Armi: la risposta di Fiom e Fim sulla 185

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Doppia presa di posizione dei sindacati metalmeccanici Fiom e Fim (aderenti a Rete Italiana Disarmo) sulle richieste di modifiche alla legge 185/90 sul commercio di armi avvenute nel corso di un convegno a Lerici, promosso dai sindacati locali, che ha suscitato le domande di chiarimento di esponenti delle campagne in difesa della 185. "La Fiom si è impegnata insieme a molte altre forze del movimento per la pace, a contrastare le modifiche apportate alla legge ritenendole peggiorative perché allentano i vincoli necessari al commercio delle armi e riconferma il proprio impegno a proseguire nel confronto e nella discussione, al proprio interno e con altri sindacati e associazioni interessati, sui temi del disarmo e della riconversione, per una diversa politica industriale" - sottolinea il comunicato della Segreteria Nazionale della Fiom-Cgil. "A maggior ragione si dichiara nettamente contraria a qualsiasi ulteriore modifica della legge 185, ed è tra i promotori in Italia della campagna Control Arms, promossa a livello internazionale da IANSA, Amnesty International e Oxfam, per una regolamentazione internazionale che metta sotto controllo il commercio delle armi.

Di tenore simile le dichiarazioni di Gianni Alioti (dell'ufficio Fim Internazionale) che in un'intervista a Nigrizia ricorda le tesi approvate al XV Congresso della CISL a favore della riconversione produttiva dal militare al civile e sulla riduzione delle spese militari. "Per i sindacati la sfida è duplice: alla coerenza sul piano etico e politico dobbiamo affiancare una capacità di proposta che tuteli l'occupazione delle persone coinvolte e risponda alle loro attese professionali" - sottolinea Alioti.

Alioti ribatte anche in merito alle dichiarazioni dell'amministratore delegato di Finmeccanica riportate dalla stampa. "L'ing.Guarguaglini farebbe bene a preoccuparsi, più che della legge 185, del destino di quel patrimonio presente nel Gruppo Finmeccanica di tecnologie e competenze professionali in campo civile, che la sua gestione ha in gran parte bruciato e che ora si presta a dilapidare definitivamente. La legge per il controllo dell'export di sistemi d'arma ha avuto il merito di evitare (almeno in parte) che si continuassero a fare gli "affari sporchi", come negli anni '80, con la vendita delle "fregate" ed altre unità navali all'Iraq di Saddam Hussein".

"Su questa legge - prosegue il rappresentante della Fim-Cisl - non mi risulta che i sindacati metalmeccanici di La Spezia abbiano protestato per i troppi vincoli che essa impone al commercio di armi. Se lo avessero fatto, almeno come Fim-Cisl, si sarebbero posti al di fuori delle tesi congressuali recentemente discusse ed approvate al nostro congresso confederale o allo straordinario impegno di solidarietà della Cisl per l'Africa a partire dallo "Stop alla vendita di armi" ai paesi di questo continente dilaniato dalle "guerre dimenticate".

"Rispetto ad alcuni dei politici e manager intervenuti al Convegno di Lerici vorrei dire che farebbero bene a ricordare che aziende come l'Oto Melara sono state salvate, dopo il fallimento dell'EFIM, drenando risorse e profitti dei settori civili del Gruppo Finmeccanica: energia e trasporti (Ansaldo), automazione (Elsag Bailey), microelettronica (ST). Senza contare che - per "fare cassa" - la Finmeccanica alla fine degli anni '90 ha smembrato e venduto il pezzo più importante di l'Elsag Bailey; una vera e propria Global Company con sede e cervello a Genova, leader mondiale - per innovazione tecnologica, capacità di ricerca, qualità dei prodotti e quote di mercato - nei settori dell'automazione industriale e dei servizi. E tutto ciò è stato sacrificato a beneficio delle attività militari del Gruppo".

"Ritornando all'ing. Guarguaglini è quantomeno strumentale, se non ipocrita, inventarsi una relazione tra legge 185 e il caso delle Fremm. Sulla continuità del programma italo-francese non si può continuare il "gioco delle tre carte" sulla pelle dei lavoratori direttamente coinvolti. Il problema vero è quello delle risorse finanziarie. Sarebbe pertanto serio, da parte di tutti i soggetti che ritengono che le nuove fregate militari debbano essere finanziate, dire al contempo quali altre voci di spesa del bilancio della Difesa devono essere tagliate. Se non si vuole toccare la Difesa che dicano onestamente se vogliono tagliare ulteriormente i trasferimenti agli Enti Locali, o le spese per la sanità, o quelle per la scuola, oppure se le imprese e le famiglie devono pagare più tasse per aumentare le spese militari. A Genova c'è un detto "non si può soffiare e succhiare allo stesso tempo" - conclude Alioti.

Fonte: Rete Italiana Disarmo

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