Burundi: negato l'accesso a Msf in un campo profughi

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Allo staff medico dell'organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) è stato negato l'accesso a Songore, il campo profughi di 7.000 ruandesi che fuggirono verso il Burundi ai primi di maggio. La clinica di MSF all'interno del campo è ora sorvegliata dai militari dell'esercito burundese e lo staff medico non può entrare nei propri locali, privando così la restante popolazione delle cure mediche. Prima che a MSF fosse negato l'accesso a Songore, l'organizzazione effettuava oltre un centinaio di consultazioni al giorno.

Quest'ultimo episodio arriva nel momento in cui i profughi di Songore sono stati dichiarati "immigrati illegali" sia dal Ruanda sia dal Burundi. Lo staff di MSF ha testimoniato che già dalla scorsa domenica migliaia di rifugiati sono stati trasportati su camion, accompagnati da una scorta militare, verso una località sconosciuta, in gran parte verso il loro paese d'origine, il Ruanda.

"E' inaccettabile che al nostro staff medico venga negato l'accesso alle nostre strutture sanitarie nel campo di Songore, negando di fatto le cure mediche ai profughi. Inoltre trasportando questa gente nel Ruanda, MSF non è in grado di garantire l'assistenza medica per coloro che erano già sotto trattamento. Alcune famiglie sono state perché alcuni membri delle famiglie stesse sono stati trasportati negli ospedali militari" afferma Michiel Hofman, direttore delle operazioni per MSF. "MSF è davvero preoccupata per ciò che può essere visto come un rimpatrio forzato dove i diritti di base di un popolo in cerca d'asilo vengono negati".

Quasi 8.000 ruandesi hanno lasciato il proprio paese nei mesi passati. Secondo le testimonianze rilasciate allo staff medico di MSF, la gente ha paura di arresti arbitrari e intimidazioni messe in atto per sollecitare il loro rientro in Ruanda. Dal 29 maggio scorso, queste persone sono state costrette dal governo del Burundi a vivere in un campo profughi, a circa 20 chilometri dal confine con il Ruanda. Sabato scorso, il Ruanda e il Burundi hanno definito congiuntamente l'intero gruppo come "immigranti illegali", nonostante la loro richiesta di asilo in Burundi.

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