Bamako. Il debito dell'Europa

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Si, l'Europa e' nuda , qui a Bamako'. Nessuno infatti puo' mentire o millantare credito, senza rinnegare quasi tutti i contenuti del "biglietto da visita" che l'UE oggi offre. L'Europa, gli europei, e i suoi movimenti qui sono chiamati a rispondere di cio' che a casa propria fanno per cambiare lo stato delle cose e prima di tutto, come dice una canzone di un cantautore locale, fa si' che "ogni giorno migliaia di africani s'imbarcano... Destinazione: l'ignoto" e spesso perdono la vita prima di arrivare o respinti non hanno piu' una casa dove tornare.

Non ci sono scorciatoie. Ogni tentativo di presentare al meglio le proprie iniziative, ad uno dei partecipanti locali se non accompagnate da un approccio politico generale che scomponga il quadro strutturale esistente, assume subito l'aspetto di una mezza verita', di qualcosa che nella migliore delle ipotesi viene gentilmente salutato come buon gesto..fine a se stesso. Anche il miglior ghiaccio si scioglie al sole...E gli africani, si sa, sono molto pazienti, ma da tempo si sono stufati anche loro delle nostre promesse. Per questo le inesauribili energie e idee che vengono dal continente africano sono una concreta speranza per tutti. Per lo meno hanno tutte le potenzialita' per rappresentare una speranza, sta a noi movimenti saperla raccogliere.

Forse questo il messaggio che la manifestazione inaugurale del Forum di Bamako'ha lanciato come una sfida a tutti,ivi compreso il movimento dei movimenti che fin'ora ha visto ancora troppo da lontano l'Africa. Il bagno salutare che si verifico' al Forum Sociale Mondiale del 2004 quando si fece "travolgere" dal fiume di Mumbai, sono certa, si rivivra' l'anno prossimo a Nairobi quando li'si svolgera' il Forum Mondiale. Questa di Bamako' e' solo un anticipo, e' una tappa di un lungo percorso, in parte ancora da costruire, per coinvolgere quante piu' istanze attive nei vari paesi e regioni di questo vasto e variegatissimo continente. Molti fra coloro che da tempo lavorano a contatto con l'Africa, si erano accorti che qui e' in forte crescita l'esigenza di andare al di la di vecchi e superati concetti sul mondo e su come questo attualmente funziona. Ma ancora di piu', che per costruire un altro mondo possibile bisogna partire dal basso e avere il coraggio di mettere in discussione molti dei principi e degli approcci che fin'ora hanno regolato le relazioni internazionali anche fra le societa' civili attive a nord come a sud.

Tra i concetti ormai irreversibilmente messi in discussione ci sono anche il concetto di solidarieta' e cooperazione internazionale.
La domanda e': solidarieta' o responsabilita'comune cioe' co- solidarieta'? Cooperazione tra pari che insieme vogliono radicalmente cambiare il mondo, a nord come a sud, a partire dalle cause dell'ingiustizia alla base della poverta' espressa dalle politiche vigenti del mondo ricco che ancora oggi determinano i mali strutturali dei paesi impoveriti come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale,WTO oppure una cooperazione che pur nelle sue migliori espressioni non e' altro che una faccia complementare di meccanismi che garantiscono lo stato attuale delle cose?

Per questo la cancellazione del debito, la cooperazione, i finanzamenti per lo sviluppo, cosi' come le politiche commerciali ed economiche non possono marciare ed essere giudicate separatamente e devono avere al centro l'obiettivo di seguire nuovi principi a favore di uno sviluppo diverso per tutti perche' di tutti.

No grazie, anche alla migliore carita' e alle paternalistiche politiche di "aiuto".

Qui non c'e' piu' la semplice, seppure importante, testimonianza dei segni della poverta' che cresce ogni giorno di piu' in barba agli impegni siglati ed annunciati dalla comunita' internazionale con Obiettivi di Sviluppo del Millennio, ma ci sono gruppi e organizzazioni che direttamente vogliono mettere "i piedi nel piatto" delle nostre politiche europee quotidiane.

Oggi, nella sessione dedicata alla questione del Debito, forse per la prima volta dopo tanto tempo, si e' vista e sentita una piu' forte lingua comune che aiuta a fare chiarezza anche fra le diverse campagne che su questo tema si mobilitano.
Si e' detto che "tutto il debito dei paesi poveri e' di fatto odioso, illegittimo e immorale. Va cancellato tutto, incondizionatamente e subito." Questo deve essere l'obiettivo politico strategico di fondo comune a tutte le campagne. Gli strumenti e le forme che poi singolarmente queste propongono e utilizzano sono altra cosa.
Il monitoraggio, lo studio e l'analisi sulle inziative perseguite dai singoli stati cosi' come dai li servono a supportare l'opera essenziale di smascheramento e la denuncia delle contraddizioni e dei limiti delle iniziative che singoli stati o G8 e quant'altro, che svolgono le campagne sul debito in ogni lato del pianeta.
Gli oratori della sessione in particolare quelli in rappresentanza delle campagne sul debito di Mali, Mauritania e Gambia hanno ricordato come la definizione del debito quale, illegittimo, odioso e immorale, sia ormai posizione sostenuta anche dai livelli istituzionali regionali fino al livello piu' alto dell'Unione Africana sottolineando come il peso dell'azione e la mobilitazione dell'opinione pubblica locale abbia influito sulla radicalizzazione di questi ultimi in risposta a alle iniziative di cancellazione del (presunte epocali) quali quella dell'ultimo G8 proposta di Gordon Brown.

Nessuno qui si fa illusioni, ma esprime ed esige, la necessita' dare una sferzata tutta politica che evidenzi come la cancellazione del debito altro non e' che una questione di pura giustizia. Non e' e non puo' essere una "buona azione" del G8 di turno o di qualcuche singolo stato che magari contestualmente alla cancellazione del debito propone la cancellazione della cooperazione allo sviluppo cosi' come politiche economiche e commerciali che sono causa diretta di processi di ulteriore indebitamento e impoverimento nei paesi impoveriti.
L'Italia e' l'esempio piu' lampante di questo genere di politica ipocrita. Con una mano cancella il debito (solo in parte e calcolando le quote di cancellazione del debito tra i finanziamenti per lo sviluppo) e con l'altra fomenta processi di impoverimento tagliando i fondi per la cooperazione e sostenendo politiche commerciali ed economiche ingiuste tra cui non ultimi quelle dei sussidi all'agricoltura visibilmente dannose in Mali e in tutta la regione. Non a caso il nostro paese si e' guadagnato l'ultimo posto in classifica nel perseguimento dei gia' minimi Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Raffaella Chiodo
Bamako', 20 gennaio 2006

Fonte: Sdebitarsi

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