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Corte europea: l'Italia non estradi Saady, plauso di Amnesty
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La Corte europea dei diritti dell'uomo ha bloccato l'espulsione di Nassin Saady, il tunisino che l'Italia aveva deciso di espellere perché sospettato di attività terroristica. Per la Corte, sono concreti i rischi di tortura e di trattamenti inumani che lo straniero potrebbe subire nel suo Paese. Con una sentenza adottata all'unanimità, i diciassette giudici della Gran Camera della Corte europea hanno stabilito che l'espulsione di Nassin Saady dall'Italia verso il suo Paese, la Tunisia, se disposta, violerebbe l'art. 3 della Convenzione che proibisce la tortura ed i trattamenti inumani. Con la sentenza depositata il 28 febbraio la Corte ha inoltre ingiunto all'Italia di pagare al ricorrente 8000 euro per le spese di giustizia.
Amnesty International ha espresso apprezzamento per la storica sentenza emessa oggi dalla Corte europea dei diritti umani sul caso Saadi, con la quale viene riaffermata la natura assoluta del divieto di tortura e altri trattamenti e pene inumani e degradanti. "Questo giudizio deve servire come promemoria per tutti gli Stati: a questi ultimi è vietato non solo infliggere la tortura, ma anche rinviare persone verso paesi ove esse sarebbero a rischio di tortura o altri maltrattamenti" - afferma Amnesty. Le autorità italiane avevano cercato di espellere Nassim Saadi verso la Tunisia sulla base della "Legge Pisanu", adottata nel 2005 come "misura urgente per combattere il terrorismo" ritenendo che la sua presenza in Italia costituisse un rischio per la sicurezza nazionale. La Corte ha affermato che dai rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch, ritenuti credibili, coerenti e corroborati da numerose altre fonti, sono emersi "fondati motivi per ritenere che vi sia un rischio concreto" che Saadi sarebbe sottoposto a tortura o ad altri trattamenti inumani o degradanti se venisse espulso verso la Tunisia.
Le ricerche di Amnesty International evidenziano l'ampia diffusione della tortura e di altri maltrattamenti ad opera delle forze di sicurezza tunisine. I metodi denunciati, tra cui quelli inflitti a persone accusate di reati connessi al terrorismo, includono l'essere appesi al soffitto, le minacce di stupro, l'immersione della testa del detenuto nell'acqua (il cosiddetto waterboarding), scariche elettriche, percosse e bruciature di sigarette. Le denunce di torture e maltrattamenti durante la custodia di polizia non sono sottoposte a indagini. Le "confessioni" ottenute sotto tortura possono essere utilizzate come principali prove nell'ambito di processi, che terminano con condanne a molti anni di carcere o anche alla pena di morte. Di conseguenza, la Corte europea dei diritti umani ha deciso che un rinvio di Nassim Saadi in Tunisia costituirebbe una violazione degli obblighi del governo italiano in base alla Convenzione europea dei diritti umani.
Il Regno Unito è intervenuto nel processo, nel tentativo di persuadere la Corte a modificare la sua giurisprudenza consolidata sul divieto assoluto di tortura e altri maltrattamenti. La Corte ha rigettato, ritenendole formulate erroneamente, le argomentazioni britanniche, con le quali il governo italiano si era detto concorde. Pur riconoscendo le immense difficoltà che gli Stati affrontano nel proteggere le loro comunità dalla violenza terrorista, la Corte ha dunque affermato che il pericolo rappresentato dal terrorismo "non deve tuttavia mettere in dubbio la natura assoluta [del divieto di tortura e altri trattamenti inumani o degradanti]". Rigettando gli argomenti del Regno Unito e dell'Italia, secondo i quali il rischio corso da una persona deve essere controbilanciato dal rischio posto da questa, la Corte europea dei diritti umani ha affermato che "i concetti di rischio e di pericolosità non si prestano a un bilanciamento⅀ la prospettiva che egli possa porre una seria minaccia per la comunità se non viene espulso, non riduce in alcun modo l'intensità del rischio di maltrattamento in cui può incorrere in caso di rinvio".
"Nell'attuale clima, in cui gli Stati stanno mostrando indulgenza nei confronti del divieto assoluto di tortura e altri maltrattamenti, accogliamo con soddisfazione questa sentenza unanime della Corte europea dei diritti umani. Essa riafferma che le misure che gli Stati adottano per proteggere tutti noi dalla minaccia del terrorismo devono rispettare i diritti umani e la preminenza del diritto" - ha aggiunto Ian Seiderman. "Questa decisione non solo è un monito per il governo italiano uscente, che ha chiesto le cosiddette rassicurazioni diplomatiche alla Tunisia e, insieme alla Gran Bretagna, ha sostenuto davanti alla Corte la teoria della non assolutezza del divieto di tortura; dev'essere anche un promemoria per chi governerà l'Italia in futuro" - ha dichiarato Daniela Carboni, Direttrice dell'Ufficio Campagne e ricerca della Sezione Italiana di Amnesty International. "Ci auguriamo" - ha aggiunto Carboni - "che l'Italia possa distinguersi per il suo impegno contro la tortura, anche modificando le norme sulle espulsioni della 'Legge Pisanu', per allinearle agli standard internazionali sui diritti umani, come richiesto dal Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura e dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa nel 2005".