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Brasile: il sangue della terra
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Una macchia verde scura graffiata da lunghe strisce giallognole e nere. E' l'Amazzonia ripresa dal satellite. Le strisce a rastrelliera sono il segno indelebile lasciato dalle motoseghe e dal fuoco per far spazio nella foresta e ricavarne i legni pregiati. Poi, definitivamente incendiata, la selva viene ripulita, si semina erba e diventa pascolo. "La morte della foresta è la fine della nostra vita". Così dicevano suor Dorothy Stang, il sindacalista Soares da Costa Filho, il contadino Cláudio Branco e il leader ecologista Dionisio Ribeiro Filho: tutti freddati nei primi mesi di quest'anno con una raffica di colpi. Sangue che trasuda dalla fertile terra brasiliana che concentra il clou dell'agro-banditismo nello stato del Parà. Responsabile di circa un terzo della deforestazione dell'Amazzonia brasiliana, il Parà ha un pessimo record in abusi dei diritti umani e in crimini ambientali. Uno studio della Pastorale della Terra, un'ente della Chiesa brasiliana, ricorda che qui in diciotto anni 521 persone sono state assassinate per questioni legate alla terra: omicidi ai quali raramente sono seguiti processi, solo 13 i condannati. Complice l'impunità, la guerra ingaggiata dai grandi proprietari terrieri, dai loggers e dai grileiros contro gli ambientalisti e i difensori dei diritti umani continua indisturbata.
Il disboscamento illegale, intanto, ha portato alla distruzione di quasi il 60 percento dell'originaria a foresta Amazzonica: in due anni sono spariti 24 mila chilometri quadrati di foresta pluviale, un'area vasta come la Lombardia. Quando il legname pregiato finisce si appicca fuoco per far spazio all'agricoltura e al pascolo. Poi, man mano che i pascoli si esauriscono, si tagliano nuove zone vergini di foresta. Ne beneficia l'agro-business e, soprattutto, l'industria di allevamento dei bovini che nell'ultimo decennio è raddoppiata fino a raggiungere i 57 mila capi in Amazzonia, un terzo di tutti bovini del Brasile. Col venire meno dell'afta epizootica, epidemia che aveva segnato per decenni l'embargo dei bovini brasiliani, l'export di carne si è triplicato e lo scorso anno il Brasile è diventato il primo esportatore mondiale di carne bovina con un fatturato record di 1,5 miliardi di dollari. Carne che finisce sulle tavole del Nord America, dell'Europa, fino alla Russia e al Medio oriente. "Hamburger connection", l'ha definita l'autorevole Centre for International Forestry Research di Bogor (Indonesia). Negli ultimi anni anche la carne prodotta in Amazzonia ha cominciato ad essere esportata tanto da far dire al direttore del Centro per la ricerca forestale che "gli allevatori di bestiame stanno letteralmente facendo hamburger della foresta pluviale amazzonica".
La terra, però, continua ad essere concentrata nelle mani di pochi latifondisti e allevatori. Sono quasi 12 milioni i senza terra brasiliani costretti a sopravvivere alla meglio facendo i braccianti nelle fazendas dei grandi proprietari terrieri. L'assurda struttura rurale ha portato il Movimento dei Senza Terra (vedi riquadro) a chiedere con urgenza la riforma agraria. "Oggi la riforma agraria ha la stessa importanza che ebbe la lotta per la liberazione degli schiavi cento anni fa" - afferma lapidario Joao Pedro Stèdile, leader del movimento. Ma il governo del presidente Lula è in ritardo e mostra poca convinzione. "Malgrado disponga dal dicembre del 2003 di un piano di riforma agraria preparato da un team di specialisti con la collaborazione di leader contadini - sostengono i Sem Terra - le politiche realizzate dall'attuale governo non stanno promuovendo la riforma". Ed accusano: "Lo stimolo del governo all'espansione senza regole del capitale nelle aree della frontiera agricola, nella logica di una politica di esportazione a qualsiasi costo, è alla radice dell'aggravamento dei conflitti nelle aree rurali e dell'aumento del numero dei morti tra i contadini, i dirigenti e i difensori dei diritti umani".
Recentemente il Ministero dello Sviluppo Agrario ha annunciato un taglio alla riforma di 2 miliardi di rais rispetto allo stanziamento previsto di 3,7 miliardi. Più di 40 mila famiglie non potranno essere insediate: un numero già inferiore al previsto che era di 115 mila. "Tutto questo per garantire il pagamento del debito estero e interno e gli accordi con il Fondo Monetario Internazionale" - dicono i Sem Terra che hanno organizzato una grande marcia che li porterà il primo maggio a Brasilia. Chiedono di eliminare il filo spinato che cinta il latifondo da cui molti sono esclusi e troppi continuano ad essere uccisi.
di Roberta Bertoldi
LA SCHEDA: Il Movimento dei Sem Terra
Nato nel 1984 in strettissimo rapporto con la Commissione Pastorale della Terra della Chiesa cattolica, il Movimento dei Sem Terra (Mst) è oggi presente in 26 stati del Brasile, ha fondato 400 associazioni dei lavoratori e 60 cooperative agricole e, soprattutto, ha permesso a 150 mila famiglie di ottenere la terra grazie a 1600 "occupa㧀ao", che in seguito sono state riconosciute e regolarizzate dal governo. Nonostante l'occupazione delle terre improduttive sia legale, nel 99 percento dei casi gli "occupanti" vengono scacciati con la forza dalla polizia e dalle milizie private dei latifondisti.
Il Movimento ha un'originale forma organizzativa: vi possono partecipare tutti, non solo uomini adulti, ma anche donne, bambini, ragazzi, anziani. Le proposte provengono da ogni angolo del Paese e sono votate in seno a un'assemblea nazionale i cui membri sono eletti democraticamente. Sostenuto dall'Unesco, dall'Unicef e da più di 50 università nel mondo, fondamentale per il Movimente è la componente "mistica" tramite l'approccio pastorale delle comunità di base e i contributi della teologia della liberazione.
Lo scorso gennaio è stata inaugurata a Guararema, nei pressi di S㣀o Paulo, "Florestan Fernandes", la scuola nazionale del Movimento Sem Terra. Sorta dal lavoro collettivo e gratuito di ottocento militanti, la scuola ospiterà studenti da tutto il Brasile, dall'asilo ai corsi post-laurea. Tra le materie: agricoltura, economia, formazione politica, pedagogia e informatica. (R.B.)