Argentina 1976 -1983: L'ora della giustizia

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Sono passati più di 30 anni ma alla fine altri due tasselli sono stati aggiunti a quel grande puzzle che tenta di ricomporre la giustizia in Argentina. Il primo è arrivato qualche giorno fa con la conclusione - con 12 ergastoli, 4 condanne a 25 anni e una assoluzione - del processo contro gli aguzzini dei Centri Clandestini di Detenzione e Tortura del circuito Banco - Ateltico - Olimpo, di Buenos Aires, accusati per crimini contro 183 persone. Il Tribunal Oral Federal nuemro 2 della Capitale Federale ha così condannato 16 dei 17 accusati di omicidi, torture, e crimini contro l'umanità. Uno di loro è stato invece assolto per insufficienza di prove.

Ma forse il tassello più significativo - anche da un punto di vista simbolico - è quello della sentenza pronunciata a Cordoba lo scorso 22 dicembre. Era la più attesa, quella contro Jorge Rafael Videla, ex comandante in capo dell'esercito e autore - insieme a Emilio Eduardo Massera e Orlando Ramón Agosti - del colpo di stato del 24 marzo 1976 che portò l'Argentina agli anni bui del terrorismo di stato. A centinaia di chilometri di distanza dalla capitale, il Tribunal Oral Federal N°1 lo ha condannato all'ergastolo. Una sentenza storica per i crimini commessi negli anni della cosiddetta guerra sporca tra il 1976 e il 1983.

Videla questa volta era imputato insieme all'ex titolare del Terzo Corpo dell'Esercito Luciano Benjamín Menéndez, e altre 28 persone per l'omicidio di 31 prigionieri politici e il rapimento e la tortura di cinque ex agenti di polizia e il fratello di uno di loro. Durante la sua ultima possibilità di difesa, l'ex militare non ha mostrato nessun segno di pentimento nè di redenzione, anzi. In questi anni non ha mai cambiato argomentazioni per giustificare il “Processo di Riorganizzazione Nazionale”, e in un lungo discorso il dittatore ha parlato di uno “stato di guerra interna” facendo appello alla alla teoria dei due demoni per giustificare il terrorismo di stato. “Volevano prendere il potere politico per attuare un sistema marxista. I giovani del paese sono stati manipolati da un'abile propaganda, e i terroristi di ieri, oggi governano il nostro paese. Non hanno bisogno di violenza, perché sono al potere” ha affermato in un delirio prima della sentenza.

Videla ha ripercorso a modo suo il periodo precedente al colpo di stato affermando che “lo Stato aveva perso il suo monopolio dell'uso della forza. La giunta militare è stata istituita il 24 marzo 1976, ma la guerra è iniziata nel mese di ottobre 75”. Videla era già stato condannato all'ergastolo nel 1985 - poco dopo il ritorno del paese alla democrazia - per essere poi scarcerato qualche anno dopo, grazie alle leggi di indulto varate dal governo di Carlos Menem. Nel 2007 anche grazie all'impegno dell'allora presidente Nestor Kirchner, la Corte penale dichiarò incostituzionali le leggi di indulto, concedendogli però gli arresti domiciliari, per l'età avanzata.

L'ex capo militare, responsabile di assassini, torture, sparizioni, voli della morte, ha affermato prima di non riconoscere i magistrati che che lo giudicano quali suoi giudici naturali, e poi che “con questa sentenza si pretende di omologare una decisione politica adottata con sentimento di vendetta da coloro che ieri furono gli sconfitti” e ha continuato: “accetterò l'ingiusta condanna che mi verrà inflitta per l'armonia e la pace del nostro paese, come un ulteriore servizio che gli rendo. Non fu una guerra sporca - ha continuato Videla - ma una guerra giusta che ha salvato il paese da giovani idealisti che hanno tentato di imporre una cultura estranea al nostro stile di vita tradizionale, occidentale e cristiano”.

Per partecipare al pronunciamento della sentenza è arrivato a Cordoba anche il premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel, vittima anche lui delle violenze della dittatura. Dopo aver ascoltato l'imputato, Pérez Esquivel ha ripudiato il dittatore e ha ricordato che “prima che il governo annullasse le leggi di impunità, si doveva ricorrere ai tribunali internazionali per chiedere giustizia”. Questa sentenza chiuderà un processo iniziato con il ritorno alla democrazia e porta Jorge Rafael Videla nel luogo che ha schivato per gli ultimi 25 anni, il carcere comune, anche se oggi a 85 anni compiuti gli rimane ben poco da scontare.

Rappresentanti delle associazioni come quella de Las Madres de Palza de Mayo, Abuelas, Hijos, Familiari e tutte quelle che in questi anni si sono impegnate per avere giustizia erano hanno assistito al processo, o hanno aspettato fuori dal tribunali, molti altri si sono riuniti davanti agli schermi giganti sistemati nei punti più importanti di Buenos Aires, e hanno potuto seguire in diretta il pronunciamento della sentenza. Argentini commossi e convinti che anche se non rivedranno mai più i loro cari, nè vivi nè morti, un pò di giustizia è stata fatta. Dopo le ultime parole del giudice si è levato un coro: “30 mil compañeros desaparecidos presentes! ahora y siempre!”.

Elvira Corona inviata Unimondo

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