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Crisi finanziaria: finalmente l'Europa batte un colpo
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E' passato ormai un anno e mezzo dall'inizio della crisi finanziaria che ci ha portato a una recessione di cui non si intravede ancora la via di uscita. Dopo centinaia di miliardi spesi invano tramite pacchetti di salvataggio e la nazionalizzazione degli istituti di credito, finalmente i governi europei sono riusciti a inviare un messaggio forte e chiaro in vista del prossimo summit del G20 ad inizio aprile a Londra. Un vertice dove si getteranno le basi per un potenziale nuovo accordo sulla regolamentazione globale dei mercati finanziari. Ancora una volta è stato l'asse franco-tedesco e tirare il carro europeo. La cancelliera Angela Merkel ha convocato i Paesi europei che siederanno al G20, mentre la Presidenza francese nella troika europea ha continuato a sopperire alle mancanze della attuale Presidenza ceca dell'Ue.
A Berlino è passata la linea dura contro i fondi speculativi – hedge funds – e contro i paradisi fiscali, superando le resistenze manifestate da Londra. La maggiore proattività della presidenza Obama su questi temi ha permesso di rompere gli indugi. Dopo il recente attacco sulla rimozione del segreto bancario da parte della svizzera Ubs, la lobby della City di Londra ha ormai perso influenza anche su Downing Street. Per Germania e Francia è chiaro che solo un po' di più di trasparenza nei mercati finanziari e un maggiore coordinamento dei supervisori a livello internazionale – come "basterebbe" al Financial Stability Forum presieduto da Mario Draghi – non sarebbero sufficienti per reindirizzare la finanza verso attività produttive e renderla così controllabile. Manca ancora all'appello, però, la stretta contro il mercato dei derivati, i veri mattoni della finanza perversa su cui si basano tante alchimie della recente "innovazione" che ha portato al disastro. Difficile attaccare anche questi, visto che in mancanza di credito vero molte imprese continuano a rischiare e a finanziarsi proprio con i derivati.
Insomma, finalmente è iniziata la partita del G20. L'esito è tutt'altro che scontato, così come il rischio di un summit inconcludente per la diversità di vedute intorno al tavolo rimane sempre forte. La palla continua ad essere in mano al governo inglese, presidente di turno del G20 nel 2009, e a quello italiano, che quest'anno guida il G8. Le tentazioni delle presidenze dei vari processi per un’intesa al ribasso, pari a una non intesa, sono forti. Si veda il recente comunicato finale del G7 finanze di Roma, che evita di menzionare alcune questioni e si accontenta di mettere in piedi un processo analogo al G20, quasi come possibile roccaforte e via di uscita per i Paesi G7 qualora le economie emergenti dovessero chiedere troppo, soprattutto in termini di riforma del sistema di governo delle istituzioni finanziarie internazionali. Ancora una volta l'asse franco-tedesco, molto più ben visto e credibile presso le nuove potenze del Sud, potrebbe fare da apripista.
Anche per l’Italia è giunto il momento dei fatti. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti deve far seguire degli atti concreti ai tanti bei propositi manifestati negli ultimi mesi. Per prima cosa potrebbe dare una tiratina d’orecchie a un paio di società controllate al 30% dallo Stato (e in particolare da via XX Settembre) e che si ritrovano qualche filiale di "troppo" nei paradisi fiscali di mezzo pianeta. Stiamo ovviamente parlando di due grosse compagnie del settore energetico.
Antonio Tricarico
Fonte: Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM)