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All’ONU è in scena l’Italia giallo-verde di Conte
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La 73esima sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, tenutasi dal 26 settembre al primo ottobre a New York, è stata focalizzata sull’“esigenza di avvicinare l’Organizzazione delle Nazioni Unite alle persone e ai loro bisogni attraverso un multilateralismo costruttivo e fondato su responsabilità condivise”. Una lunga frase per indicare dunque la necessità di una maggiore comunicazione dell’Organizzazione ai cittadini del globo sulle proprie azioni, una più ampia compartecipazione alle stesse e un multilateralismo ben fatto, in cui ogni Stato del pianeta si assuma le proprie responsabilità in relazione ai grandi temi dell’attualità: ambiente, diritti umani, sviluppo economico e del capitale umano, giustizia sociale. Un po’ come ricordare a tutti gli Stati membri dell’ONU il loro impegno all’attuazione degli obiettivi inseriti nell’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile.
Come di consueto, i 193 grandi della terra, ossia i capi di Stato o di governo, hanno preso a turno la parola sul palcoscenico globale offerto dal consesso mondiale. È stato però il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, a inaugurare la sessione rivolgendo alla platea una cruda riflessione: il mondo soffre di un brutto caso di “disturbo da deficit di fiducia” a cui occorre rispondere con una sola medicina: il multilateralismo, inteso come un concordare e prendersi cura, insieme, della pace e della sicurezza internazionale del mondo intero. Un invito ben accolto da alcuni leader, come il presidente francese Emmanuel Macron che dinanzi alla platea globale ha affermato che occorre opporsi alla tentazione della legge del più forte che oggi si vive, dell’unilateralismo che porta inevitabilmente al conflitto, al tutti contro tutti. Della stessa opinione anche il presidente iraniano Hassan Rouhani, convinto che opporsi al multilateralismo non sia un segno di forza quanto piuttosto di debolezza dell’intelletto, di un’incapacità di comprendere un mondo complesso e interconnesso come quello odierno. Di opinione diversa altri relatori, tra cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, le cui parole sono invece andate a rimarcare la volontà del suo governo di abbracciare “la dottrina del patriottismo” che va difesa dalle minacce alla sovranità levate dalla globalizzazione e da forme di “coercizione multilaterale”.
Per la prima volta a parlare per conto della Repubblica italiana è il neoPresidente del Consiglio Giuseppe Conte, intervenuto in Assemblea Generale il 26 settembre. Accodandosi alla tradizionale politica estera del Paese, il Premier si è detto immediatamente “accanto e per le Nazioni Unite” con un impegno attivo su sicurezza, difesa della pace e dei valori che meglio la preservano, promozione dello sviluppo e dei diritti umani. Assicurare condizioni di vita eque e dignitose a tutti i cittadini è stata indicata come la priorità del governo da lui guidato e, collegandola a tale azione, il Presidente del Consiglio Conte ha ricordato che l’Italia ha avanzato la candidatura a membro del Consiglio dei diritti umani in questo solenne 70esimo anniversario della proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani. Ha ricacciato le accuse di “populismo e sovranismo” ritrovando nell’articolo 1 della Costituzione repubblicana le indicazioni atte ad agire in nome del popolo italiano. E ancora il professor Conte si riferisce alla Costituzione per indicare il forte ancoraggio del Paese al rispetto dei diritti umani, anche in questo periodo di crisi dell’area mediorientale, di forti migrazioni e di ristagno economico, che non hanno impedito all’Italia di essere l’ottavo contributore al bilancio dell’Organizzazione internazionale e di dare un forte apporto all’azione di peacekeeping.
È sulla situazione nel Mediterraneo che il presidente del Consiglio si sofferma con maggiore attenzione, quella sotto gli occhi del mondo intero. Ricorda la solitaria azione dell’Italia nel salvataggio dei migranti. Ricorda l’apprezzamento ricevuto dagli altri Paesi dell’Unione Europea per l’impegno profuso. Ricorda che è importante convergere verso un’azione più strutturata per far fronte alle migrazioni nel breve, medio e lungo termine. Dimentica le tensioni innescate negli ultimi mesi dalle decisioni del neo ministro degli Interni (e vice-Premier) Matteo Salvini di mediatizzare l’impedimento allo sbarco di alcune barche di migranti naufraghi. Dimentica la campagna governativa di criminalizzazione delle organizzazioni non governative impegnate nei soccorsi in mare, con tanto di sequestro temporaneo delle navi e del personale, nonché le disattente risposte date all’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e ad altre Agenzie Specializzate dell’ONU, preoccupati per l’assenza di trattamento dignitoso nella lunga trafila dell’accoglienza e del riconoscimento della richiesta di asilo. Dimentica, infine, che appena 2 giorni prima, con il cosiddetto decreto su immigrazione e sicurezza (una connessione che già la dice lunga sui contenuti), il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità l’abrogazione dei diritto di asilo per motivi umanitari. Ecco che con tutti questi vuoti di memoria i riferimenti del presidente Conte alla necessità di una responsabilità condivisa regionale e mondiale, alla fierezza dell’azione del proprio Paese, alla necessità di accordi partenariato con i Paesi di origine, di transito e di destinazione dei flussi a tutela della dignità dei migranti appaiono altrettanto vuoti. L’uso politicizzato della tutela dei diritti umani risulta allora un passe-partout per azioni che vanno nella direzione opposta, e che ormai viene apertamente dichiarato anche dinanzi all’opinione pubblica, nazionale e non (non però dinanzi alla platea dell’ONU).
Se questo cambiamento nel mondo auspicato dal presidente Conte è “analogo allo spirito del cambiamento del governo da lui guidato”, come dichiarato, direi che c’è di che preoccuparsi.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.