Crisi idrica: il Contratto mondiale sull'acqua scrive al Governo

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La crisi idrica che nuovamente colpisce il nostro Paese costituisce, a giudizio del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua, l'occasione per attuare in Italia una nuova politica di governo delle risorse idriche. "Il piano di risparmio idrico elaborato dal Governo resta assai debole sul piano degli strumenti e dei poteri di controllo e di sanzione" - denuncia il Comitato che chiede al Governo di emanare con carattere di urgenza un decreto legge difenda immediatamente l'acqua come "bene comune" e non "merce" e conseguentemente sospenda "tutte le procedure in corso per la sua privatizzazione".

Ecco il testo del documento inviato al Governo dal Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua.

La crisi idrica che nuovamente colpisce il nostro Paese e lascia presagire scenari ancor più catastrofici nei prossimi mesi estivi, costituisce, a giudizio del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua, l'occasione per attuare in Italia una nuova politica di governo delle risorse idriche, una "rivoluzione" culturale sul piano dei comportamenti e dell'assunzione di responsabilità a tutti i livelli.

La siccità che tocca oramai sempre di più, i bacini dellle regioni del Nord Italia, "il motore economico" del nostro Paese, le percentuali rilevanti di perdite che caratterizzano i nostri acquedotti, non solo nelle regioni del Sud, la conflittualità crescente in questi giorni fra i principali utenti delle risorse idriche - agricoltori, industrie, produttori di energia, cittadini - dimostrano l'assenza di una politica di gestione complessiva del patrimonio idrico (di tutte le acque) ed il prevalere di tante politiche settoriali impostate su una logica di difesa di una visione privatistica dell'acqua, fondata sul principio dell'accesso al minor costo possibile e sulla delega al mercato come "regolatore" dell'accesso a questo bene primario,in nome dell'efficienza e della competitività.

I limiti di questa impostazione sono evidenti. Essi sono la causa dell'attuale crisi idrica.

Sul piano delle risorse idriche per uso potabile, la scelta di delegare la gestione del servizio idrico a società per azioni anche a capitale pubblico ma ispirate da una logica privata, solo in apparenza industriale in realtà puramente mercantile e finanziaria, non ha indotto alcuna SpA a ridurre il volume di acqua erogata e quindi a promuovere politiche di risparmio idrici, né a fare gli investimenti neccessari nella manutenzione per ridurre le perdite ed aumentare la qualità del servizio. I gestori delle nuove SpA dell'acqua hanno preferito spingere i poteri pubblici ad aumentare le tariffe ed ad investire nelle "grandi opere" per aumentare l'offerta d'acqua.

Sul piano della gestione per uso produttivo chi utilizza l'acqua per produrre prodotti alimentari, energia, servizi, è stato ed è tuttora libero di prelevare le risorse idriche che ritiene necessarie senza nessun limite, a costo quasi nulli (a forfait) ed in competizione con gli altri soggetti. Le dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti dei vari settori tendono unicamente a difendere la priorità dei loro consumi ed a denunciare il rischio di messa in crisi di settori produttivi come quello agricolo qualora i loro consumi dovessero essere ridotti. Ora é noto che i volumi sprecati per usi irrigui e per usi energetici od industriali costituiscono un peso economico considerevole per l'economia del bilancio idrico del Paese.

Per conseguenza, sul piano del governo della risorsa, si assiste al tradizionale conflitto di interessi sull'uso dell'acqua tra comunità montane e le economia delle valli, tra agricoltori ed elettrici, conflitto che la competitività fra responsabili dei vari Ministeri coinvolti sull'acqua (Agricoltura, Attività produttive, Infrastrutture, Ambiente), ciascuno dei quali si fa portavoce e difensore delle preoccupazioni degli operatori del proprio settore, non consente di superare. Eccezion fatta di alcune dichiarazione del Ministro dell'Ambiente, nessuno dei soggetti protagonisti parla di acqua come bene comune, né propone misure che vadano nel senso di una politica coerente nazionale integrata di tutte le acque. Ciascuno guarda alla propria acqua, al proprio interesse a corto termine. Tutti sollecitano stanziamenti di risorse da destinare ad aumentare la disponibilità d'acqua.

Il piano di risparmio idrico elaborato dal Governo resta assai debole sul piano degli strumenti e dei poteri di controllo e di sanzione. Il fatto che abbia delegato il coordinamento della crisi al Ministero delle Sviluppo e delle Attività produttive e alla Protezione civile il tavolo di lavoro delle soluzioni, la dice lunga sulle scelte della maggioranza governativa in materia d'acqua che resta emergenziale e ispirata ad una cultura dell'acqua come merce. Gli interessi dei produttori e grandi utenti, i commercianti e le SpA avranno la priorità. Cosi facendo, il Governo sfugge anche agli impegni politici contenuti nel proprio programma che prevedeva il varo di una legge quadro in materia d'acqua e di governo dell' ambientale.

In questo contesto, nonostante la normativa europea (2000/60 CE) preveda la partecipazione dei cittadini alle decisioni in materia di acque, gli unici a rimanere esclusi e privi di difensori istituzionali sono da una parte "i cittadini", ai quali si lanciano appelli a non sprecare l'acqua - allorché i più grandi spreconi sono altrove - o si impongono i divieti di uso, a livello comunale, che prevedono in molti casi la chiusura dell'erogazione e dall'altra i fiumi e degli esseri viventi, animali e vegetali, che li popolano ai quali non viene garantito il minimo deflusso vitale.

Il Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'acqua, da anni impegnato a contrastare la concezione e la gestione dell'acqua come un bene di rilevanza economica ed a promuovere un governo pubblico dell'acqua come "bene comune", fondato sul riconoscimento del "diritto all'acqua", sull'indispensabile cura e protezione dell'acqua nell'interesse anche delle generazioni future e sulla partecipazione attiva dei cittadini, ritiene che l'attuale crisi idrica sia una sfida al modello di società e di economia. Come tale, essa richiede un cambiamento radicale degli attuali approcci politici ed economici nel campo dell'acqua, in tema di modelli gestionali e di politica industriale e finanziara.

Al di là di una serie di provvedimenti di urgenza, miranti ad una forte politica di risparmio specie in agricoltura, da coordinare con le Regioni, atti anche ad evitare "la guerra dell'acqua" fra utenti ed usi, le nostre proposte sono le seguenti:

- chiediamo al Governo, in funzione a) dell'impegno sancito dal suo programma che "l'acqua è un bene pubblico prezioso, e b) del principio affermato nel programma che proprietà e gestione dell'acqua devono rimanere pubbliche, di emanare con carattere di urgenza un decreto legge che sulla base dell'art. 43 della nostra Costituzione difenda immediatamente l'acqua come 'bene comune' e non 'merce' e conseguentemente sospenda "tutte le procedure in corso per la sua privatizzazione" attraverso una moratoria che vada oltre il monitoraggio delle gare di affidamento in atto.

- chiediamo ai Ministri competenti prima di approvare, come Governo, provvedimenti di urgenza o di stanziamenti di risorse a favore di singoli settori, di attivare un momento di confronto (Tavola nazionale) che coinvolga tutti gli attori ed utilizzatori, ivi comprese le associazioni a difesa dell'acqua ed i rappresentanti dei cittadini. Questo Tavolo di lavoro dovrebbe costituire la sede attraverso la quale definire un "Piano di azione" che contenga gli impegni ed i comportamenti che saranno assunti da ogni categoria per concorrere, rispetto alla crisi idrica attuale, e quindi sul breve periodo, alla riduzione di tutti i consumi ed usi, tenendo presente la priorità di un piano di investimenti per ridurre le perdite. La diffusione di questo "piano di azione" potrebbe avvenire tramite una campagna sostenuta a livello dei media, sostenuta da Pubblicità progresso, nell'intento di far conoscere e rendere tutti partecipi delle decisioni assunte.

- chiediamo al mondo della stampa ed in particolare alla televisione pubblica, di attivare servizi di approfondimento e di analisi delle situazioni idriche e delle buone pratiche che caratterizzano i territori e bacini "regionali". Questi momenti di approfondimento dovrebbero favorire il confronto e l'interlocuzione non solo fra i soggetti istituzionali (Amministratori competenti a livello regionale, Province e Comuni - AATO) ma anche con le imprese di gestione degli acquedotti, i cittadini, i sindacati, le associazioni a difesa dell'acqua. In particolare vanno coinvolti e sentiti quei comitati di cittadini che si battono da anni per l'acqua Bene comune ,stanno raccogliendo le firme per una legge di iniziativa popolare ed hanno prodotto Forum nazionali e mondiali.

Il Consiglio Direttivo
Comitato Italiano Contratto Mondiale sull'acqua
Milano 2 maggio 2007

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