Cina: Iveco querela partner cinese, stop ai furgoni della morte

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La Iveco ha querelato il proprio partner in Cina, la Changzhou Changjiang Bus Group Co., per la sottrazione di 15 milioni di dollari. La compagnia italiana ha accusato l'azienda, con la quale ha una joint venture al 50%, di appropriazione indebita di oltre 122 milioni di yuan (più di 12 milioni di euro) e ha annunciato di aver bloccato la produzione di veicoli industriali. "Questa vicenda ha un risvolto amaro, ma ha anche un involontario aspetto positivo: potrà finalmente fermare la vendita di veicoli Daily Iveco ai tribunali cinesi i quali, come riferito più volte da varie fonti locali, sono utilizzati come camere mobili di esecuzioni delle condanne a morte" - ha dichiarato Andrea Matricardi, vicepresidente della Sezione Italiana di Amnesty International. Nel dicembre 2003 la Sezione Italiana di Amnesty International aveva scritto alla Fiat segnalando le inaccettabili violazioni dei diritti umani connesse alla vendita dei propri furgoni Daily. La direzione dell'azienda torinese si era limitata a replicare che non era in grado di verificare l'uso dei propri veicoli commerciali da parte dell'acquirente.

Secondo quanto riportato dall'agenzia Bloomberg che cita il 'China Daily' - l'Iveco si sarebbe rivolta alla Alta Corte del Popolo della provincia cinese dello Jiangsu, affermando che la sottrazione dei fondi avrebbe gettato in finanziaria la joint venture, rendendo così impossibile il pagamenti degli stipendi e rendendo necessario il blocco della produzione. Il numero uno di Changzhou Changjiang Bus Group Co., Sun Yuanlin, non ha voluto rilasciare nessun commento all'iniziativa presa da Iveco. La joint venture italo-cinese era nata nel 2001 per la produzione di bus, ma negli ultimi due anni le vendite sono state poche e le perdite si sono accumulate. Secondo gli osservatori economici citati dall'agenzia cinese China Daily, Iveco sta sfruttando la questione per sciogliere l'alleanza con la partner cinese e promuoverne una nuova con la Shangai Automotive Industry Group, la maggiore produttrice di auto del paese, per costruire il più grande stabilimento di camion nel Sud-est della Cina. Oltre alla joint venture con Cbc, Iveco ha una collaborazione con la Nanjin Automobile Corp per la produzione di camion. Per le leggi cinesi non sono permessi a gruppi stranieri più di due collaborazioni per lo stesso settore e bus e camion sono classificati come veicoli commerciali. Sganciarsi da Cbc sarebbe quindi essenziale per Iveco per portare avanti la joint venture con la Shangai Automotive.

Nel dicembre del 2003 il presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, Marco Bertotto, in una lettera indirizzata alla FIAT ricordava le responsabilità che l'azienda, capogruppo della Iveco, si assume con questa fornitura al governo cinese. "Di fatto, un veicolo normalmente utilizzato per effettuare servizi di trasporto merci o persone, e quindi utile alla comunità civile, diventa parte essenziale di un apparato omicida puntato alla nuca della comunità stessa" - scriveva Bertotto. Nei giorni precedenti, infatti, il "Beijing News" aveva pubblicato la notizia dell'acquisto di un furgone da parte dell'Alta corte della Provincia di Liaoning, nella Cina nord-orientale, subito attrezzato per diventare "camera della morte" itinerante. La notizia era stata poi confermata da un funzionario di polizia della stessa Alta corte, addetto alle esecuzioni, il quale ha dichiarato alla "France Presse" che altri tribunali (diciassette, secondo fonti ufficiali cinesi), stanno procedendo all'acquisto dei furgoni. Si tratta di furgoni Iveco, del gruppo Fiat, prodotti a Nanchino e che costano 400.000 yuan, circa 40.000 euro. [GB]

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