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Bosnia: bocciata la riforma della polizia, salta l'Ue
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Dayton, 14 dicembre 1995 segna la fine formale della guerra che ha dilaniato la Bosnia Erzegovina fin dal 1992. Un accordo di pace che a 10 anni dalla firma mostra tutti i suoi limiti ma soprattutto la fragilità di uno stato che non è riuscito a sostituirlo e che si vive diviso e tripartito lungo linee etniche che stentano a perdere rilevanza. Diversi sono gli indicatori che mostrano come la gente comune stenti a riconoscersi in una cittadinanza comune. Nella Repubblica Srpska, RS (49% del territorio Bosniaco-erzegovese) si tifa per la Stella Rossa di Belgrado e si festeggiano le vittorie internazionali come fossero le proprie in Federazione Croato-Musulmana, Fed. (51% del territorio), nella regione a maggioranza croata dell'Erzegovina il team del cuore è a Zagabria, Spalato o Vinkovci piuttosto che a Sarajevo, Tuzla o Banja Luka. A scuola si insegnano ancora tre storie diverse dove in ognuna la vittima è chi scrive e l'aggressore è l'altro. In uno stato speciale con tre presidenti,composto da due Entità e da un Distretto Autonomo (Brcko), l'unità di misura fondamentale è l'appartenenza etnica.
Un indicatore per tutti. Il corpo di polizia non è unico ma è diviso in 13 forze diverse, (uno in Repubblica Srpska, uno nel Distretto di Brcko e 10 nella Federazione, uno per ogni cantone), 19000 poliziotti per 4 milioni poco meno di abitanti. Una situazione che pesa economicamente, incide per il 10% dei sui budget pubblici ed è 2 volte superiore alla media Europea, questo senza riuscire ad essere efficace. E proprio sulla riforma della polizia in Bosnia-Erzegovina è stata bocciata. Di fatto questa riforma era una delle condizioni per l'inizio dei colloqui per una più stretta cooperazione della Bosnia con l'Unione europea. ''Siamo delusi che l'ultima proposta di riforma, che era in linea con quanto suggerito da Bruxelles, e' stata rigettata dal parlamento serbo-bosniaco'' ha commentato Krisztina Nagy, portavoce del commissario Ue all'allargamento Olli Rehn.
"Gli estremisti attualmente al governo nella Republika Srpska hanno mostrato il loro vero volto: hanno tenuto in ostaggio l'intera Bosnia Erzegovina con il rifiuto della riforma della polizia e hanno nuovamente impedito l'ingresso nell'Unione europea come anche l'integrazione tra i popoli d'Europa" commenta l'Associazione per i popoli minacciati (Apm)che richiama anche le responsabilità della comunità internazionale. "Tutti gli alti rappresentanti della Comunità internazionale a Sarajevo hanno sempre accettato la politica di blocco permanente del partito di Karadzic fin dal 1995, rendendo così permanenti le conseguenze delle pulizie etniche e la divisione dello Stato. Per questo motivo Carl Bildt, Carlos Westendorp, Wolfgang Petritsch e Paddy Ashdown hanno la responsabilità principale di questo tragico sviluppo". Il Partito democratico serbo (SDS), fondato da Karadzic e tutt'ora vivo nel suo spirito, ha fino ad oggi impedito il rientro di una grande maggioranza di rifugiati e la possibilità di processare centinaia di presunti criminali di guerra. Oltre a tutto ciò blocca anche il funzionamento dello Stato centrale bosniaco. Per questo l'Apm chiede l'immediato divieto al partito di Karadzic.
Dal 20-21 ottobre avrà luogo a Ginevra la Conferenza internazionale sulla Bosnia promossa dall'Associazione BiH 2005 che metterà insieme partecipanti internazionali del passato e del presente che indagheranno sul futuro sviluppo del paese. Il primo architetto dell'Accordo di Dayton, Richard Holbrooke, gli amministratori internazionali della Bosnia (Lord Paddy Ashdown, Wolfgang Petritsch) discuteranno con personalità come Lakhdar Brahimi, esperti di Balcani, altri partecipanti inclusa Carla del Ponte e gli attori politici della UE (Olli Rehn) ciò che è stato raggiunto in passato, e come può prendere forma il futuro della Bosnia nell'Unione europea.
La transizione della Bosnia, così come la sua creazione, è stata parte degli sviluppi di una regione più ampia, in particolare della democratizzazione e europeizzazione dei paesi confinanti Croazia e Serbia e Montenegro (entrambi più avanti nel processo di Associazione e stabilità con Bruxelles). Con la riduzione e lo spostamento dell'impegno NATO (e quindi USA) nei Balcani verso l'esercito UE di peacekeepers (EUFOR), la chiusura della Missione civile dell'ONU (UNMBiH) e la collocazione di un ufficio del Rappresentante speciale dell'Unione europea (EUSR), il quadro istituzionale internazionale della Bosnia è in fase di realizzazione. [AT]
Altre fonti: Associazione per i popoli minacciati, Ansa Balcani
Approfondimenti: OneWorld Southest Europe