nata nelle strade di Città del Messico la scorsa settimana. I suoi genitori, disoccupati, sono contenti ma preoccupati. "Non so come faremo con la bambina. Ma vogliamo tenerla" - dice suo padre Jesùs Omar. E' cresciuto sulla strada dall'età di 10 anni e condivide con Laura, la sua compagna, una baracca vicino a Reforma boulevard. Intorno ci sono altre baracche, immondizia, cani randagi e topi. Al momento della nascita della figlia sono stati fortunati. Erano in città in cerca fortuna e Laura ha avuto le doglie. Uno studente di medicina che passava l'ha aiutata a partorire. Oggi Laura e la bambina, nata prematura e sottopeso, sono in un ospedale pubblico, ma non potranno starci per molto.

Due vicende, lontanissime. Due fotografie di uno stesso mondo di povertà e deprivazione che la scorsa settimana tre agenzie internazionali ci hanno fatto conoscere attraverso i loro rapporti. Ha iniziato l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) informando che 1 miliardo e 400 milioni di lavoratori nel mondo guadagnano meno di due dollari al giorno, mentre addirittura 550 milioni hanno un salario di un dollaro al giorno, al di sotto della soglia di povertà. Se includiamo i gruppi familiari, diventano 5 miliardi e 850 mila persone, più di tre quarti della popolazione mondiale. Ha proseguito la FAO, segnalando che 852 milioni di persone soffrono di malnutrizione che è la causa di almeno la metà di circa 5 milioni di decessi registrati al mondo ogni anno tra i bambini di meno di cinque anni. Ogni 6 secondi, cioè, un bambino muore di fame nel mondo. Ha chiuso l'Unicef ricordando che 1 miliardo di bambini, cioè poco meno della metà dei piccoli del pianeta, vive in condizione di povertà.

Dati drammatici, che tutti abbiamo letto. Distratti e impegnati, come spesso siamo, forse non ci siamo soffermati su un'altro dato: disoccupazione, malnutrizione e povertà sono in aumento. Il rapporto dell'ILO evidenzia che il tasso di disoccupazione del mondo è in costante ascesa: era 5,6% nel 1993, era già passato al 6% nel 1997 ed ha raggiunto il 6,2% nel 2003. La Fao segnala che "dopo essere calato ai primi degli anni '90, il numero di persone malnutrite nel mondo sta salendo di nuovo" aumentando al ritmo di 4 milioni all'anno. E l'Unicef riporta che la povertà è cresciuta nell'ultimo decennio non solo nei paesi in cui è un male atavico.

Nei giorni scorsi ricorreva anche il 56mo anniversario della Dichiarazione dei diritti umani. Una dichiarazione che ha segnato la strada per i processi democratici, ma che di fronte alle "cifre della miseria" appare lettera morta. Per farla diventare parola viva le Nazioni Unite nell'Assemblea del Millennio tenuta nel 2000 si sono dati 8 obiettivi. Tra questi alcuni che entro il 2015 sono prioritari: sradicare l'estrema povertà e la malnutrizione, ridurre di due terzi la mortalità infantile, ridurre di tre quarti la mortalità materna, assicurare l'istruzione primaria a tutti i bambini. Obiettivi che oggi, però, sembrano allontanarsi sempre più.

"Il numero di affamati resta troppo alto, i progressi inspiegabilmente bassi e il prezzo delle vite rovinate e delle risorse sprecate incalcolabilmente alto" - afferma Lynn Brown della Banca mondiale nella prefazione alla ricerca della Fao. Vero, ma c'è un punto sul quale dissento: una spiegazione, o meglio qualche rimedio ci sarebbe. Se da oggi al 2015 anche solo il 10% della spesa militare mondiale fosse devoluto agli Obiettivi del millennio, fame, povertà, alfabetismo e malattie come malaria e tubercoli sarebbero completamente sradicati, per sempre. E' un vecchio discorso, lo so. E spesso tacciato di demagogia. Ma mentre cresce la povertà, la demagogia della "lotta al terrorismo" ha aumentato la spesa militare che quest'anno ha raggiunto i 956 miliardi di dollari. Oggi, cioè, ci sono le risorse per eliminare fame e miseria. Basterebbe volerlo. Nasima che oggi ha fame, Jesùs Omar, sua moglie Laura e la loro piccola neonata lo vorrebbero. Tanto.
di Giorgio Beretta

LA SCHEDA

Il ''Rapporto mondiale sull'occupazione 2004-2005'' dell'Ilo evidenzia che i 185,9 milioni di disoccupati registrati nel 2003 rappresentano solo la ''punta dell'iceberg'' della mancanza di lavoro dignitoso. Le persone occupate, ma che vivono in povertà, sono infatti ben sette volte tanto. Secondo il rapporto, nel 2003 nel mondo erano circa 2,8 miliardi le persone con un lavoro. Tuttavia, di questi, quasi la metà vivono con meno di 2 dollari al giorno e circa 550 milioni sopravvivono al di sotto della soglia di povertà di un dollaro al giorno.

Degli 852 milioni di persone sottoalimentate segnalate dal rapporto della FAO, 815 milioni vivono nei paesi sottosviluppati, 28 milioni in quelli in via di sviluppo e 9 milioni nei paesi industrializzati.

Un bambino su 6 soffre gravemente la fame, 1 su 3 non ha disponibilità di servizi igienici, 1 su 5 non ha acqua potabile, 1 su 7 non ha nessuna forma di assistenza sanitaria - segnala il rapporto dell'Unicef. Ogni giorno muoiono per malattie prevenibili 29.158 bambini al di sotto dei cinque anni. 140 milioni di bambini non hanno una scuola, 180 milioni di minori sono costretti a lavorare in condizioni di sfruttamento. In un decennio di conflitti ci sono stati 3,6 milioni di morti: il 45 per cento erano bambini. 4000 bambini muoiono ogni anno sulle mine antiuomo, molto economiche da piazzare (tre dollari l'una) e assai meno da disinnescare (fino a 1000 dollari). (G.B.)

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