www.unimondo.org/Notizie/Alca-un-fallimento-che-sa-di-successo-53963
Alca, un fallimento che sa di successo
Notizie
Stampa
Il nulla di fatto con il quale si è concluso il contestato Vertice delle Americhe svoltosi a Mar del Plata, in Argentina, è stato interpretato in modo molto diverso dai vari protagonisti dell'evento: George Bush e i suoi satelliti politici sono tornati a casa senza essere riusciti a piegare il fronte anti ALCA, l'area di libero scambio tra l'Alaska e la Terra del Fuoco, formato dal Mercosur allargato al Venezuela. Quest'ultimi invece, che hanno trovato un loro equilibrio tra le posizioni pragmatiche di Lula e Kirchner e quelle populiste di Chavez, incassano un sicuro successo rimandando, forse all'infinito, l'idea di un mercato continentale pensato tutto a favore degli Stati Uniti..
"Sono piuttosto stupito, qui è successo qualcosa che non avevo previsto", è stato l'ultima frase rivolta a Nestor Kirchner, il presidente argentino anfitrione del IV Vertice delle Americhe, da un cupo George Bush in partenza anticipata per il Brasile. Cosa era successo? Semplicemente che ancora una volta Washington non è riuscita ad imporre un'agenda certa per riaprire il dibattito sulla costituzione dell'ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), una proposta risalente ormai al 1994. Il fronte anti Alca è consistente e agguerrito e vede in prima fila il Mercosur (Mercato Comune del Sud America), di cui fanno parte Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e da dicembre Venezuela, tanto che l'istrionico presidente del Venezuela Hugo Chavez ha definito se stesso e gli altri 4 presidenti del Mercosur i "cinque moschettieri". E qualcosa di veritiero c'è in quest'immagine settecentesca, perché si sono scontrati in modo anche aspro, con i loro 28 colleghi americani (inclusi gli USA), che erano invece intenzionati a fissare subito un calendario per raggiungere la firma definitiva dell'ALCA. Il portavoce ufficioso di Bush durante i giorni del negoziato, è stato il messicano Vicente Fox, il quale ha minacciato la formazione di un ALCA che escludesse i paesi Mercosur, posizione in realtà già espressa dal più influente opinionista statunitense su questioni americane, Andres Openheimer del Miami Herald, il quale aveva ammonito i leader del Mercosur con parole pesanti: "Se pensano, anche per un solo minuto, che possono competere nell'economia globale e ridurre la povertà senza accesso preferenziale all'economia più grande del mondo, si stanno auto-ingannando. Diverranno irrilevanti e più poveri". La controtesi dei paesi Mercosur è che questa proposta di libero mercato non risolve le assimetrie economiche all'interno del continente americano e avvantaggia soltanto l'imprenditoria statunitense senza grandi possibilità di reciprocità. Questo soprattutto perché i prodotti alimentari elaborati latinoamericani difficilmente riuscirebbero a superare gli standard qualitativi richiesti negli USA, mentre le materie prime grezze nono sono in grado di concorrere su un mercato nel quale vengono fortemente sovvenzionate le produzioni locali. Insomma, grandi affari per l'export USA, magre prospettive per quello latinoamericano.
Il re è nudo
Negli Usa non tutti la pensano come Bush, anzi. L'opposizione democratica, per bocca del leader al Senato Harry Reid, aveva ammonito Bush sui rischi di un fallimento se "continuerà a credere che tutti i problemi dell'America Latina si risolvono firmando un Trattato di Libero Commercio. Quei paesi hanno bisogno di molto di più". L'ex consulente per l'America Latina di Bill Clinton, Nelson Cunningham, ha sottolineato invece l'incongruenza di una politica, quella di Bush, che nel 2005 e per la seconda volta ha tagliato i fondi per la cooperazione con l'America Latina, per poi continuare a parlare di disuguaglianze in Vertici che non vogliono affrontare i problemi di fondo. Per i democratici, la principale preoccupazione nei confronti dell'America Latina è il risorgere di un sentimento anti-americano che si pensava sepolto con la fine della Guerra Fredda, ma che invece, grazie alla politica di Bush concentrata unicamente nel grande gioco iracheno, fa avere a Washington "meno alleati di quanto dovuto", in quel cortile di casa oggi irrequieto. Sarebbe infine velleitario spingere verso un ALCA senza il Mercosur allargato al Venezuela, visto che questi paesi rappresentano il 75% del Sud America e oltre il 50% del PIL complessivo dell'America Latina.
A Mar del Plata un Bush ai minimi storici per quanto riguarda la sua popolarità anche in patria, dopo le denunce di corruzione della sua amministrazione e il disastro iracheno, ha dimostrato ancora una volta la sua scarsa capacità politica e negoziale. Qui non aveva di fronte "l'asse del male", non c'era nemmeno Castro, di terrorismo islamico neanche l'ombra. Si trattava di fare politica, quella vera, e aveva di fronte i presidenti di tre paesi (Venezuela, Brasile e Argentina) dalle dimensioni importanti per l'America Latina, anche se probabilmente insignificanti per gli Stati Uniti. I temi erano quelli eterni a sud del Rio Bravo: lotta alla povertà, lavoro degno, lotta all'esclusione, crescita economica, educazione. Ma su questi argomenti Bush non ha opinioni, né politiche da proporre, nemmeno un "sogno" da vendere. Qualche battuta, qualche pacca sulle spalle, una fuga anticipata a vertice ancora in corso, troppo poco per una potenza mondiale. Sicuramente imbarazzante per un paese che invece di essere ricercato come socio viene respinto.
La bestia nera di Bush in questo vertice è stato il presidente del Venezuela Chavez, di giorno statista e la sera agitatore di folla urlante contro gli Stati Uniti (Alca, Alca Al..carajo!). Secondo il segretario generale dell'Organizzazione degli stati americani (Osa), il cileno Josè Miguel Insulza, "i rapporti tra il presidente americano George Bush e quello venezuelano Hugo Chavez risentono della retorica utilizzata dalle due parti, piuttosto che di fatti concreti. Le relazioni economiche tra Venezuela e Stati Uniti sono le più solide del continente. Sono grandi partner commerciali - ha aggiunto Insulza, secondo il quale sarebbe meglio se ci fosse meno retorica da ambo i lati". E anche questa affermazione fa storia: è la prima volta che un presidente USA viene accusato, alla pari del suo "peggiore" nemico, di fare della retorica dal Segretario di un organismo nato e cresciuto sotto l'ala di Washington.
Le mosse del presidente dell'iperpotenza mondiale sono state difensive, mandando avanti, prima i presidenti delle piccole repubbliche centroamericane che dipendono direttamente dagli Stati Uniti e successivamente il presidente della terza economia continentale, il Messico, senza mai scendere direttamente in una lizza che si annunciava perdente per lui dalle prime battute. E questo perché alla domanda di Lula, il vero vincitore del Vertice, sulla sua disponibilità a eliminare i sussidi all'agricoltura in cambio della riapertura del negoziato ALCA, Bush non è riuscito a rispondere, visto che durante la sua presidenza i sussidi diretti e indiretti alla campagna si sono moltiplicati.
Il treno del 10
La protesta contro la presenza di Bush in Argentina era partita da Buenos Aires, con un treno battezzato "Alba" carico di volti famosi della televisione, dello sport e della politica che ha percorso le periferie della metropoli e gli sperduti paesini della Pampa trovando in ogni stazione manifestazioni di solidarietà. Capeggiati dall'ex capitano della nazionale argentina di calcio Diego Armando Maradona, dal Premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel e dal leader "cocalero" e probabile prossimo presidente boliviano Evo Morales, migliaia di studenti, sindacalisti, attivisti per i diritti umani e no-global sono riusciti a riempire le strade e lo stadio di calcio di Mar del Plata. Davanti a 40.000 persone, il cantautore cubano Silvio Rodriguez ha riproposto le vecchie canzoni di lotta degli anni '70, mentre Manu Chao ha suonato per il sindacato dei pescatori al porto della città. Sotto un cielo plumbeo, gli agenti in assetto antisommossa hanno tenuto i 40.000 manifestanti che scandivano parole d'ordine contro Bush e l'Alca fuori dalla zona protetta. La stampa ha avuto l'opportunità di sbizzarrirsi con i duetti di Chavez, ormai spostato, almeno verbalmente, su posizioni ultra-radicali, e del Pibe de Oro che ha fatto il miracolo di radunare gruppi dell'estrema sinistra, del peronismo e tifoserie organizzate del Boca Juniors. Un'alleanza fuori dal comune che è indicatrice del cambio di sentimento popolare verso la globalizzazione e il neoliberismo economico dopo i disastri degli anni '90. Maradona è stato un assiduo frequentatore della Casa Rosada argentina quando il presidente era Menem, il profeta del neoliberismo corrotto e responsabile del tracollo dell'Argentina nel 2001, oggi - nella sua seconda vita dopo la miracolosa disintossicazione da cibo e droghe - Maradona si vanta della sua amicizia con Castro, con Chavez, con il boliviano Morales e dichiara che Bush è "spazzatura umana e criminale". Quanta gente, grazie a lui, sente parlare per la prima volta di Irak, globalizzazione, ALCA, ecc.? Quanti voti sposta un mito come Maradona in America Latina?
Nubi su Hong Kong
"Cercare di lanciare l'Alca significa complicare le prospettive del Wto" - ha dichiarato a Mar del Plata il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva a poche ore dalla chiusura del Vertice delle Americhe, confermando la sua opposizione al progetto di liberalizzazione dei mercati tenacemente propugnato dagli Stati Uniti. "E' inopportuno discutere dell'Area di libero commercio delle Americhe (Alca), quando sta per iniziare la riunione ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio per sbloccare lo spinoso tema delle sovvenzioni agricole che penalizzano i produttori del Sud del mondo". Parlando a nome dei quattro Paesi del Mercosur, Lula ha aggiunto con un velo di ironia: "Questo vertice si è occupato di tre temi: occupazione, occupazione e occupazione. Non era mai stato detto in alcun momento che si sarebbe ritornati a parlare dell'Alca, per cui se qualcuno ha voluto cercare di introdurlo nel documento finale, è naturale che altri si siano opposti".
Un Vertice anomalo quello di Mar del Plata, contrariamente allo svolgimento di questi eventi elefantiaci, nei quali tutto è stato deciso prima dell'inizio, si è discusso sul serio, si sono formati "partiti", si è avuto un duello diplomatico tra le cancellerie dei principali paesi americani. Si è ripetuto infine lo stesso risultato di due anni fa a Cancùn, quando il gruppo dei G20 (Brasile, Sud Africa, India, Indonesia, Cina, Argentina, ecc.) riuscì a bloccare il negoziato che si era spostato dai sussidi agricoli a una richiesta di maggiori aperture per i prodotti delle potenze industrializzate nel Sud del mondo. Ieri come oggi, i paesi del Mercosur hanno avuto la meglio semplicemente affermando gli interessi delle loro nazioni e non spostandosi di un millimetro da una linea di fermezza che non è difensiva, ma anzi rilancia la palla sul campo dei paesi del Nord che predicano liberalizzazione all'estero, ma continuano a proteggere i loro mercati interni, soprattutto quelli agricoli. Quando tra il 13 e il 18 dicembre si incontreranno i ministri di tutti i paesi del mondo a discutere in sede WTO, è da prevedere che gli stessi nodi di Mar del Plata si riproporranno su scala globale: i paesi del G8 non riescono più da soli a dettare legge in materia economica, i paesi emergenti stanno scoprendo che nel mondo unipolare del dopo Guerra Fredda c'è molto più spazio di prima per negoziare e per costruire nuove geopolitiche economiche, e che il rapporto Nord-Sud non è l'unica via obbligata, esiste anche la dimensione Sud Sud.
Un Vertice che si annuncia difficile e nel quale USA e Unione Europea rischiano di far saltare il negoziato se non accetteranno di eliminare progressivamente le loro sovvenzioni agricole. Se ciò avvenisse, l'interesse dei sudamericani per l'ALCA sarebbe infatti uguale a zero, e di conseguenza, gli sforzi negoziali dei presidenti dell'area si rivolgerebbero ancora di più verso altri paesi come il Sudafrica, l'India e soprattutto la Cina, che segue in silenzio e con grande attenzione questo protagonismo del Mercosur che sta rimescolando le carte di un gioco che sembrava chiuso in partenza.
A Mar del Plata il campanello di allarme è suonato forte per gli USA, a Hong Kong sarà il turno dell'Unione Europea che arriverà dilaniata al tavolo dei negoziati per le polemiche interne sulle concessioni da fare in materia agricola. Ed è questo il grande paradosso del millennio che nasce: in un mondo che si immagina governato da computer, alte tecnologie, satelliti, merci che si spostano lungo tutto il pianeta, a scrivere l'agenda delle potenze mondiali sono ancora i produttori di barbabietole e gli allevatori di bestiame.
di Alfredo Somoza