Cuba: no agli aiuti per i danni del ciclone Dennis

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Sulla rinuncia di Cuba a ricevere aiuti umanitari per i danni causati dal ciclone Dennis, che la scorsa settimana nell'isola ha causato 16 morti e danneggiato 40mila case con danni superiori ai 1.400 milioni di dollari, interviene il sito della "resistenza cubana" Rebellion ci fa pervenire un articolo a firma di Pascual Serrano che sottolineando che sebbene "i mezzi di comunicazione europei si dicono scandalizzati per la rinuncia del presidente cubano Fidel Castro" questi "aiuti umanitari sono solitamente legati a determinate condizioni economiche, come ad esempio la creazione di fondi di controvalore in moneta nazionale: per questo Cuba preferisce cooperare con gli Enti Locali e le associazioni di solidarietà piuttosto che con i governi europei". E ricorda i contributi al settore zuccheriero dei paesi dell'Unione che danneggiano per migliaia di milioni di dollari le entrate cubane.

Il sito ricorda inoltre che "a fine giugno 2003, la UE, su proposta del premier spagnolo Aznar, decideva di sospendere o ridurre al minimo quelli che venivano qualificati come aiuti a Cuba. Prima di allora aveva già ridotto questa voce dai 3,6 milioni di dollari del anno 2000 ai 0,6 del 2003. Anteriormente la media si assestava sui 4,2 milioni di dollari l'anno. Bisogna anche ricordare che dal novembre 2001 a ottobre 2002 l'impatto di tre uragani portò danni al paese per oltre 2.500 milioni di dollari. A questi vanno sommati gli effetti devastanti della caduta del turismo a causa dell'11 settembre".

Ma - secondo Serrano - "i danni maggiori sono provocati dal blocco economico e commerciale imposto dagli Stati Uniti che ammontano, a tutt'oggi, a 82.000 milioni di dollari". Inoltre, "i contributi al settore zuccheriero dei paesi dell'Unione, hanno danneggiato per migliaia di milioni di dollari le entrate cubane. Le relazioni commerciali tra UE e Repubblica di Cuba vedono un'importazione cubana di prodotti europei di 1.500 milioni di dollari di fronte ad una esportazione di soli 571 milioni di dollari".

Circa gli "aiuti umanitari" Serrano nota che "sono solitamente legati a determinate condizioni economiche, come ad esempio la creazione di fondi di controvalore in moneta nazionale". E cita un esempio esempio: "a giugno 2003, ancora non era arrivato un solo centesimo delle somme approvate tra l'ottobre del 2000 e dicembre 2002. Da questi aiuti la Commissione Europea ed i paesi membri scontano i così detti costi indiretti, tali come i biglietti delle proprie linee aeree, hotel, salari e lussi a livello di "Primo Mondo" di coloro che vanno ad ispezionare e coordinare in situ. Per questo "Cuba preferisce cooperare con gli Enti Locali e le associazioni di solidarietà piuttosto che con i governi europei".

In merito all'aiuto offerto dagli USA Serrano nota che "era quantificato in 50.000 dollari": "l'auto del rappresentante della sezione degli interessi USA in Cuba vale molto di più". Pertanto secondo Serrano "la rinuncia di Cuba ad accettare questi presunti aiuti umanitari vuole essere una denuncia dell'ipocrisia dei paesi ricchi che lavano la propria coscienza inviando briciole all'ultimo paese protagonista delle cronache dei media".

Serrano nota infine che "esiste un altro tipo di solidarietà oltre quella offerta dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea a Cuba: quella di offrire studi gratuiti fino ai più alti livelli universitari a più di quarantamila giovani di più di cento paesi del Terzo Mondo, trentamila di loro provenienti da paesi africani. Questo è quello che ha fatto Cuba negli ultimi anni, senza pretendere che dopo la laurea si fermassero a lavorare nell'isola".

L'articolista informa che in questo momento si stanno formando come medici più di diecimila giovani provenienti dalle famiglie più umili e dai gruppi etnici più emarginati di tutto il mondo. E che sono 23.964 i "cooperanti della salute" che Cuba ha nell'attualità distribuito in 76 paesi. 17.013 sono medici. "Se facciamo un calcolo usando i parametri di Stati Uniti e Unione Europea, equivarrebbe a una donazione di più di 450 milioni di dollari l'anno. Se consideriamo gli operatori della salute che prestano i loro servizi nei luoghi più difficili ed appartati del mondo, dovremmo aggiungere altri 200 milioni di dollari per un totale di circa 700 milioni di dollari". [GB]

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