www.unimondo.org/Notizie/Clima-road-map-da-Poznan-ma-la-Banca-Mondiale-gioca-sporco-92259
Clima: road map da Poznan, ma la Banca Mondiale gioca sporco
Notizie
Stampa
La Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Poznan si è conclusa con una 'road map', un calendario dei negoziati internazionali per il futuro accordo per contrastare i cambiamenti climatici che dovrà essere raggiunto nel dicembre 2009 a Copenaghen. Gli Stati firmatari della Convenzione dell'Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc) si ritroveranno il prossimo marzo per discutere di un documento di lavoro, sintesi delle proposte avanzate sugli obiettivi e i mezzi per ridurre l'effetto serra. Da questo documento scaturirà in giugno il testo negoziale, che dovrà esprimere una "visione condivisa" dai Paesi industrializzati e dai Paesi in via di sviluppo. Questo testo potrebbe diventare il Protocollo di Copenaghen. I Paesi industrializzati firmatari del Protocollo di Kyoto (tutti tranne gli Usa), del quale i primi impegni scadono nel 2012, sono pronti a riprendere obiettivi di riduzione delle loro emissioni inquinanti.
I Paesi industrializzati firmatari del Protocollo di Kyoto (tutti tranne gli Usa) sono pronti a riprendere obiettivi di riduzione delle loro emissioni inquinanti considerenado una riduzione tra -20% e -40% nel 2020 rispetto al 1990. I Paesi interessati dovranno comunicare i loro rispettivi impegni prima della primavera del 2009. La coincidenza della conferenza Onu a Poznan con il vertice europeo a Bruxelles ha messo in evidenza la sfasatura temporale che rischia di minare il percorso cominciato nel 1997 a Kyoto e arrivato ormai a un passo dal traguardo. Gli Stati Uniti, dopo otto anni di politica centrata sul petrolio, hanno voltato pagina con decisione, ma la delegazione americana che ha seguito la trattativa rispondeva ancora formalmente alla presidenza Bush e non ha potuto guidare la volata verso la nuova economia basata sull'efficienza e sui prodotti a basso impatto ambientale.
Sebbene sia stato trovato un accordo per dare temporaneamente accesso diretto ai Paesi in via di sviluppo al 'Fondo di adattamento', cui scopo è aiutare i Paesi più poveri a fronteggiare l'impatti del riscaldamento globale, le somme disponibili restano però derisorie (gli attuali 50 milioni di dollari circa diventeranno 300/400 entro il 2012) se paragonate alle necessità annuali, valutate in decine, se non centinaia di miliardi di dollari. Proprio l'incapacità della conferenza di aumentare le fonti di finanziamento ha causato un forte risentimento dei Paesi del Sud del mondo.
Le associazioni 'Friends of the Earth' e l'italiana 'Campagna per la rifroma della Banca mondiale' (CRBM) hanno manifestato davanti alla sede del negoziato per denunciare come la Banca mondiale stia utilizzando la delicata questione delle foreste quale strumento per continuare a garantire il suo sostegno al carbone e ai combustibili fossili. "Attraverso una nutrita delegazione di esperti, la Banca mondiale sta facendo pressione sulle diverse delegazioni presenti a Poznan cercando di far rientrare anche le foreste nel mare magnum del mercato dei crediti di carbonio di cui hanno finora beneficiato la stessa Banca assieme ai grandi inquinatori privati. Il tutto senza affrontare seriamente il problema del degrado delle stesse foreste" - affermano le associazioni che hanno redatto un documento nel quale dimostrano che la Banca Mondiale è uno dei principali finanziatori dell'estrazione di combustibili fossili nei paesi più poveri e causa di devastazione ambientale nel Sud del mondo.
Anche Greenpeace è entrata in azione via terra e via mare. Durante la Conferenza in Polonia gli attivisti hanno scalato la ciminiera di una centrale a carbone alta 150 metri mentre nelle acque del Mar Baltico, i gommoni hanno intercettato una nave carboniera lunga 300 metri con un carico proveniente dal Sud Africa e diretto al Nord Europa. Il messaggio di Greenpeace è stato chiaro: "La rivoluzione energetica pulita deve partire subito!" - hanno affermato con il nuovo rapporto Energy [R]evolution Europa.
I rappresentanti dei popoli indigeni presso la Conferenza mondiale hanno accolto con grande delusione il Rapporto finale sul cosiddetto processo REDD (Riduzione delle emissioni da deforestazione e danni alle foreste). L'Associazione per i popoli minacciati riporta come "i popoli indigeni siano stati esclusi dalle nazioni maggiormente industrializzate con un colpo di penna, sebbene la sopravvivenza dei popoli indigeni dipenda proprio dalle foreste". Proprio le popolazioni indigene dovrebbero essere considerate "guardiani delle foreste" che con il proprio stile di vita tradizionale garantiscono un importante contributo alla tutela e alla conservazione del proprio habitat naturale e proprio per questo motivo dovrebbero essere maggiormente coinvolti in queste delicate decisioni. [GB]