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Caccia: voti alle Regioni, il centro-sinistra filovenatorio
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A dare i voti alle venti regioni italiane in materia di caccia è Legambiente che ha voluto dividere in base a una serie di parametri i governatori italiani in amici e nemici degli animali. Tra i primi figura appunto quello della Valle d'Aosta (Ego Perron) soprattutto perché sul suo territorio si registra il minor numero di infrazioni alle norme sulla caccia e anche perché è tra i pochi a non aver ceduto alle sirene delle preaperture o di deroghe mal gestite. Subito alle sue spalle il sardo Renato Soru (ha ben definito, limitandoli, periodi e numeri di specie disponibili per le doppiette), il laziale Piero Marrazzo (ha tolto alcune specie come starna e combattente dall'elenco di quelle cacciabili), la piemontese Mercedes Bresso (ha redatto in materia uno strumento di indirizzo pluridecennale). Siciliani, abruzzesi e trentini si barcamenano invece tra note positive e negative, pur essendo in generale indirizzati sulla buona strada, mentre pessime sono le performance di Riccardo Illy, Claudio Burlando, Vito De Filippo, Vasco Errani, Michele Iorio, Claudio Martini: nelle loro regioni preaperture, deroghe, aumento delle specie cacciabili sono all'ordine del giorno.
Le Regioni ogni anno dovrebbero emanare entro il 15 giugno il calendario venatorio, strumento importante per il prelievo conservativo delle specie considerate cacciabili. In generale i governatori anche quest'anno non hanno raccolto la sfida di rispettare questa data e, ancor meno, di utilizzare lo specifico strumento regionale di pianificazione - il piano faunistico venatorio regionale - quale base conoscitiva per fondare gli indirizzi previsti nel calendario venatorio. "E' necessario che i Presidenti di Regione sappiano concertare per ambiti omogenei sovraregionali misure ed azioni tese a coniugare il prelievo venatorio con la conservazione di un ricco e vitale patrimonio faunistico - ha spiegato Antonino Morabito, responsabile nazionale conservazione e gestione fauna di Legambiente - Molte delle azioni positive messe in campo da alcune Regioni, dagli Enti locali, dagli Enti parco, dagli ATC e dagli altri soggetti interessati, rischiano invece di essere vanificate in assenza di un cambiamento sostanziale da parte di quelle Regioni che dimostrano negligenza nella gestione del comune patrimonio faunistico".
"Le 'nuove' giunte regionali di Lazio, Calabria, Liguria, Friuli Venezia Giulia, ecc., hanno approvato calendari 'fotocopia' di quelli dei loro predecessori, appiattiti sulle posizioni più oltranziste delle doppiette e con previsioni gravissime ed illegittime che danneggiano in maniera irreversibile le popolazioni selvatiche' ha commentato la LAV. Per l'organizzazione animalista anche nelle regioni storicamente governate dal centrosinistra (Toscana, Emilia Romagna, Umbria, ecc.), nulla è cambiato: da anni, ormai, quelle Giunte sono caparbiamente schierate dalla parte dei cacciatori e ne sostengono anche le richieste più retrograde, sanguinarie e distruttive. In queste regioni, infatti, la legge statale sulla tutela della fauna e la regolamentazione della caccia, n.157 del 1992, è stata cancellata pezzo per pezzo a favore di normative locali permissive al massimo, che addirittura (vedi la recentissima leggina toscana) autorizza attività che per le norme statali sono vietate e costituiscono bracconaggio!
Diversamente dai dati diffusi da Legambiente, anche in Sicilia, Lazio, Campania e Calabria le cose vanno malissimo: secondo il monitoraggio della LAV, infatti, in queste regioni i calendari venatori emanati consentono, ancora una volta, stragi massicce di animali selvatici, autorizzando la caccia a specie protette o in grave rarefazione, calpestano i pareri scientifici dell'INFS (Istituto Nazionale Fauna Selvatica) e violano apertamente la legge statale e le norme comunitarie. Uniche note positive si registrano in Sardegna e Puglia, dove i rispettivi 'Governatori' hanno rotto lo strapotere venatorio che aveva fatto di quelle regioni delle terre di massacri. In Sardegna il calendario firmato dal Presidente Renato Soru, che abolisce le nefaste 'pre-aperture' della caccia e limita il devastante impatto su specie in declino e nei periodi delicati della migrazione, è un esempio per tutta Italia perché per la prima volta rispetta la legalità e la fauna. In Puglia, dopo anni di caccia sfrenata e di deregulation, condotta con arroganza dalla precedente Giunta e dall'allora maggioranza, quanto preannunciato dal Presidente Nichi Vendola circa il Calendario venatorio 2005-2006 pone le basi per un cambiamento di rotta che tutto il mondo ambientalista ed animalista italiano, e quello scientifico che si occupa di biodiversità, guardano con estrema attenzione come esempio da esportare nelle altre regioni. [AT]