Con chi stanno i neo-eurodeputati?

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A distanza di un mese dalle elezioni dei deputati al Parlamento Europeo ci sono ottime ragioni per tornare a parlare di Europa. Si è appena concluso un importante vertice dei Capi di Stato e di governo (in particolare va segnalato, oltre alla partita di nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie, l’accordo di associazione tra l’Ucraina e la UE), mentre il 1° di luglio si aprirà la prima sessione del nuovo Parlamento: entro quella data tutti gli eurodeputati dovranno aver trovato “posto”. Politicamente si intende. Tanto l’emiciclo di Strasburgo quanto quello di Bruxelles sono pronti a ospitare i gruppi parlamentari composti dai neo-eletti così da dare una configurazione, anche a livello visivo, delle loro posizioni politiche a dispetto dello Stato di appartenenza. Una cittadinanza europea integrata e inclusiva passa anche attraverso questo step obbligato per i partiti nazionali eletti, ai quali si chiede: con chi state?

Ed è in questa corsa che Marine Le Pen ha perso la scarpetta. Battuti i 12 rintocchi della mezzanotte del 23 giugno scorso sono infatti scaduti i termini per la registrazione dei gruppi parlamentari al Parlamento Europeo senza che il Front National, vincitore della tornata elettorale francese, sia riuscito a creare attorno a sé un gruppo parlamentare. Il sogno della creazione di un gruppo autonomo composto da euroscettici di estrema destra, “anti-euro” e “anti-immigrazione” per intenderci, si è infranto contro i parametri fissati dal Parlamento Europeo che prevedono che un gruppo parlamentare debba avere almeno 25 deputati provenienti da sette Stati membri (ossia pari ad almeno un quarto dei Paesi dell’UE).

Sulla base del successo elettorale registrato (ben 1 voto su 4 degli elettori francesi), la Le Pen aveva infatti inizialmente riunito attorno ai suoi 23 deputati i 5 della Lega Nord di Matteo Salvini, i 5 liberalnazionalisti austriaci del FPO, il deputato fiammingo del Vlaams Belan, il deputato nazionalista bulgaro del VMRO di Angel Dschambaski, i 4 olandesi del Partito della Libertà olandese (PVV) di Geert Wilders e i 4 polacchi del Congresso della Nuova Destra (KNP) di Janusz Korwin-Mikke.

Proprio la presenza del partito di estrema destra polacco, noto per le posizioni omofobe-misogine e antisemite, ha indotto gli olandesi del PVV a lasciare il tavolo dell’accordo ritenendolo un prezzo troppo alto e un ostacolo alla costruzione effettiva di un gruppo partitico di lavoro. “Un ponte troppo lungo” da attraversare anche per chi da anni trasmette messaggi xenofobi in chiave anti-islamica, tra cui la perla che segue, rilasciata da Geert Wilders in un’intervista del 2007: “Gli olandesi ‘indigeni’ si riproducono a un tasso inferiore a quello degli immigrati non occidentali. Ora gli immigrati non occidentali, soprattutto musulmani, sono stanziati soprattutto nelle grandi città. In venti anni di tempo saranno ovunque, da Apeldoorn a Emmen e da Weert a Middelburg. Stiamo vendendo il nostro paese al diavolo di nome Mohammed, e nessuno sta facendo nulla”. Una vera e propria gara con le massime revisioniste del KNP, ad esempio sul fatto che Hitler non fosse al corrente dell’Olocausto, o anche misogine sulla necessaria cancellazione del diritto al voto per le donne.

Nonostante un’ultima febbrile giornata di consultazioni, sono andati a vuoto anche i tentativi di convincere all’”abiura” un ungherese del movimento neonazista Jobbik. Ad un mese dal trionfo elettorale, il fallimento per Marine Le Pen è reso ancora più bruciante dal fatto che il suo arcirivale, Nigel Farage, è riuscito a formare il proprio gruppo parlamentare antieuropeista, proprio grazie a una “dissidente” del Front National, Joelle Gergeeron Guerpillon, che ha “dato in dote” al gruppo la settima nazionalità necessaria al suo riconoscimento. Oltre al danno anche la beffa! La EFD, l’Europa della Libertà e della Democrazia Diretta di Farage, con i suoi 48 deputati, si affiancherà nei prossimi 5 anni di mandato legislativo senz’altro al PPE, il Partito Popolare Europeo, che si conferma il gruppo maggioritario con ben 221 deputati, seguito dalla S&D, l’Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici nel Parlamento europeo con 191 deputati. Si uniscono gruppi parlamentari più piccoli ma in ogni modo sostanziosi: ECR, Conservatori e Riformisti europei con 70 deputati, ALDE, Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Europa con 67 deputati, GUE/NGL, la Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica con 52 deputati e Verdi/EFA, Verdi/Alleanza Libera Europea con 50 deputati.

Se avete contato bene, avrete constatato che l’insieme dei 7 gruppi politici arriva a contare 708 deputati su 736. Il resto, i 28 deputati che non hanno scelto o che sono stati rifiutati da un gruppo politico, fa parte di quelli che sono definiti i non-iscritti. Nessuna linea politica comune per costoro, anche se la maggior parte di loro rappresenta l’estrema destra: oltre a Front National e Lega Nord, anche Jobbik (Ungheria), Bulgaria senza censura (Bulgaria), Partito Nazionaldemocratico Tedesco (Germania), Partito comunista greco e Alba dorata (Grecia), Partito Unionista Democratico (Regno Unito) e l’indipendente Mircea Diaconu (Romania). Ovviamente nei cinque anni di legislatura sarà sempre possibile creare il gruppo se si avranno i numeri necessari. Significa però perdere la visibilità garantita, per esempio, dall’eventuale presidenza di alcune commissioni o sotto-commissioni e, almeno per il momento, fino al rinnovo di mid-term delle cariche parlamentari, avere meno spazio di parola nei dibattiti. In termini economici, poi, la mancanza di un gruppo significa dover rinunciare a 20-30 milioni di finanziamenti extra nei prossimi cinque anni. Non poco.

I contrasti tra i neo-eurodeputati non sono finiti con la registrazione dei gruppi parlamentari. E se Farage annuncia a chiare lettere dinanzi alla stampa che non accetterà l’ingresso di fuoriusciti dal gruppo fallito della Le Pen, è l’italiana Alessandra Mussolini a cadere sotto la contestazione del Partito Popolare Europeo (al quale appartiene) per il suo cognome. Ed è già una nuova bagarre.

Miriam Rossi

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Unimondo.org e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vedi la pagina del progetto  BeEU - 8 Media outlets for 1 Parliament 

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