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Chi lavora diventa sempre più povero
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Foto: Unsplash.com
Se è vero che non c’è pace senza democrazia è altrettanto vero che non ci può essere democrazia senza una equa distribuzione della ricchezza. Non c’è democrazia in un Paese o in un Mondo in cui la distanza fra i più ricchi e i più poveri è abissale. Oggi, i poco più di 2.700 miliardari del Pianeta hanno una ricchezza aggregata pari a quasi 4miliardi di individui.
Ricordare questo elemento nella giornata dei lavoratori è fondamentale. Il lavoro, il lavoro giusto e dignitoso, retribuito in modo adeguato e regolamentato dai diritti universali inalienabili, è uno dei due grandi “regolatori” della distribuzione della ricchezza. L’altro è lo Stato sociale, in grado di garantire i servizi che altrimenti restano inaccessibili: la sanità, la scuola, la casa, gli ammortizzatori sociali.
È quindi il lavoro dignitoso l’elemento essenziale per costruire un Mondo democratico. Non è un caso che le democrazie mondiali siano in crisi, apparentemente votate alla deriva di un pericoloso “autoritarismo consenziente”, proprio mentre vengono sistematicamente distrutti i diritti del lavoro. Nel Mondo, secondo i dati dell'Organizzazione Internazionale del lavoro (Oil), lo scorso anno è cresciuto di un milione il numero di lavoratori occupati che vivono sotto la soglia di povertà, guadagnano cioè meno di 2,15 dollari al giorno. È una tendenza crescente. In tutto il Mondo – Italia compresa - chi lavora diventa sempre più povero, perché viene pagato sempre meno. Il risultato, ce lo dice il rapporto della Ong Oxfam, è che l’1% della popolazione mondiale più ricca controlla il 99% della ricchezza del Pianeta. Le dieci più grandi multinazionali, tutte assieme, realizzano profitti superiori al prodotto interno lordo di 180 Paesi del Pianeta. Di conseguenza, sette persone su dieci a livello mondiale vivono in luoghi dove la disuguaglianza è cresciuta.
Al dato economico, si affianca la tragedia dei diritti. I contratti di lavoro, là dove c’erano, vengono smontati e fatti a pezzi con il ricatto della disoccupazione. La paura di non trovare lavoro o di restare disoccupati spinge uomini e donne ad accettare condizioni di lavoro poco dignitose, con orari prolungati e non retribuiti, in condizioni di assoluta insicurezza. Nei Paesi più poveri, poi, a finire nel tritacarne del mondo del lavoro sono i bambini: 158milioni quelli costretti a lavorare, 75milioni di loro sono costretti ad attività pericolose, che mettono a rischio vita e salute.
In queste condizioni è difficile pensare che democrazia e diritti funzionino. E allora, tornare a lottare per i diritti del lavoro diventa essenziale, se vogliamo democrazia e pace. È una antica e nuova forma di Resistenza quella che dobbiamo mettere in campo, capace di riportare i lavoratori e le lavoratrici - tutte e tutti, in tutto il Mondo - al centro dell’attenzione e della lotta. Il 1 maggio deve essere la “Festa dei Lavoratori”, evitando di mettere sullo stesso piano, nello stesso calderone, dipendenti e datori di lavoro, chi si arricchisce e chi di conseguenza diventa sempre più povero. Dobbiamo rivendicare la nostra identità e le nostre ragioni per lottare, mettendo in campo quello che serve per costruire una democrazia migliore.
Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.