Amnesty: Russia e Georgia rispondano del proprio operato

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Mentre gli osservatori dell'Unione europea prendono posizione in Georgia, Amnesty International ha segnalato nei giorni scorsi che perduranti problemi di sicurezza, ordigni inesplosi e distruzioni di proprietà su vasta scala in alcune parti delle zone interessate dal conflitto di agosto continuano a pregiudicare il diritto di decine di migliaia di persone di tornare alle proprie abitazioni. "Sparatorie, saccheggi e attacchi su base etnica nell'Ossezia del Sud e nell'adiacente zona cuscinetto controllata dalla Russia stanno compromettendo le condizioni di vita di chi è rimasto e il diritto al ritorno dei georgiani che hanno lasciato quei territori" - ha dichiarato Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

"Le autorità russe e georgiane, così come quelle che amministrano di fatto l'Ossezia del Sud devono fare ogni sforzo per garantire la sicurezza e fornire assistenza a tutti, senza discriminazione. Chi è stato costretto a lasciare la propria casa deve poter tornare in condizioni di sicurezza, chi non può o non vuole farlo deve essere reinsediato altrove" - ha proseguito Duckworth. Le aree in cui si trovano ancora ordigni inesplosi devono essere bonificate urgentemente; per facilitare le operazioni, Amnesty International chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di fornire informazioni sulle munizioni utilizzate.

"Le missioni internazionali di monitoraggio, che attualmente sono escluse dal territorio dell'Ossezia del Sud, dovrebbero invece coprire tutte le aree colpite dal conflitto, comprendere nel mandato anche il monitoraggio sui diritti umani e rendere pubblici i propri rapporti" - sostiene Amnesty che chiama i governi di Russia e Georgia a rispondere del proprio operato. Centinaia di civili sono stati uccisi e un numero ancora maggiore è rimasto ferito durante il conflitto e nei giorni successivi. Proprietà appartenenti per lo più a cittadini georgiani sono state saccheggiate o distrutte.

Le informazioni raccolte da Amnesty International nel corso di una sua missione nella regione, svoltasi nella seconda metà di agosto, sommate ad altre fonti, indicano che tutte le parti coinvolte nel conflitto si sono rese responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani. "I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia: non solo il diritto internazionale lo richiede, ma questa è anche la condizione per una pace duratura e per la stabilità della regione" - ha commentato Duckworth.

Pertanto, Amnesty International chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di accettare, e alla comunità internazionale di predisporre l'invio di una missione di ricerca che possa compiere indagini complete su tutte le denunce di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani perpetrate nel corso del conflitto. "Le necessità di oggi non devono mettere in secondo piano le responsabilità per quanto è avvenuto ad agosto" - ha concluso Duckworth.

Secondo l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, circa 163.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni a causa del conflitto: 127.000 si sono dirette verso la Georgia propriamente detta, 36.000 verso la Federazione russa. Dalla fine delle ostilità, la maggior parte dei profughi dell'Ossezia del Sud che era fuggita in Russia ha fatto rientro alle proprie case. Delle circa 127.000 persone sfollate in Georgia, solo 68.000 hanno potuto rientrare nelle proprie case; altre 5.000 dovrebbero farlo entro la fine dell'anno e 23.000 nel corso del 2009. Tuttavia, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha segnalato che almeno 31.000 persone potrebbero non far rientro in un periodo di tempo breve: 22.000 fuggite dall'Ossezia del Sud, 8000 da aree inaccessibili della zona cuscinetto e 1000 dall'Abkhazia.

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