Colombia: armi e oro nel Chocó

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Nel dipartimento del Chocó, nella Colombia che guarda al Pacifico, quasi nessuno vuole venire. Di certo non i turisti, sconsigliati dalle guide e scoraggiati dalla totale assenza di strutture ricettive come hotel, ostelli, ristoranti e negozi; nemmeno gli stessi colombiani, il Chocó non gode di buona fama. Non molti anni fa questa era zona di guerriglia, di lotta violenta tra rivoluzionari e paramilitari che si contendevano il territorio a suon di mitra.

I ricordi dei nativi sono ancora freschi. Laddove stanno sbiadendo, i segni dei proiettili e le sigle dei gruppi armati sui muri delle case abbandonate rinfrescano la memoria.

Racconta Alfredo, indio nato e cresciuto qui, che fino a qualche anno addietro, già dalle sei di sera in strada non si vedeva più nessuno. La gente aveva paura e si autoimponeva il coprifuoco. La polizia aveva l’ordine di sparare a vista a chi si muoveva lungo il fiume dopo il tramonto.

Una notte, era il 2004, dalla giungla arrivarono i Guevaristi – discendenti del Che, assaltando la stazione di polizia di Llorò con pistole e granate.

Oggi l’Esercito Guevarista é stato sciolto e la situazione si é di molto calmata. Qualche gruppo di guerriglieri (per lo più FARC e ELN) e paramilitari (come l’AUC) ancora detta le proprie regole ma la zona non può certo considerarsi off limits. Anzi, la giungla rigogliosa e l’allegria della gente di Lloró varrebbero bene una visita. Eppure, s’é detto, non arriva quasi nessuno.

Quasi, perché c’é una categoria che fa letteralmente carte false per arrivare fin qui: sono i minatori. Los Mineros, come dicono da queste parti. Nel sottosuolo si nascondono oro e platino. Tanto oro. E d’altronde é proprio per questo che il Chocó é terra di gente dalla pelle negra. Gli schiavi furono deportati dall’Africa per cercare il metallo prezioso. Il mitico El Dorado, tra verità e leggenda. Verità sembrerebbe. Oggi infatti la ricerca é ripresa a pieno ritmo. Le grandi compagnie minerarie provenienti dagli altri dipartimenti più ricchi sono visibili un pò ovunque nel Municipio di Lloró.

Entrano con grossi camion e scavatrici nella foresta, distruggendola. Posizionati su zatteroni ferrosi lungo il fiume, gli operai dragano terra mista a solventi chimici e mercurio direttamente in acqua. Un vero disastro per l’ambiente, tra ettari di piante abbattute e acque putride.

In Colombia sarebbe in vigore una legge piuttosto severa in fatto di estrazione di minerali. Esiste addirittura uno specifico Ministero delle Miniere e dell’Energia. La legge dice che chi scava deve poi livellare il terreno e seminare; aggiunge anche che é vietato dragare nei corsi d’acqua e che di sabato e domenica non si scava. Niente di tutto ciò viene rispettato. Si vede ad occhio quali e quanti danni provoca questa attività. Sette giorni su sette.

Questo scempio conviene a molti: a los mineros, naturalmente; ma anche allo stato, che incassa i soldi delle licenze, ai proprietari terrieri, che concedono l’uso del suolo, a guerriglieri e paramilitari, che intascano il pizzo in cambio di protezione e alla gente del posto che presta manovalanza riuscendo a guadagnare qualche soldo.

Per questi ultimi si tratta di un gioco a perdere: il lavoro non dura che poche settimane mentre l’impatto ambientale é pressoché eterno. Gli unici ad alzare la voce sono i Marianisti della parrocchia locale. Fino adesso una battaglia persa, gli interessi in gioco sono troppi.

Andrea Dalla Palma (Inviato di Unimondo)

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