Birmania: pressione internazionale per la scarcerazione di Suu Kyi

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Sta crescendo in questi giorni la pressione internazionale nei confronti della giunta militare birmana per ottenere la scarcerazione di Aung San Suu Kyi leader della Lega Nazionale per la Democrazia (Lnd).

Le Nazioni Unite hanno chiesto alla giunta di rilasciare immediatamente l'attivista democratica e gli altri prigionieri politici. Anche il Parlamento europeo ha diffuso una Risoluzione sull'arresto di Aung San Suu Kyi chiedendo che il Consiglio Militare di Stato per la Pace e lo Sviluppo (Spdc) rinunci alla sua presa di potere e che vengano pienamente rispettati i risultati delle ultime elezioni; chiede inoltre l'immediata cessazione delle esecuzioni extragiudiziarie, dello stupro sistematico e dell'intimidazione politica contro il popolo birmano.

Amnesty International preoccupata per l'escalation di violenza politica e repressione in corso nel Myanmar chiede che "le autorità aprano un'inchiesta esauriente e indipendente sui gravi episodi del 30 maggio e di portare i responsabili di fronte alla giustizia" chiede inoltre di rendere noti immediatamente la sorte e il luogo di detenzione degli esponenti dell'opposizione politica che risultano 'scomparsi'. A fronte della chiusura degli uffici principali dell'Lnd in tutta la Birmania degli istituti e delle università Amnesty chiede allo Spdc di "prendere misure immediate per affermare il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione nel Myanmar".

Malgrado le denunce da parte delle organizzazioni internazionali per i diritti umani di gravi violazioni da parte del regime dittatoriale birmano, sono ancora però numerose le compagnie e le aziende anche italiane che continuano a investire e lavorare in Birmania. Ora è impossibile lavorare nel Paese asiatico senza fornire alla giunta militare supporto diretto o indiretto, principalmente finanziario. Global Unions ha deciso perciò di rendere pubblica la lista delle aziende che operano in Birmania invitandole a interrompere i rapporti col governo birmano e a fare pressione sul regime affinchè cessi la pratica del lavoro forzato e si attenga al diritto internazionale.

Fonti: Global Unions, Amnesty International, Un News Centre, Free Burma;

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