Asia: povertà e ricchezza, ma tanto da imparare

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Un abitante su tre vive in condizioni di estrema povertà e nel contempo l'industria informatica e la ricerca nel campo della fisica hanno trovato le condizioni migliori. Il PIL del Giappone è pari agli USA mentre in Bangladesh e Vietnam si soffre la fame. In 50 milioni di KmⲀ vivono 4 miliardi di abitanti. Tra i più poveri vi sono le donne delle aree rurali. Il raggiungimento dell'obiettivo che la cooperazione allo sviluppo internazionale si è posta, ossia di dimezzare entro il 2015 la povertà nel mondo, dipende in gran misura dai progressi che si riusciranno a compiere proprio in Asia ove vive i 2/3 dell'umanità.

Le società asiatiche continuano ad essere profondamente spirituali nonostante il rifiuto delle èlite nazionali non cristiane d'Asia che temono la penetrazione della Chiesa cattolica come mero strumento di sovversione delle economie e dei mercati asiatici. La spiritualità di satyagraha di Mahatma Gandhi, come il movimento di sarvodaya di Acharya Vinobha Bhave hanno servito un numero maggiore di asiatici che l'attività missionaria "nobelizzata e santificata" di Madre Teresa. Un modello di carità infinito ma che non si coniuga molto con i percorsi locali di "giustizia" che sono tipici di questi territori e che sono vere e proprie rivoluzioni solidali. Basti vedere le statistiche internazionali dell'aiuto post-tsunami. È vero che la solidarietà mondiale è stata imponente in termini di risorse ma quella locale ha dimostrato tutta la sua capacità di risposta.

Il periodo post-coloniale e le seguenti politiche di sviluppo, accompagnate dai prestiti delle agenzie del capitalismo finanziario, hanno sistematicamente distrutto l'ambiente e la bio - diversità riducendo di fatto la qualità della vita delle popolazioni asiatiche. Detta ingerenza è stata descritta come ingerenza del modello architettonico occidental/cinese che, per sua natura, tende a livellare le differenze e che risulta in contrapposizione al modello organico orientale[1] che riconosce la diversità ed il pluralismo. Il modello architettonico è scandito dalla fretta ed agitazione ed è provocato dal concetto lineare del tempo in termini di passato, presente e futuro. Il modello organico si basa su una visione ontologica del tempo come presenza continua. Lo ha detto, senza mezzi termini, la microproduttrice nepalese di commercio equo Meera Batharai dimostrando non poca angoscia rispetto ai nostri ritmi.

I diversi incontri di ASIA QuestAltroMondo hanno dimostrato l'abilità orientale di prendere coscienza di varie cose o persone allo stesso tempo che significa accettazione di tutte le esperienze politico - religiose senza escluderne la validità delle altre. Per la cultura occidentale questo sarebbe sincretismo in senso peggiorativo.
I diversi autori che si sono susseguiti all'aperitivo culturale pre "cene dell'altro mondo" i cui libri sono stati venduti da gli amici del libro di Martignano hanno sottolineato la necessità di riconoscere e apprezzare i valori spirituali che tutte le religioni hanno per contribuire la disumanizzazione globalizzante. Non è opportuno per gli adoratori di un Dio "geloso" degli ebrei, cristiani o islamici continuare ad aggredire i credenti delle altre religioni. Guidati dalla nonviolenza ed autodisciplina di Gandhi ci si può avviare assieme verso la Verità. Gandhi ha iniziato un dialogo di vita, basato nella fede che oltrepassa le differenze delle religioni; è stato un dialogo che ha "mobilizzato" le masse indiane e, nel contempo, ha immobilizzato le forze imperiali britanniche.

E' tutto interesse da parte nostra - occidente - comprendere un pò più a fondo queste filosofie, anche per evitare errori di relazione. Nell'inserire il proprio modello architettonico nel modello organico gli occidentali ieri in Vietnam ed oggi in Iraq non hanno tenuto conto che la paura della morte da parte dei buddisti e degli islamici è diversa dalla paura della morte dei "nostri ragazzi". Due guerre perse per nulla e molte occasioni di dialogo crollate. Ora che la situazione è drammaticamente compromessa, secondo Chea Vannath - candidato al Nobel per la Pace del 2005, il ritiro delle truppe dall'Iraq preannuncia un genocidio come quello cambogiano.

Due modelli in dialogo, quindi. Accade anche nella cooperazione allo sviluppo. Il nostro concetto di sviluppo è differente dal concetto di sviluppo delle controparti orientali che non ammettono in casa propria ingerenze strutturali di breve periodo ma tutt'al più processi di relazione di lungo periodo che valorizzi il protagonismo di chi abita il territorio: Let us be part of the Solution and not of the Problem - lasciateci esser parte della Soluzione e non del Problema irruppe Kezevino Aram alla Conferenza Internazionale del WSA di fronte a 500 persone.
La cooperazione deve poi essere coerente con le "relazioni internazionali statuali" perché, sempre ritornando alla filosofia Gandhiana: there is enough of every one need but not enough for every ones greed - c'è abbastanza per soddisfare i bisogni ma non le ingordigie di ognuno.

Passiamo ai fatti. Dal continente che ha teorizzato il microcredito come strumento globale per sradicare la miseria è arrivata la constatazione che solo la crescita economica ad alta intensità di manodopera e rispettosa delle risorse naturali e delle identità, come sta tentando di fare il commercio equo, crea occupazione ed è fonte di reddito per i poveri. In generale il modello di crescita indiano sembra convincere di più del modello cinese basato sullo sfruttamento. Entrambi hanno tassi di crescita a due cifre ma il primo coinvolge maggiormente le comunità ed è fondato sui saperi. Non v'è, infatti, sviluppo vero senza la partecipazione comunitaria e la promozione degli attori che, secondo i rapporti internazionali, sono limitrofi all'economia reale: le donne, i giovani ed i bambini. Parola di Kezevino Aram - consigliera di Sua Santità il Dalai Lama.

di Fabio Pipinato

[1] Felix Wildfred, Towards a Teology of Harmony, Yearbook, Missionswissenschaftliches Institute Missino e V., Aaaachen 1993

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