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Aleppo, la porta della Pace
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Foto: M. Canapini ®
La città di Aleppo è sotto costante bombardamento da due settimane. Al di qua della frontiera turca piove fuori e dentro, sopra fornelli, scarpe, negli angoli bui gonfi di muffa. Non c’è troppa differenza coi campi sfollati siti poco oltre la collinetta di confine: a rimpiazzare le tende marce, scheletri di case. Teli logori e pezzi di lamiera arrugginita fungono da riparo.
Gli aliti freddi dell’inverno bussano sulle porte di compensato. “Eravamo seduti alla nostra tavola, un giorno qualunque nel pieno della guerra. Un boato ha scosso l’aria e dal terrazzo di casa abbiamo visto piovere un barile incendiario proprio sopra al nostro condominio. Siamo scappati così come eravamo, senza abiti, coperte, cibo. Ora non ho soldi nemmeno per comprare della frutta a mio figlio” racconta una mamma, mostrando i palmi delle mani vuote. Il figlio più piccolo mordicchia la buccia di un’arancia. Mancano materassi, coperte, vestiti pesanti. Fuori dall’abitato un ragazzo zoppica sotto la pioggia.
Nel campo di Bab Al Salam, che in arabo significa “la porta della pace”, hanno trovato rifugio circa 13.000 persone, provenienti da Aleppo e zone limitrofe, da paesini disastrati dove il fango scorre come fiumi impetuosi. Nei posti di blocco, pochissime domande e ancor meno risposte. I miliziani rimangono immobili e torvi, nascosti dietro i sacchi di sabbia. Al centro di una rotatoria, poco oltre il cancello d’uscita del campo, svolazzano due bandiere nere del fronte Al Nusra, un folto gruppo armato affiliato ad Al Qaeda. Inoltrandomi nel cuore dell’accampamento, colgo tante cose: fossati di acqua salmastra, bambini soli, un minareto.
Per caso conosco Isham, 33 anni, il quale lavorava come insegnante in una scuola di Azaz. Condivide la sua storia con una sigaretta a penzoloni sulle labbra: “Vivo qui da più di un anno. Prima ho combattuto al fronte per sei mesi e sono stato ferito ben tre volte: nel polso, nell’avambraccio e nel petto. Le cose ora sono cambiate drasticamente, anche con la presenza di pericolosi gruppi integralisti. Isham parla con calma, aspirando grandi boccate di fumo e rigettandole all’esterno dalle narici del naso adunco...
Il fotoreportage segue su Atlanteguerre.it
Matthias Canapini

Matthias Canapini è nato nel 1992 a Fano. Viaggia a passo lento per raccontare storie con taccuino e macchina fotografica. Dal 2015 ha pubblicato "Verso Est", "Eurasia Express", "Il volto dell'altro", "Terra e dissenso" (Prospero Editore) e "Il passo dell'acero rosso" (Aras Edizioni).