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Conferenza mondiale Aids: ancora lontano l'accesso ai farmaci
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"La conferenza non finisce oggi. Inizia oggi" E' la dichiarazione conclusiva e ottimista di Pedro Cahn - copresidente della Conferenza mondiale per l'Hiv/Aids e presidente uscente dell'International Aids Society e della fondazione Huésped di Buenos Aires - che ha riunito 22mila ricercatori, politici e operatori del settore, per i sei giorni di lavori alla XVII Conferenza Mondiale. I suoi effetti - ha continuato Cahn - cominciano ora che ciascuno di noi metterà pressione sui governi e gli organismi internazionali perché mantengano le promesse fatte".
In realtà - secondo molte Ong - la conferenza si è conclusa senza un piano concreto per garantire l'accesso universale ai farmaci antiretrovirali. Oxfam parla di vero e proprio fallimento e denuncia le "manovre legali" delle multinazionali del farmaco per restringere l'accesso ai farmaci essenziali generici come nel caso dell'India. Mancano inoltre i finanziamenti per una vera prevenzione, ma soprattutto la possibilità di curare i sieropositivi che potrebbero salvarsi con i farmaci antiretrovirali.
"L'accesso universale ai trattamenti non sarà mai totale senza diritti umani, perché la disuguaglianza di genere verso le donne, le più vulnerabili alla sida/aids, e i diritti e le necessità di bambini e giovani sono stati largamente ignorati nella risposta alla sindrome". Ad affermarlo sono 500 organizzazioni della società civile di tutto il mondo in un appello presentato Conferenza, intitolato "Diritti umani e sida/aids: ora più che mai" e sostenuto anche dall'Onu. Almeno 66 paesi nel mondo continuano ad imporre restrizioni all'ingresso nel loro territorio di portatori di virus dell'immunodeficienza umana, hanno ricordato i promotori dell'iniziativa.
Il problema dell'aumento globale dei prezzi dei generi alimentari certo non aiuta. Secondo Fadzai Mukonoweshuro - rappresentante della Fondo delle Nazioni Unite per l'agricoltura in Africa meridionale - la disperata ricerca di cibo costringe molte donne povere in paesi come Botswana, Swaziland, Malawi, Zambia e Tanzania a "vendere i loro corpi per nutrire i propri figli" aumentando così la loro vulnerabilità al virus. Suneetha Kadiyala, dell'Istituto internazionale di indagini sulla politica alimentare (Ifpri), ha ricordato inoltre che è dimostrato che una persona malnutrita ha più possibilità di morire nei primi tre mesi di terapia anti-retrovirale a causa degli effetti collaterali dei farmaci. Le donne incinte e denutrite poi, rischiano di trasmettere con maggiore facilità il virus ai loro figli. E sono proprio loro le vittime più colpite: degli oltre 30 milioni di persone che convivono con l'HIV, metà sono donne e la percentuale di contagio tra loro è in aumento, soprattutto nell'Africa subsahariana.
DONNE
Sono infatti almeno 15 milioni nel mondo le donne colpite dal virus dell'immunodeficienza umana, di queste circa due milioni restano incinte ogni anno. "Il 75% è di età compresa tra i 15 e i 24 anni" ha precisato Stephen Lewis, inviato speciale delle Nazioni Unite per l'Aids in Africa; alle molteplici situazioni di rischio che affronta la donna in Africa per mancanza di programmi adeguati per l'educazione sessuale e l'assistenza sanitaria si aggiunge il fenomeno degli stupri nei teatri di guerra: "La cosa peggiore per una donna oggi è vivere nel nord della Repubblica democratica del Congo. Solo a giugno sono stati contati 2000 stupri e almeno 150mila donne hanno abbandonato i loro villaggi a causa di violenze a sfondo sessuale" ha detto Lewis. In base a un recente rapporto dell'Onu la maggior parte dei governi spende di fatto appena la metà di quanto stanziato per le politiche femminili: "La battaglia più importante è ora quella della parità di genere, ma anche del rispetto dei diritti dei bambini, un'altra categoria estremamente a rischio e spesso dimenticata" ha aggiunto Lewis.
"E' tempo di promuovere la leadership delle donne"- ha detto il direttore esecutivo dell'Unfra (Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite), Thoraya Obaid. "Per invertire la progressione della diffusione del virus Hiv - ha aggiunto - dobbiamo mettere fine alle disuguaglianze di genere che alimentano la malattia".
Una delle convinzioni che ha dominato in questi giorni il congresso, di conseguenza, è che la lotta contro l'Aids si sovrappone in modo quasi "fisiologico" alle battaglie per i diritti umani. Come ha sottolineato Ignes Alberdi, direttore esecutivo del Fondo delle Nazioni Unite per le donne (Unifem): "In primo luogo è necessario che le giovani donne imparino a conoscere e a far rispettare i loro diritti". C'è bisogno anche di tanta informazione e della diffusione di strumenti che possano difendere le donne dal contagio, che per il 90% avviene attraverso il partner. Oxfam si batte da tempo per la diffusione del "profilattico femminile" capace - oltre a prevenire gravidanze indesiderate - anche di evitare il contagio di malattie sessualmente trasmissibili.
La voce delle donne colpite dall'Aids si è levata anche dalle strade di Città del Messico, dove centinaia di esponenti di organizzazioni della società civile nazionale e internazionale hanno marciato guidate dalla giornalista messicana Lydia Cacho, Malù Micher, presidente dell'Istituto per le donne della capitale messicana e Patricia Pérez segretaria per l'America Latina della Comunità internazionale delle donne contagiate. Tra loro anche la cantante scozzese Annie Lennox ambasciatrice per Oxfam, che già in apertura della Conferenza aveva rivolto dure critiche l'industria farmaceutica per la sua politica di prezzi sostenuti dei farmaci. "La lotta contro il sida/aids non darà frutti se non vengono rispettati in modo integrale i diritti delle donne. La maggior parte delle donne che contrae il virus in Messico è vittima di violenza sessuale" - ha detto Cacho, aggiungendo: "Vogliamo che le donne portatrici del virus non vengano relegate come malate, che possano curarsi, avere un lavoro, la salute e il diritto alla felicità". "Per un mondo senza stigma, discriminazione e omofobia": per Arie Hoekman, rappresentante dell'ente dell'Onu per la popolazione (Unfpa) in Messico, "se ancora non è possibile trovare un vaccino efficace contro il virus bisogna creare almeno un vaccino sociale".
STIGMA SOCIALE
A questo proposito il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha affermato: "Nella maggior parte dei paesi lo stigma contro le persone che vivono con l'Hiv resta una grave sfida. Un terzo dei paesi ancora non ha leggi che proteggono le persone che vivono con l'Hiv. Nella maggior parte dei paesi, la discriminazione è ancora legale contro le donne, contro gli uomini che fanno sesso con altri uomini, con i sex workers, contro chi fa uso di droghe, e contro le minoranze etniche. Questo deve cambiare - ha affermato Ban Ki Moon. Chiedo a tutti i paesi di essere all'altezza degli impegni che hanno preso per mettere in atto e far rispettare norme che pongano fuorilegge le discriminazioni contro le persone che vivono con l'Hiv e i componenti di gruppi vulnerabili. Chiedo loro di seguire il coraggioso esempio del Messico e approvare leggi contro l'omofobia".
Si è discusso anche di questo, e contro lo stigma legato alla sieropositività hanno sfilato in migliaia per le strade di Città del Messico con il motto "Per un mondo senza stigma, discriminazione e omofobia". Secondo Arie Hoekman, rappresentante del Fondo Onu per la popolazione (Unfpa) in Messico, "se ancora non è possibile trovare un vaccino efficace contro il virus bisogna creare almeno un vaccino sociale". "Luis Soto Ramirez, virologo dell'Istituto messicano di scienze mediche e della nutrizione Salvador Zubiran, ha evidenziato che "a meno di due anni dalla scadenza del 2010 è necessario raddoppiare i nostri sforzi. E' del tutto inaccettabile - ha detto Soto - che solo lo scorso anno sono stati contati 2,7 milioni di nuove infezioni per una malattia che è del tutto prevenibile".
BAMBINI
Prevenibile con una giusta informazione e possibilità quindi di utilizzare tutti i sistemi di prevenzione possibili, ma questo non è valido per tutti. C'è una categoria duramente colpita dalla malattia e dalla quale non si può neppure difendere da sola. "Abbiamo giocato sporco con i bambini, troppo piccoli per essere contati e ancora meno per meritare attenzione" ha denunciato Linda Richter - direttrice dell'ufficio per lo sviluppo dell'infanzia, la gioventù e la famiglia del Consiglio di investigazioni in scienze umane del Sudafrica. "Attualmente viene curato con i farmaci anti-retrovirali solo il 10% dei bambini bisognosi. I più piccoli continuano ad avere meno accesso ai trattamenti che gli adulti" ha aggiunto Richeter. In Africa Subsahariana si concentra il 90% dei bambini colpiti da sida/aids al mondo: il loro numero è aumentato di otto volte dal 1990 e nello stesso lasso di tempo si sono triplicati i decessi e i nuovi contagi.
"I bambini non solo lottano contro l'AIDS, ma anche contro il tempo. In assenza di cure, la metà dei bambini nati con l'HIV muore prima del compimento del secondo anno di età" ha detto il Dr. Fernando Parre㱀o, un pediatra che è stato il cooordinatore medico di MSF a Bulawayo, in Zimbawe, dove MSF sta curando più di 1.700 bambini. "Mentre continuiamo il nostro impegno per attuare strategie più efficaci di prevenzione contro la trasmissione verticale (da madre a figlio), è fondamentale che a tutti i bambini sia diagnosticata la malattia e che comincino la cura prima possibile, o troppi continueranno a morire."
"Sono così pochi i bambini che nascono con l'HIV nei paesi industrializzati che la ricerca sulle formulazioni pediatriche non è una priorità per le aziende farmaceutiche," ha detto Karen Day, la coordinatrice farmaceutica della Campagna per l'Accesso ai farmaci essenziali di MSF. "La maggior parte delle medicine al momento disponibili mal si adattano ad un utilizzo in contesti di risorse limitate poiché si commerciano sotto forma di polveri che hanno bisogno di essere sciolte in acqua o di sciroppi dal gusto amaro che richiedono anche la refrigerazione. E per quanto riguarda i farmaci approvati recentemente, non abbiamo studi che ne attestino la sicurezza per uso pediatrico."
LA POVERTA': MIGLIORE ALLEATO DELLA DIFFUSIONE DELLA MALATTIA
Tra gli interventi conclusivi a Città del Messico è stato evidenziato tra l'altro che dall'Africa, all'America Latina, all'Asia, uno dei peggiori 'alleati' della sindrome di immunodeficienza acquisita nel Sud del Mondo resta la povertà. Le testimonianze di attivisti, ricercatori e persone sieropositive hanno confermato che anche nei paesi in cui sono più contenuti i costi dei trattamenti, tra il cibo e i farmaci un portatore di virus dell'immunodeficienza umana "non può che scegliere di sfamarsi". "Milioni di persone che vivono con il virus non hanno ancora accesso a un'alimentazione adeguata e la mancanza di cibo impedisce anche di beneficiare al massimo del potenziale dei trattamenti" ha detto Jayne C. Adams, consigliere dei progetti contro il sida/aids del Programma alimentare mondiale dell'Onu (Pam/Wfp); chi non ha i soldi per mangiare, ha ricordato, non ha neanche denaro per recarsi nei centri che offrono i farmaci: "Se una persona spende tutti i propri averi per mangiare non potrà pagarsi il biglietto dell'autobus per andare in clinica. E' su questo punto che bisogna insistere quando si parla di garantire il reale accesso ai trattamenti".
PROGRAMMI SPECIFICI
Alex Coutinho, medico presso l'Istituto di malattie infettive dell'Università di Makerere, Uganda, ha sottolineato la necessità di programmi specifici per fronteggiare la pandemia nelle zone rurali e di difficile accesso, e per aiutare le popolazioni più emarginate e a rischio, come i migranti. Ma ha anche sollecitato un maggiore coinvolgimento nella prevenzione delle stesse persone affette da Hiv, che possano agire da catalizzatori di cambiamento, sottolineando che il modo migliore per sostenere gli orfani dell'Aids è mantenere in vita i loro genitori. Ammonta complessivamente a 6,4 miliardi di dollari la richiesta da parte di 97 Paesi in via di Sviluppo al Fondo Globale per l'Hiv. La cifra, presentata a chiusura della conferenza di Città del Messico, indica quanto sia difficile la sfida che immediatamente si dovrà affrontare per raggiungere l'obiettivo delle cure per tutti nel 2010. Tuttavia per gli esperti è anche indice del fatto che molti Paesi del Sud del mondo si stanno seriamente preparando a estendere a un maggior numero di persone cure e prevenzione per contrastare Aids e tubercolosi, e che preparano campagne di distribuzione di massa di reti anti-zanzare per limitare la diffusione della malaria.
"Questo record di richieste è davvero incoraggiante", ha detto il direttore esecutivo del Fondo Globale, Michel Kazatchine. "Questo significa - ha aggiunto - che adesso potremo cominciare a guardare su larga scala agli interventi di prevenzione, assistenza e cura. Negli anni passati sono state salvate 2,5 milioni di vite e grazie a questi ulteriori sforzi sarà possibile salvarne altri milioni".
I FARMACI
Raffaella Ravinetto, presidente Msf Italia afferma: "se tutti prendessero i farmaci, la lotta all'Aids farebbe passi da gigante. Prima era un'ipotesi, adesso ne è stata data la dimostrazione scientifica dati alla mano, l'accesso da parte di tutti i malati di Hiv alla copertura antiretrovirale farebbe crollare i casi di infezione infezione del 60%". A dimostrarlo c'è un modello matematico, cuore dello studio condotto in Canada e coordinato dal direttore dell'università British Columbia, Julio Montaner - presidente eletto, fra l'altro, della Società Internazionale per l'Aids. L'ha presentato oggi. Gli scenari che si presentano sono tre: passando dall'attuale 50% di copertura terapeutica al 75%, 90% e 100%, le nuove infezioni potrebbero essere ridotte rispettivamente del 30%, 50% e 60% nei prossimi 25 anni.
"Se la HAART (Hyghly active anti-retroviral therapy - la "tripla terapia") ha modificato la storia clinica delle persone portatrici d'infezione da HIV laddove è stata introdotta su larga scala, cioè nell'Occidente industrializzato - scrivono sul loro manifesto di intervento per l'accesso ai farmaci gli attivisti di Msf - la sua mancata introduzione in altri contesti, più poveri e popolosi, mantiene quei pazienti allo stadio "preistorico" della lotta alla pandemia".
I farmaci antiretrovirali sembrano essere un vero e proprio strumento di prevenzione e non più la semplice "cronicizzazione" della malattia. "Sapevamo da tempo - ha osservato Julio Montaner - direttore dell'università British Columbia e presidente neo-eletto della Società Internazionale per l'Aids - che l'espansione della copertura con la terapia antiretrovirale avrebbe potuto aiutare a ridurre il numero delle nuove infezioni. Tuttavia siamo stati meravigliati dal numero effettivo delle nuove infezioni che possono essere evitate". Il problema non sono dunque i farmaci ma l'accesso alle cure. Infatti, se la lotta all'Aids prosegue con profitto sul doppio binario di vaccino e farmaci, le vittime colpite dal virus sono nella stragrande maggioranza i poveri dei paesi del Sud del mondo, in particola l'Africa. Dove il potere del farmaco si ferma di fronte a quello dei brevetti delle multinazionali. Come denunciato da Medici senza frontiere, se da un lato il costo per l'accesso ai farmaci antiretrovirali è troppo elevato per essere sostenuto dai servizi pubblici nazionali dei paesi poveri, dall'altro c'è il problema dei brevetti che coprono i retrovirali: il loro costo proibitivo impedisce ai paesi del Sud del mondo di produrre farmaci generici, imponendo ai malati poveri un impossibile aut-aut: o farmaci "di marca" o niente.
Se pure non si è arrivati a un piano concreto, a Città del Messico non sono mancate le buone intenzioni: una prevenzione nuova con interventi a lungo termine e basati contemporaneamente su più azioni di tipo diverso. Dall'uso dei profilattici al controllo dei comportamenti a rischio, all'uso stesso della terapia per prevenire nuove infezioni, alla lotta alla povertà e in difesa dei diritti umani. Azioni che, per il direttore esecutivo del Unaids (Programma sull'Aids delle Nazione Unite), Peter Piot, annunciano "una nuova fase" dalla portata rivoluzionaria.
Elvira Corona