www.unimondo.org/Notizie/Architettura-vicinato-e-comunita-che-c-entrano-171153
Architettura, vicinato e comunità: che c’entrano?
Notizie
Stampa
Sviluppo (in)controllato delle aree urbane e tessuto sociale. Che ci siano delle connessioni è evidente. Quali esse siano e come si relazionino con la logica strutturale delle città lo è forse meno. Un’interpretazione interessante di questo rapporto prova a darla Robin Renner nel suo libro intitolato Urban Being: Anatomy & Identity of the City, una stimolante analisi di diverse aree urbane nel mondo proposta attraverso l’utilizzo di immagini satellitari e sapientemente alternata a esperienze personali. In che modo, ci si chiede, la comunità si modella sulla città, o viceversa l’architettura urbana e le infrastrutture condizionano l’evoluzione dei rapporti di vicinato e delle abitudini? Renner spinge lo sguardo dentro le reti dei trasporti e tra le forme urbane, per capire quali influenze reciproche esistano tra una migliore organizzazione delle aree cittadine e la promozione di un ambiente metropolitano socialmente più salutare.
Per farlo, Renner si rifà a una lunga tradizione che compara le città agli organismi, somiglianze di rispettive anatomie che prendono forma grazie alla presenza delle persone, al loro essere vive, ai loro comportamenti e bisogni. In altre parole si potrebbe però anche dire che valga il contrario, ovvero che l’anatomia della città ne crei l’identità e che certe strutture cittadine, indipendentemente da dove si trovino, influenzino similmente le persone che con esse interagiscono.
Attraverso griglie dettagliate e mappe elaborate, generate da immagini satellitari, nel libro vengono comparate alcune strutture cittadine in base a 5 differenti dimensioni, valutandone l’influenza sull’identità della città in base all’esperienza vissuta degli abitanti: si spazia quindi da aree urbane ridotte, esplorabili a piedi, a macro regioni, agglomerati di centinaia di città che si stiracchiano su chilometri e chilometri. Ed è un’analisi che scavalca i confini degli Stati nazionali, ma che rimane contemporaneamente anche dentro le strade delle città, muovendosi tra quelle “cellule urbane” definite dalle arterie stradali. In quanto spazi di vicinato e unità di residenza dei singoli abitanti, le cellule urbane sono importanti nel momento in cui si esamina l’identità e l’efficienza di una città, e sono definite sia dalle loro proprietà fisiche che dalle azioni che in quegli spazi hanno luogo. Insomma, parlare di comunità in città vuol dire parlare di geometrie e zone antropizzate, ma anche delle persone e delle loro vite.
Le prime tre dimensioni analizzate riguardano la struttura di una cellula urbana, che nella sua forma dipende da due fattori principali: topografia e trasporti. Come è facile immaginare, condizioni topografiche molto diverse (dalle montagne a Rio de Janeiro ai canali di Amsterdam) hanno dato origine a cellule urbane altrettanto originali per caratteristiche e densità abitativa. A Los Angeles, ad esempio, la rete delle highways ha “grigliato” la città in modo tale da comprimere il centro ed espandere le periferie, formando enormi cellule residenziali che hanno a loro volta configurato i rapporti umani dentro la città. Sono forme che influenzano le costruzioni stesse di cui si compongono le singole cellule, nonché le funzioni che tipicamente le caratterizzano. Renner ne individua appunto tre esempi principali. La cellula “isolato” è la più piccola tipologia identificata, è circondata da numerose arterie stradali con traffico per lo più veicolare: il movimento è il tratto pulsante dell’area e, si pensi ai distretti finanziari di Los Angeles, Shangai o Melbourne, è qui che principalmente si concentrano i palazzi adibiti a uffici. Una situazione diversa si crea nella tipologia della cellula “lineare”, quando cioè un’arteria principale è suddivisa in due corsie a senso unico, dando origine a strade più strette e più vivibili per i pedoni. Assieme quindi a fattori come traffico più lento e forte rete di trasporti pubblici, le cellule lineari sono importanti snodi commerciali. All’origine dello sviluppo delle città però sono le cellule “centrali”: fisicamente situate al centro della città solo le aree da cui le città si originano, con un’alta densità di traffico pedonale e generalmente un’alta concentrazione di ristoranti e negozi. Spesso sono zone a traffico limitato, che godono di un’efficiente sistema di trasporti pubblici il cui ruolo è fondamentale nei collegamenti da e per le periferie (si pensi ad esempio a Monaco), ma è anche veicolo di relazioni e stimolo per lo sviluppo di una dimensione socialmente a misura di persone, nonché più sostenibile a livello ambientale.
Non è però solo la struttura di queste cellule urbane a determinarne le caratteristiche, ma fondamentale è anche la loro funzione, ovvero il “modo” in cui vengono abitate, che ne condiziona gli aspetti legati a residenzialità e traffico, commerci e attività industriali. Mentre cellule di tipo “residenziale” favoriscono un traffico interno lento e ridotto, che conferisce priorità agli spostamenti pedonali e alla presenza di alberi, parchi, supermercati e scuole che aumentano la qualità della vita per i residenti, cellule di tipo “industriale” garantiscono accesso privilegiato a tangenziali e raccordi, stazioni ferroviarie o fiumi, e sono caratterizzate da una predominanza di attività, appunto, industriali.
Insomma, una descrizione complessa di come le comunità si strutturano in stretto rapporto ai territori che le ospitano e che contribuiscono ad animare: un intreccio di influenze a cui forse dovremmo pensare un po’ più spesso, muovendoci con gli occhi a terra o con il naso all’insù per le strade delle nostre città e dei luoghi che visitiamo. Dare forma allo spazio è un altro modo di dare forma alle nostre relazioni, è un altro modo di stare al mondo.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.