Congo: indagini sulla morte di otto caschi blu

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È tornata la calma nella zona di Rutshuru, l'area del Nord Kivu (est della Repubblica democratica del Congo) teatro nei giorni scorsi di una nuova campagna militare compiuta da gruppi di militari dissidenti guidati dall'ex-generale Laurent Nkunda. Secondo l'agenzia missionaria Misna, i gruppi armati hanno ormai abbandonato le cittadine in loro possesso ripiegando nei due villaggi della zona del Masisi da cui era partita l'offensiva la scorsa settimana: Bishusha e Nyanzale. Nei centri caduti nelle mani dei ribelli sono avvenuti saccheggi sistematici. La fine delle ostilità ha comunque ridato un po' di fiducia alla gente fuggita nei giorni scorsi - secondo l'Onu quasi 50.000 persone avevano lasciato le proprie abitazioni, 20.000 di queste si erano dirette in Uganda - che, infatti, sta facendo "lentamente" ritorno a casa.

Durante i combattimenti, 8 caschi blu di origine guatemalteca sono rimasti uccisi e altri 5 feriti. "Non abbiamo ancora la certezza che la responsabilità sia dei miliziani del Lra, anche se ci sono forti sospetti" ha dichiarato alla Misna Kemal Saiki, il portavoce ufficiale della più imponente e costosa missione Onu al mondo. In merito all'uccisione degli otto caschi blu, l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha chiesto l'istituzione di una commissione d'indagine indipendente. "Bisogna chiarire se soldati ugandesi sono di fatto stati coinvolti in quello che per ora sembra essere un misterioso incidente. In particolar modo il governo tedesco, che discute sull'opportunità di un impegno militare nel Congo, dovrebbe insistere sull'istituzione di tale commissione".

Gruppi di ribelli del Lra - attivi dal 1986 in nord Uganda e sud Sudan, dove il movimento ha i suoi campi base - hanno fatto, per la prima volta, la loro comparsa in Congo lo scorso settembre proprio nella zona a nord di Aba (nel parco del Garamba) a ridosso del confine col Sudan meridionale. Successivamente la loro presenza era stato segnalato almeno altre due volte senza però che Monuc ed esercito congolese trovassero conferme a queste voci.

Per l'Associazione per i Popoli Minacciati, lascia molti dubbi la versione ufficiale delle truppe Onu in Congo che ascrive la responsabilità dell'accaduto ai ribelli ugandesi. "Per evitare conflitti politici con il governo ugandese, a Natale la Monuc aveva incolpato contro ogni evidenza i ribelli ugandesi della morte di un casco blu invece dell'esercito regolare ugandese". Secondo la versione fornita dalla Monuc, tra il 23 e il 28 dicembre 2005 un casco blu indiano, sei soldati congolesi e 54 ribelli ugandesi sono morti duranti gli scontri avvenuti a Nioka e in altre località vicine a Mahagani a nord dell'Ituri. Testimoni oculari invece raccontano che molti dei presunti ribelli uccisi portavano con sé documenti che li identificavano come soldati regolari dell'esercito ugandese. Secondo l'Associazione per i Popoli Minacciati, la Monuc ha preferito nascondere la vera identità dei morti per non imbattersi in conflitti politici con il governo ugandese e per non mettere in pericolo l'approvvigionamento delle forze dell'Onu che arrivano attraverso l'aeroporto della capitale ugandese Entebbe.

E' bene ricordare che da anni molti alti ufficiali dell'esercito ugandese si arricchiscono grazie al saccheggio delle risorse naturali (legno tropicale e minerali) del Congo orientale facendole arrivare illegalmente attraverso la "frontiere verde" in Uganda e poi all'estero. Anche Salim Saleh, il fratello del presidente ugandese Yoweri Museveni, risulta implicato nei traffici illegali.

Solo lo scorso 19 dicembre 2005 la Corte Internazionale dell'Aia aveva condannato l'Uganda al pagamento di un risarcimento per il saccheggio illegale delle risorse congolesi. Il governo ugandese nega la presenza di soldati ugandesi in territorio congolese e, nonostante i rapporti di molteplici organizzazioni per i diritti umani affermino il contrario, sostiene di aver rimpatriato nel marzo 2003 tutti i soldati ugandesi stazionati nel paese limitrofo. [AT]

Altre fonti: Associazione per i Popoli Minacciati

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