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Allarme coste del Nord africa occidentale
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Della devastante Siccità del Sahel, verificatasi intorno il ’65 nei paesi del sub-sahariani, ormai non se ne parla da tempo. A mala pena si ricordano i suoi effetti devastanti: circa 1 milione di morti e 50 milioni di persone in carestia. Numeri che fanno rabbrividire e che hanno interessato le più grandi organizzazioni mondiali per affrontare l’emergenza umanitaria.
L’abuso spropositato dell’energia, lo sfruttamento delle risorse naturali, la continua nascita di industrie, il trasporto internazionale verificatisi principalmente nei paesi dell’Europa e dell’America negli gli anni ’60 e ‘70, sono state la causa dei cambiamenti climatici, il cui effetto si avverte particolarmente in quegli ecosistemi fragili e suscettibili, come il Sahel. L’aumento delle temperature e la diminuzione delle piogge, sono i fenomeni climatici più noti della siccità, che provocano la desertificazione delle foreste, l’erosione dei terreni, la perdita dell’agricoltura e la riduzione delle risorsa idrica, la cui conseguenza diretta si riversa sull’ecosistema vegetale e sulla popolazione.
Nonostante gli interventi mirati nel Sahel e le convenzioni internazionali per la riduzione dei consumi e dell’inquinamento globale, gli effetti devastanti di quel periodo di forte siccità hanno portato ad uno stravolgimento totale di alcuni ecosistemi. In questo articolo si parla dei paesi del nord Africa occidentale, quali Senegal, Gambia e Guinea-Bissau aventi tutti analoghe caratteristiche ambientali e morfologiche.
Tali luoghi sono privi di catene montuose, così il territorio è in buona parte pianeggiante. I fiumi Gambia, Casamance, Cacheu, Corubal hanno la classica foce ad estuario, ovvero una zona lagunare in cui acque dolci e salate si miscelano dando vita ad un particolare e raro microclima, ricco di specie vegetali e animali uniche. Le mangrovie rhizophora per esempio sono tipiche di questo territorio, esse costituiscono una risorsa inestimabile per l’ambiente, in quanto trattengono il terreno tipicamente argilloso isolando l’estuario dal mare e forniscono importanti alimenti per bivalvi e pesci, ma sono altrettanto importanti anche per la gente locale che usa i rami per l’artigianato e le foglie come erbe medicanti.
La caratteristica pianeggiante di questi bacini idrici, permette alle maree dell’Oceano Atlantico di entrare nell’estuario e parzialmente nei loro fiumi. Prima della siccità il flusso del fiume era tale da fermare la risalita delle maree all’altezza dell’estuario, ma oggi con la siccità il flusso del fiume, considerevolmente indebolito, viene vinto dalle maree che lo risalgono sino a 250km dalla foce, nel caso del fiume Casamance. I bacini di questi fiumi sono dal punto di vista idrogeologico come una successione di imbuti, dove l’acqua salmastra entra e non riesce più ad uscire, depositando continuamente sale. L’aumento delle temperature quindi dell’evaporazione, e la diminuzione delle piogge fa aumentare la quantità di sale dell’acqua. La conseguenza è che le acque di questi fiumi sono tra 3 e 5 volte più salate del mare, ciò distrugge la vegetazione in prossimità del fiume, favorendo quindi l’erosione e la desertificazione, uccide bivalvi, pesci e gamberetti importantissimi per l’ecosistema dei fiumi, dell’estuario e per la vita della popolazione che vive a ridosso dei fiumi. E’ un disastro ecologico che comporta drammatiche conseguenze per le comunità e i villaggi di queste regioni, che devono far fronte a una desertificazione, erosione e perdita di risorse alimentari ed economiche fondamentali.
Le aree limitrofe a questi fiumi, come defluenti o vallate in depressione, sono peraltro bacini potenzialmente coltivabili o aree di folta vegetazione, che risentono anch’essi degli effetti devastatori del sale. Tanto che le popolazioni locali chiamano il sale “demone”, perché in modo diretto e indiretto causa tutti i problemi locali.
Questo fenomeno è definito “intrusione salina”. Analisi e studi effettuati da professionisti di vari enti e organizzazioni umanitarie, come l’Associazione Balouo Salo, attestano che tale fenomeno di salinizzazione del fiume è un fenomeno irreversibile, a meno che si verifichi un amento del 300% delle piogge, cosa che purtroppo difficilmente potrà avvenire.
Nel fiume Senegal, per risolvere il problema, è stata realizzata una grande diga finanziata dalla diverse organizzazioni mondiali. Il progetto però difficilmente potrà ripetersi, soprattutto in aree prettamente rurali dove non vi sono particolari interessi; così nei fiumi come il Casamance, la comunità rurale deve fronteggiare quotidianamente il problema, a rischio della propria vita. L’unica soluzione sostenibile ed economica è il recupero delle singole vallate o dei singoli bacini, con piccole opere puntuali che isolano i terreni coltivabili dalle maree e al tempo stesso li bonificano, secondo il convincimento pure di specialisti locali come nel caso del dott. Moussa Soaune, presidente della Camera di Commercio, Agricoltura e Industria di Sedhiou (Senegal). Come nel caso del progetto Balouo Salo, adottato dalla regione stessa Regione di Sedhiou.
Il Casamance, il Gambia, il Guinea, luoghi meravigliosi dove una volta la savana regnava incontrastata, dove una volta gli elefanti venivano rincorsi dai leoni, oggi sono deserti. Gli animali emigrano verso le foreste del sud, Baobab centenari muoiono, frutti tropicali si estinguono e la popolazione emigra, ciò che resta è solo il ricordo di quello che c’era. La speranza è che progetti cooperati puntino al recupero e la bonifica di queste terre, per preservarne le pregevolezze naturali e culturali.