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Colombia: vince la coalizione di Uribe, Usa sempre vicini
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La coalizione di sette partiti che sostiene il presidente Alvaro Uribe ha ottenuto più di due terzi dei seggi del Senato e la maggioranza di quelli della Camera dei rappresentanti alle elezioni di domenica 12 marzo in Colombia. "Tale risultato consentirà ad Uribe di realizzare facilmente i punti della sua agenda, che includono la ratifica del trattato di libero commercio siglato con gli USA il 27 febbraio, il cambiamento del sistema fiscale (il governo intende trasferire gran parte del carico fiscale dalle imprese ai consumatori per stimolare gli investimenti) e la linea dura contro la guerriglia" - commenta Clara Capelli su Warnews. "Queste elezioni sono state una grande vittoria per Uribe" - ha dichiarato secondo Associated Press Juan Jaramillo, analista politico dell'Università nazionale colombiana. "Ciò fa pensare ad una certa rielezione di Uribe in maggio" - ha aggiunto ai reporter della stessa agenzia German Espejo, membro del thinktank di Bogotà "Sicurezza e Democrazia".
Uribe infatti è proiettato verso le elezioni presidenziali fissate per il 28 maggio, avendo recentemente modificato la costituzione del Paese in modo da poter concorrere per un secondo mandato. Secondo recenti sondaggi, Uribe dovrebbe facilmente superare la soglia del 50% per essere eletto ed evitare così il ballottaggio col secondo. Il suo principale rivale è Horacio Serpa, leader del partito liberale e già sconfitto dall'attuale presidente nel 2002. Ma va evidenziata la crescita dell'astensione che è passata dal 58% al 69%, un aumento dell'11% in quattro anni.
A maggio ci saranno le elezioni presidenziali, in quel caso le forze rivoluzionarie e reazionarie scenderanno in campo per scongiurare la rielezione di Uribe da un lato e per sostenerla con qualsiasi mezzo necessario dall'altro. Il futuro della Colombia influenzerà inevitabilmente tutti i rapporti di forza continentali che si sono forgiati in questi ultimi anni. La caduta di Uribe significherebbe per la potenza USA la perdita del loro migliore alleato in America Latina e quindi la mancanza di una base d'appoggio per il controllo politico militare dell'area. La Colombia rimane infatti uno dei pochi paesi dell'America latina ad essere guidata da un governo conservatore e che fa dell'amicizia e della collaborazione con gli Stati Uniti l'asse portante della propria politica estera.
"Dopo l'Iraq, la Colombia è il paese dove gli Usa "investono" di più e non poche critiche all'amministrazione Bush arrivano da esponenti del Partito democratico che non giustificano più le enormi risorse spese per il Plan Colombia a fronte di risultati francamente deludenti sia per quanto riguarda la lotta al narcotraffico che quella al terrorismo" - nota Francesca d'Ulisse su Aprile. Pochi giorni prima della chiusura dei comizi elettorali e dopo due anni di trattative, il Governo colombiano ha siglato il Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, suscitando le proteste dei partiti dell'opposizione, dei sindacati, degli studenti (un morto all'università per gli scontri con l'esercito) e degli agricoltori (preoccupati per i costi minori delle importazioni agricole dagli Usa e, di conseguenza, per il crollo dei prezzi che potrebbe verificarsi).
L'America Latina rappresenta comunque una preoccupazione per Washington che non può agire come ha fatto in passato, anche se interventi militari sono tutyora presenti, come dimostra appunto il Plan Colombia, ma anche la creazione della base militare di Manta nel Pacifico ecuadoriano e la partecipazione dei militari americani al golpe venezuelano nell'aprile del 2002. La nuova strategia di Washington sarebbe determinata dai profondi cambiamenti politici che di recente hanno interessato alcuni paesi sudamericani. I nuovi governi di sinistra nella regione sono caratterizzati da un comune denominatore: la difesa della dignità e della sovranità nazionale. "L'elemento di novità è che nel continente si è sollevato un sentimento di resistenza contro l'oppressione e il dominio della potenza imperiale statunitense" - sostiene il settimanale uruguaiano Bitácora, il supplemento del quotidiano La Repùblica. [GB]