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Azerbaigian: tanto gas, scarsa tutela dei diritti umani
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A breve, brevissimo, si deciderà la sorte del segmento italiano del Trans Adriatic Pipeline (TAP), gasdotto che attraverserà anche Grecia e Albania, ma che in realtà trova la sua giustificazione qualche migliaio di chilometri più a Est. Esattamente in Azerbaigian, dove viene pompato il gas che dovrebbe poi giungere sulle coste salentine.
Paese in grande crescita economica, quello guidato da decenni dalla famiglia Aliyev, il cui ultimo esponente, Ilham, lo scorso luglio si è recato in visita ufficiale a Roma. Nella capitale italiana uno dei temi prioritari dell’agenda è stato senza dubbio il TAP, su cui è chiamato a pronunciarsi il ministero dell’Ambiente in merito alla valutazione di impatto ambientale.
In procinto di ospitare la prima edizione delle Olimpiadi europee la prossima estate, l’Azerbaigian sta finendo nell’occhio del ciclone per la sua “scarsa tutela” dei diritti umani. È infatti della scorsa settimana la pubblicazione da parte di un gruppo di attivisti locali di una lista di 98 individui attualmente prigionieri politici. Ironia della sorte, l’elenco comprende i nomi di due dei suoi autori, Rasul Jafarov e Leyla Yunus, che sono stati arrestati all’inizio di agosto, proprio mentre stavano lavorando sulla relazione, insieme ad altri due attivisti.
Leyla Yunus, una delle voci più critiche del regime azero, è stata incarcerata insieme al marito Arif Yunus, con l’accusa di tradimento, spionaggio in favore dell’Armenia e attività commerciali illegali, capi di imputazione che potrebbero comportare una condanna all’ergastolo. Entrambi hanno seri problemi di salute, ma in cella non ricevono i fermaci necessari alle loro cure.
L’avvocato Khalid Bagirov, che cura gli interessi di tutti e quattro gli attivisti, ha affermato che gli arresti sono “dettati da motivi politici” e che l’assoluzione dei suoi clienti è “impossibile”. A Baku, intanto, il governo si appresta a celebrare il ventesimo anniversario della firma del cosiddetto contratto del secolo tra l’Azerbaigian, la BP e altre dieci compagnie petrolifere internazionali. Da quando fu siglata l’intesa, nel Paese la repressione è aumentata in maniera costante.
Ma del momento che l’Azerbaigian è così ricco di gas, rimane una delle mete preferite di molti leader europei. Tra questi David Cameron (primo ministro britannico), Mark Rutte (primo ministro olandese), José Manuel Barroso (presidente della CE) e Suma Chakhrabati (presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo), i quali hanno tutti visitato il Paese in tempi recenti.
Sebbene l’UE abbia già reagito all’arresto di Jafarov invitando le autorità azere a rispettare i diritti delle organizzazioni della società civile, le ripetute violazioni dei diritti umani non hanno impedito alle istituzioni comunitarie di mantenere uno stretto rapporto con il regime di Aliyev. Anzi, il numero degli arresti è cresciuto proprio nel periodo in cui l’Azerbaigian ha la presidenza di turno del Consiglio d’Europa.
Da Recommon.org