Damasco: ‘Grandi progressi’ nella formazione della costituente post-guerra

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Per la prima volta dall’inizio del conflitto, il governo siriano parla di “grandi progressi” nella formazione dell’organismo chiamato a scrivere la Costituzione post-conflitto. L’annuncio di Damasco - mentre sul terreno si continua a combattere, in particolare nell’area contesa di Idlib - è giunto in concomitanza con la visita dell’inviato speciale Onu per la Siria nella capitale. 

La scorsa settimana si è tenuto il faccia a faccia fra l’inviato speciale delle Nazioni Unite Geir Pedersen e il ministero siriano degli Esteri Walid Muallem. Al termine dell’incontro il dicastero ha diffuso una nota in cui parla di “grandi progressi [che] sono stati fatti, al fine di raggiungere un accordo per la nascita di un comitato” chiamato a discutere della nuova “Costituzione”. 

Pedersen, diplomatico norvegese di lungo corso che ha assunto l’incarico nel gennaio scorso, è arrivato il 9 luglio a Damasco, con l’obiettivo di riavviare i colloqui di pace - tuttora in una fase di stallo - per mettere fine a otto anni di conflitto devastante. Il predecessore Staffan del Mistura, ha rassegnato le dimissioni dopo quattro anni di tentativi infruttuosi, che si sono conclusi con il tentativo abortito di dar vita all’Assemblea costituente. 

Il governo di Damasco e il presidente Bashar al-Assad propendono per una revisione della Carta già in vigore. La galassia delle opposizioni - che riunisce gruppi anti-governativi, movimenti estremisti e membri della società civile - chiede che sia redatta una Costituzione ex-novo. 

Il Comitato è formato da 150 membri, 50 dei quali sono scelti dal governo, altrettanti dalle opposizioni e gli ultimi 50 dall’inviato speciale delle Nazioni Unite. Il giornale filo-governativo al-Watan nei giorni scorsi ha annunciato che i lavori del nuovo comitato potrebbero iniziare già a settembre, nel caso in cui Damasco accetti la lista presentata da Pedersen. 

In passato i numerosi tentativi di mediazione delle Nazioni Unite si sono sempre rivelati infruttuosi e a poco sono serviti per mettere fine a un conflitto che ha causato, in otto anni, quasi 500mila morti e milioni di sfollati. Intanto sul terreno, nell’area di Idlib nel nord-ovest del Paese, continuano le violenze fra esercito governativo e gruppi ribelli e jihadisti.

A bloccare di fatto l’avanzata dell’esercito di Assad, il sostegno fornito dalla Turchia ai ribelli che sembrano oggi guadagnare terreno e posizioni. Del resto l’obiettivo dichiarato di Ankara è quello di mantenere il controllo di una zona cuscinetto oltreconfine in Siria, ostacolando il tentativo del presidente e dei vertici militari di riassumere - con l’aiuto dell’alleato russo - il pieno controllo di tutto il Paese. 

Da Asianews.it

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