Cancun: volare basso ma continuare a volare

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Vola basso il vertice dell’Onu a Cancun sui cambiamenti climatici. A un anno di distanza dal fallimentare incontro di Copenhagen, conclusosi con un nulla di fatto, lUnfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change, il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite che si occupa di clima) cambia strategia. Niente più grandi discorsi sulla responsabilità nei confronti delle generazioni future. Nessun sogno di un’umanità in grado di vincere unita la sfida dei cambiamenti climatici. Nessuna illusione su una nuova politica internazionale in grado di affondare le sue radici sulla questione ambientale. Il campo di gioco ora è la realpolitik. Bisogna portare a casa un risultato, ad ogni costo: dopo anni di fallimenti è troppo alto il rischio di disilludere la politica internazionale sulla possibilità di raggiungere un accordo.

Ed ecco quindi i tre ambiti su cui puntare: la lotta alla deforestazione, la trasmissione di tecnologie verdi ai paesi in via di sviluppo e, come insiste la Campagna per la Riforma della banca mondiale, la creazione di un fondo per aiutare i paesi poveri ad adattarsi al clima.

Se le politiche di riduzione delle emissioni fossero vendute in un negozio, il primo punto sarebbe quello che comunemente definiremmo “un affare”: massimo risultato con il minimo sforzo. Il 18% delle emissioni di anidride carbonica è infatti dovuto alla deforestazione. Invertire questo trend potrebbe dare dei fastidi ad alcune grandi multinazionali del legname, nel quadro geopolitico mondiale, sembra essere una cura indolore ed efficace.

Anche l’accordo sulle tecnologie sembra abbastanza economico: deve solo riuscire ad evitare che la proprietà intellettuale di alcune tecnologie impedisca uno sviluppo “verde” nei paesi del cosiddetto terzo mondo. Anche se non possiamo aspettarci che vengano prese decisioni che mettano in discussione la supremazia tecnologica ed economica delle grandi aziende dei paesi sviluppati, è ragionevole immaginare che nei prossimi dieci giorni a Cancun possano essere fatti diversi passi su questa strada.

L’ultimo punto costa un po’ di più, ma solo in chiave economica. Politicamente è gratuito. Nessuna richiesta viene fatta al di fuori del contributo monetario. Nessuna riduzione delle emissioni, nessun obbligo di ripensare le politiche di sviluppo economico. L’UE si è già mobilitata impegnandosi a mettere sul piatto 7,2 miliardi di euro da utilizzare nel corso di tre anni. Di questi 2,4 dovrebbero essere già stanziati, ma mancano 200 milioni per raggiungere la cifra: tutti italiani (mentre rimangono stanziati i 13,5 miliardi per i 131 caccia bombardieri F35).

Cancun vola basso, e la tentazione è quella di buttare via tutto, un’altra volta. Di dire che è tutto un fallimento, una farsa, che gli accordi che verranno presi non saranno mai sufficienti a fronteggiare l’emergenza climatica. Ma è una cosa che non possiamo permetterci. Come dice Christiana Figueres, segretaria dell’Unfccc, “anche se tutti gli impegni nazionali venissero rispettati- e il mondo non si aspetta che vengano rispettati - non riusciremmo comunque a raggiungere l’obbiettivo di impedire un innalzamento di oltre due gradi della temperatura globale”. Bisogna andare avanti, cercare nuovi accordi.

Continuando ad usare le parole di Figueres, “Nei prossimi decenni assisteremo ad una rivoluzione: una rivoluzione nel modo di produrre e consumare energia, una rivoluzione nel modo in cui l’ambiente è considerato in termini di sostenibilità e vita umana, una rivoluzione nel modo in cui le comunità saranno costrette ad agire contro i cambiamenti climatici per assicurarsi un futuro. Una rivoluzione nelle opportunità economiche offerte da un approccio costruttivo ai cambiamenti climatici. [...] I paesi stanno cercando nuove risposte alle sfide politiche, economiche e sociali [...] ed è ovvio che ci riusciranno prima e meglio assieme, se i governi apriranno le porte a questa nuova era di risposte collettive e ambiziose ai cambiamenti climatici”.

Ed ecco quindi la vera sfida di Cancun: volare basso ma continuare a volare. Raggiungere degli obiettivi, anche se piccoli. Cominciare a costruire una prassi di politica internazionale ambientale che riesca a produrre degli accordi per contrastare i cambiamenti climatici. Ricominciare a camminare dopo anni di fallimenti, senza più illusioni.

Matteo Conci

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