www.unimondo.org/Notizie/America-Latina-nuove-speranze-per-il-2006-52513
America Latina, nuove speranze per il 2006
Notizie
Stampa
Per l'America Latina il 2006 si sta aprendo con speranze che possono favorire il cambiamento, a partire dal protagonismo dei movimenti sociali e popolari, in primis l'elezione del nuovo Presidente della Bolivia, Evo Morales. La novità più rivoluzionaria giunge infatti dalle latitudini andine con la vittoria di un leader indigeno e cocalero, espressione innovativa di un nuovo "socialismo comunitario" basato sulla comunità; "è un modello economico che si fonda sulla reciprocità e la solidarietà e il consenso (per noi la democrazia significa consenso), rispettando la madre terra, la Pachamama. Non è possibile che dentro al modello neoliberale si converta la madre terra in una mercanzia" sottolinea Evo Morales dialogando con Heinz Dieterich (vedi allegato) sul significato di un nuovo Blocco Regionale di Potere (di cui discutemmo in un interessante seminario a Quito nel luglio 2004 in occasione del primo Forum Sociale delle Americhe, organizzato dall'amico Alexis Ponces) che costituisce un'alternativa di governo popolare nell'asse tra Venezuela, Cuba, Bolivia, Argentina, Brasile, Uruguay; un nuovo patto rivoluzionario che preoccupa anche la Casa Bianca perché si restringe la sua egemonia con l'elezione di governi di sinistra in America Latina.
Tra gli argomenti più pericolosi viene considerata la questione della coca nella cosmovisione andina. Un referendum sul controllo delle piantagioni di coca: sarà una delle prime iniziative del nuovo presidente boliviano, l'ex coltivatore di coca Evo Morales. Il leader indio nelle prime dichiarazioni ha voluto spiegare che "la coca non è la cocaina. ll produttore della foglia di coca non è narcotrafficante". E ha aggiunto che sui destini dei campi di coca "è importante sentire il parere della gente". La Bolivia attualmente limita la produzione di coca con la campagna "coca zero", finanziata dagli Usa. Morales ha spiegato che il suo governo intende studiare un possibile aumento delle coltivazioni di coca per uso tradizionale, combattendo invece produzione e traffico di cocaina.E' la stessa posizione sostenuta dal Deputato boliviano (e cocalero) Dionicio Nù㱀ez anche nel contro-forum organizzato a dicembre a Palermo in occasione della Conferenza nazionale sulle droghe.
"La vittoria di Morales non è però che la prima tappa di un lungo e tortuoso processo di formazione di un governo che dovrà essere seguito da vicino e sostenuto affinché il programma del Presidente Morales possa essere tradotto in riforme di progresso e libertà in una rivoluzione verde nonviolenta. Affinché questo possa iniziare, occorrerà che tutti gli amici dei campesinos e cocaleros agiscano sui propri governi al fine di complementare le decisioni boliviane volte alla produzione legale della coca, dei suoi derivati non narcotici, nonché la loro esportazione, con l'avvio di una seria e scientifica valutazione delle politiche globali di "controllo delle droghe" per passare con decisione a una radicale revisione delle tre convenzioni ONU sugli stupefacenti.", è questa la sintesi del messaggio che accomuna forze politiche europee come i VERDI, la Sinistra Europea GUE e i Radicali.
"Perdono gli Stati Uniti per le tante umiliazioni e le tante accuse lanciate contro di me; perdono perché bisogna scommettere sul dialogo nella ricerca della pace e della giustizia sociale⅀ Dal Sudafrica voglio dire al governo degli Stati Uniti e al dipartimento di Stato che noi, il movimento indigeno, siamo una cultura di dialogo". Con queste parole pronunciate a Pretoria l'11 gennaio al termine della sua visita di due giorni in Sudafrica il neo-presidente eletto boliviano Evo Morales ha accolto la timida offerta di dialogo lanciata dal dipartimento di Stato Usa due giorni fa, rilanciando, ma non senza porre dei paletti: "Noi non vogliamo dialogo né relazioni internazionali caratterizzate da sottomissione o subordinazione" ha aggiunto il primo leader indigeno mai salito alla presidenza della Bolivia.
Giungono speranze sulla lotta contro l'impunità dei crimini della dittatura militare anche sull'Argentina: l'11 gennaio il pubblico ministero della 'Audiencia Nacional' di Madrid Dolores Delgado ha chiesto una condanna fino a 17.010 anni di carcere per l'ex-capitano di corvetta della Marina argentina Ricardo Miguel Cavallo accusato di genocidio durante l'ultima dittatura militare (1976-'83). A Cavallo vengono attribuiti sette omicidi, 150 casi di abusi e lesioni personali e 400 atti di concorso in terrorismo. Secondo l'accusa, l'ex-ufficiale, conosciuto con gli alias di 'Miguel Angel' o 'Serpico', fece parte del temuto 'Grupo de tarea 3.3.2' della Scuola di Meccanica della Marina di Buenos Aires (Esma), noto centro di detenzione clandestina della capitale dove transitarono almeno 5.000 'desaparecidos'; sarebbe implicato in 227 'sparizioni forzate', 110 sequestri e torture e 16 arresti di donne incinte, i cui figli furono dati in affidamento a famiglie di militari. Arrestato in Messico nel 2000, Cavallo fu estradato in Spagna nel 2003 su richiesta del giudice Baltasar Garz㳀n. Va ricordato che con l'approvazione della riforma giudiziaria dell'ottobre scorso, la Corte Spagnola è stata investita dal diritto di giudicare i crimini di guerra anche fuori dai propri confini e anche senza un coinvolgimento di vittime spagnole. E così, dopo i fascicoli aperti sulle dittature cilena, argentina e guatemalteca e sul genocidio ruandese del 1994, Madrid ha recentissimamente aperto un nuovo caso sulle violazioni dei diritti umani nel Tibet occupato dalla Repubblcia Popolare Cinese.
Invece dalla Colombia giungono notizie di continue e sistematiche violazioni dei diritti umani, di massacri che colpiscono leader indigeni, sindacalisti (ed è importante la campagna di boycot alla Coca Cola in occasione delle Olimpiadi invernali a Torino), di religiosi (il Papa Benedetto XVI ha denunciato che nel 2005 sono stati uccisi cinque sacerdoti colombiani), difensori dei diritti umani, come ho evidenziato all' Osservatorio Mondiale per la protezione dei difensori di diritti umani che ha richiesto la mia collaborazione per l'elaborazione del rapporto annuale che tra breve verrà presentato alle Nazioni Unite.
Il 14 dicembre il Colectivo de Abogados "José Alvear Restrepo" ha festeggiato a Bogotà il suo 25 anniversario di lavoro per la prevenzione e difesa e promozione dei diritti umani in Colombia; in questa occasione ha lanciato la nuova pagina web che contiene anche una mia intervista con Alirio Uribe, figura di spicco del collettivo e Vice Presidente Mondiale della Federazione Internazionale dei diritti umani FIDH.
Sono stati presentati anche tre nuove pubblicazioni del Collettivo di avvocati: "Gotas que agrietan la roca" che contiene tutto il caso relativo al massacro di Mapiripan dove la Corte Interamericana ha chiesto l'arresto preventivo di Salvatore Mancuso, capo dei paramilitari colombiani, con passaporto italiano, sotto processo anche in Italia per narcobusiness con la ndrangheta calabrese; "Tejiendo redes de esperanza con memorias" si riferisce ai crimini contro l'umanità nei confronti del popolo colombiano negli ultimi decenni, e analizza anche i meccanismi di impunità che hanno favorito coloro che l'hanno perpetrata, violando i diritti delle vittime alla verità, alla giustizia e alla riparazione integrale.
Gloria Cuartas, ex sindaco di Apartado, segretaria nazionale del "Frente social y politico" candidata al Senato per il Polo Democratico Alternativo, lista UNIDAD mi ha scritto l'11 gennaio chiedendo l'appoggio a reti di donne e politici in questo percorso di impegno politico. Gloria continua a ricevere pesanti minacce e intimidazioni per la sua scelta di vita in favore della pace, come ha documentato un appello urgente dell' Osservatorio Mondiale per la protezione dei difensori di diritti umani da Ginevra, a cui ho contribuito nella sua redazione.
Preoccupazioni giungono anche dal Perù dove si sta concludendo disastrosamente il mandato del presidente Toledo consegnando il paese andino nelle mani di una corruzione dilagante che addirittura pretendeva sfacciatamente il ritorno dell'ex dittatore Fujimori, ora arrestato a Santiago del Cile in attesa dell'estradizione, una ferita ancora aperta come ha documentato la Commissione della Verità e Riconciliazione CVR.
In vista delle elezioni presidenziali del 9 aprile l'ultimo inchiesta dell'Instituto Desarrollo e Investigacion de ciencias economicas IDICE di Lima dichiara che Ollanta Humala sia al primo posto con 26.3%, Lourdes Flores al 20,7% e l'ex presidente Alanc Garcia 20,3%. Va ricordata la pericolosità di Humala con il suo progetto etnocentrismo, una forma di nazionalismo esasperato e "leghismo" populista che si fa breccia nei settori più emarginati della società, che aggrava il panorama di un paese già al collasso.
In Ecuador rimane grave l'instabilità del governo Palacio che sta svendendo il paese alle multinazionali del petrolio della Texaco, Oxy, Eni-AGIP malgrado la forte resistenza e mobilitazione dei movimenti indigeni e sociali, in primis Sarayacu, che difendono la vita dell'Amazzonia, come spesso denunciato da Accion Ecologica, Oilwatch, Centro Derechos Economicos y Sociales CDES.
Martha Santillan, amica giornalista portavoce del deputato indigeno Quispe - Movimento PACHACUTIK, mi racconta che "questa settimana abbiamo in cantiere varie mobilitazioni promosse dai movimenti indigeni della CONAIE e ECUARUNARI contro i politicanti del Parlamento e del Governo che sono stati incapaci di realizzare un'Assemblea Nazionale Costituente e Sovrana che il popolo chiede come mandato popolare. Insieme a vari settori sociali ci rimettiamo in marcia contro il Trattato di Libero Commercio, per recuperare il petrolio contro lo sfruttamento delle multinazionali e per esigere una vera Assemblea nazionale Costituente".
Questo modello neoliberale implementato in Ecuador fin dalla dollarizzazione del 2000 ha provocato un' esodo di emigrazione (ben 2 milioni e mezzo di ecuadoriani), a causa dell'impoverimento e dalla miseria di uno stato che paga il 57% del suo Prodotto Interno Lordo per gli interessi del debito estero.
Prima di Natale erano ripresi gli incontri istituzionali tra rappresentanze di Ecuador e Italia per far decollare il progetto della conversione del debito bilaterale canje de deuda. Andrebbe approfondita la relazione tra immigrazione in Italia e la questione del debito estero come analizza il programma www.transmigrared.net TRANSMIGRARED in Italia coordinato da Queirolo Palmas e dal www.csmedi.it Centro Studi MEDI di Genova, considerando anche un fenomeno recente ma particolarmente simbolico: l'esportazione delle bande giovanili pandillas di Guayquil a Genova, dove si concentra un terzo di tutta l'emigrazione equatoriana in Italia (ben 60.000 persone).
Soffiano venti di speranza anche in Cile, con l'elezione della prima donna presidente Michelle Bachelet, socialista, torturata durante il golpe del '73, ha fatto sapere che "metà dei suoi ministri saranno donne", un'altra rivoluzione nella mentalità "macista" in America Latina e non solo: speriamo che un governo nelle mani del sesso una volta debole possa riportare giustizia e verità non solo sugli anni bui della dittatura di Pinochet (ero a Santiago nel novembre 2004 durante la presentazione del rapporto WALECH sulla tortura di stato e la violenza politica e ho toccato con mano l'urgenza della memoria e della lotta contro l'impunità) ma anche oggi nei confronti dei popoli mapuches, oggetto di una vergognosa repressione anche durante i governi "democratici" di transizione...
Questo protagonismo al femminile può disegnare dei parallelismi anche con la nostra realtà italiana, penso alle primarie in Sicilia e alla grande mobilitazione dal basso che sta accompagnando Rita Borsellino, vice-presidente di LIBERA nella campagna per le elezioni regionali, un volto nuovo, una donna che proviene dalla società civile organizzata nel contrastare la mafia per costruire un nuovo progetto di cittadinanza e di sviluppo dal Sud.
Rovesciando le latitudini perché l'autodeterminazione dei popoli è un principio da salvaguardare ovunque, la disobbedienza civile, la resistenza e la difesa popolare non violenta espressa a Val di Susa per contrastare il progetto TAV, è la stessa mobilitazione popolare dei popoli campesinos, indigeni, senza terra contro i grandi mega-progetti come per esempio in BRASILE per la costruzione di dighe per l'energia idroelettrica. Stessa arroganza da parte delle istituzioni, dei centri di potere economici, locali e internazionali, stessa retorica sul progresso e lo sviluppo, stessa violenza gratuita sulle popolazioni.
Analoga situazione si ripete nel nordest brasiliano con il caso del fiume San Francisco, come ha denunciato Alzeni Tomaz, dirigente federale della regione NORDESTE 2 della Commissione Pastorale della TERRA CPT (legata alla Conferenza Episcopale Brasiliana), minacciata di morte dai fazenderos. La stessa CPT insieme al Movimento dei Senza Terra MST ha elaborato un documento di bilancio sulla "mancata" riforma agraria nel 2005, una spina nel fianco per il governo LULA, ricordando vari martiri per la terra come la missionaria Doroty May Stang (uccisa proprio un anno fa, di cui ho scritto nei miei reportage da Rio de Janeiro): "la campagna esige cambiamenti strutturali per risolvere i problemi del popolo contro il neoliberismo e l'agronegozio".
Fra pochi giorni a Caracas (Venezuela) si aprirà il secondo forum Sociale delle Americhe, dopo il forum di Quito nel luglio 2004. Anche questa volta l'Osservatorio SELVAS vi aggiornerà "in diretta"; ho già ricevuto inviti a vari dibattiti organizzati da JUBILEO SUR sulla questione del debito estero, da OILWATCH sui conflitti socio-ambientali, dai Movimenti NATs sul protagonismo dell'infanzia, per il secondo incontro Latinoamericano di Avvocati e difensori dei diritti umani e dalla rete di organizzazioni che si occupano di multinazionali tra Europa e Latinoamerica che per maggio sta organizzando a Vienna un Tribunale etico. OTRA AMERICA ES POSIBLE!
di Cristiano Morsolin, educatore e operatore di reti internazionali. Co-fondatore dell'Osservatorio Indipendente sulla Regione Andina SELVAS, lavora in America Latina dal 2001
16 gennaio 2006.