Complice la crisi climatica, le mucillagini in Adriatico hanno coperto oltre 6mila kmq

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Foto: Unsplash.com

Le cronache di questi giorni stanno riportando alla ribalta il vecchio e sopito tema delle mucillagini in Adriatico, a partire dall'Aera marina protetta di Miramare, prossima a Trieste, fino ad estendersi lungo le coste romagnole e marchigiane.

Complice il caldo torrido di fine luglio e di quest'agosto incandescente, le temperature dell'acqua del mare, in Adriatico (e non solo!) ha raggiunto e in alcuni casi superato la soglia dei 30 gradi centigradi. Con queste negative premesse, non era difficile profetizzare sulla proliferazione algale ma, francamente, un fenomeno così esteso come quello attuale si fa molta fatica anche solo ad immaginarlo.

Le aree marine interessate risultano essere, stimate per difetto, superiori a 6.000 Kmq, una superficie enorme che può compromettere oltre che la maricoltura e la pesca professionale, anche il turismo legato alla balneazione delle coste adriatiche.

Sappiamo bene quante attività antropiche interessano il mare Adriatico da sempre, che per riassumere possiamo sintetizzare in questo modo: traffici marittimi, attività estrattive (olio & gas), turismo balneare e attività ludiche del diporto nautico.

Un altro e non meno impegnativo settore è oramai prossimo a partire: i campi eolici offshore che verranno installati nell'Adriatico; si tratta di strutture assai imponenti e di cui si sa poco (meglio dire nulla) circa i possibili effetti cumulativi e il ruolo che questi potrebbero avere nell'influenzare i delicati meccanismi che intervengono nell'esplosione dei cosiddetti boom algali.

Alla luce di quanto avviene nei nostri mari, considerando anche che i fenomeni legati ai cambiamenti climatici che interessano il mare sono in continuo incremento,  sarebbe auspicabile che si procedesse speditamente ad un'analisi, tramite modelli matematici, dell'influenza che tali imponenti strutture potrebbero avere sulla genesi e l'evoluzione del fenomeno del bloom algale...

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