Albania, viaggio nella fede bektashi

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Foto: Maddalena D'Aquilio ®

Il Centro mondiale dei bektashi è una piccola perla incastonata nella periferia est di Tirana, a circa 20 minuti di macchina da Piazza Skenderbej. Il quartier generale della confraternita sufi (tariqat), anche detto Kryegjyshata cioè corte generale del padre supremo, si nasconde dietro alti muri di pietra. L’ingresso è costituito da un grande portone di legno che dà su una strada lastricata e costeggiata da pini rigogliosi. Una guardia mi vede e mi saluta – Miremenjes! –, continuando tranquillo nelle sue faccende. Ciò che stupisce immediatamente è la tranquillità del silenzio che circonda questo luogo. Il caotico frastuono della capitale albanese sembra molto lontano, l’aria di dicembre è frizzantina e finalmente l’odore dei gas di scarico è scomparso. 

Fin da subito ho l’impressione che questo sarà un viaggio dentro al viaggio, in tempi e luoghi che non avrei mai sospettato di incontrare. 

Supero il piccolo parco e scorgo un edificio rettangolare rosa sulla destra, che intuisco essere la residenza dei membri della confraternita. Il clero bektashi si divide in due categorie: i baba sono a capo delle teqqe (i luoghi di culto) e i dervisci studiano per diventare religiosi e assistono i baba nelle loro funzioni. 

Davanti a me appare maestosa la teqqe, dove i bektashi si riuniscono in preghiera. La struttura circolare senza minareto è circondata da un porticato di colonne marmoree e domina un giardino florido. 

Un derviscio mi conduce nel museo sotto la teqqe, una sala ovale nella quale viene ripercorsa la storia della confraternita. 

La fondazione dell’ordine risale al XIII secolo e viene attribuita al persiano Hunqar Hajji Bektash Wali. Figlio di un proprietario terriero, Hajji Bektash mostrò già in tenera età uno spiccato interesse per la vita religiosa e, in particolare, per la via mistica. Trasferitosi in Turchia, riuscì a far costruire la sua prima teqqe e costituì il nuovo ordine. Ma ad organizzare la confraternita fu uno dei suoi successori, Ballem Sultan, che divenne una figura prominente nel mondo islamico, tanto che fu invitato a palazzo dal sultano Bayazid I (1389-1402), il quale avrebbe aderito a questa corrente. 

La pratica si inscrive nel misticismo islamico di derivazione sciita e si diffuse soprattutto nell’area dell’Anatolia e nei Balcani. Vide una grande adesione da parte dei giannizzeri, l’esercito del sultano ottomano. In questo contesto la pratica si contaminò con culture e religioni diverse, dando luogo ad un sincretismo religioso che è, ancora oggi, una delle caratteristiche del movimento. 

La vicenda dei bektashi è strettamente connessa a quella del corpo di fanteria ottomano soppresso negli anni ‘20 dell’800, perché ritenuto sovversivo e pericoloso dalla Sublime Porta. 

Iniziò così anche il declino dei bektashi, che furono costretti a rifugiarsi nelle zone più remote del territorio imperiale. Un secolo più tardi la Turchia moderna, sotto la guida di Mustafa Kemal Atatürk, abolì definitivamente l’ordine. 

Fu allora che la neonata Albania accolse la confraternita con il beneplacito di Re Zog I. Ma anche questo periodo di tranquillità era destinato a concludersi con l’ascesa del dittatore comunista Enver Hoxha nel 1944. Il dittatore dichiarò l’Albania primo Stato ateo per costituzione nel 1967, vietando ogni culto, libro o immagine sacra. I cleri di tutte le religioni vennero perseguitati e uccisi e anche i bektashi subirono la stessa sorte, fuggendo in esilio in Kosovo e a Detroit negli USA, o continuando a praticare la loro fede di nascosto per cinquant’anni.

Un impiegato mi raggiunge e mi conduce nella piccola libreria adiacente al museo. Lì sono custoditi il Corano e i testi appartenenti alla mistica, alla letteratura e alla poetica islamica. Alcuni di questi testi possono essere presi in prestito. 

Infine accedo alla teqqe risalendo una scala interna. Sebbene sia una costruzione recente, mi appare come un luogo suggestivo: ampie vetrate inondano di luce la grande sala circolare, percorsa da imponenti colonne verdi che sorreggono dodici archi che, a loro volta, sostengono la grande cupola centrale. Su ogni arco c’è scritto il nome dei 12 Imam discendenti dal Profeta che – secondo lo sciismo – guidano la comunità islamica (Umma).

Le pareti sono adornate con disegni arzigogolati blu che vanno a formare dei fiori verdi. L’impiegato mi spiega che tutte le pareti della teqqe sono completamente rivestite da mosaico. Le sedie sono rivolte a est verso il pulpito da dove vengono celebrate le liturgie e a cui uomini e donne partecipano insieme. 

In una piccola struttura vicina alla teqqe (a cui si accede togliendosi le scarpe) sono conservati i resti dei baba defunti che i fedeli vengono ad onorare, recitando delle preghiere. La comunità dei credenti è composta da due gruppi di persone: gli ashik discendono da famiglie bektashi e i muhib sono coloro i quali hanno scelto di diventare bektashi attraverso ilnasib, una sorta di battesimo. Oggi si stima che il numero di bektashi sia 7 milioni. I fedeli non devono rispettare le cinque preghiere al giorno e possono bere alcolici, mentre le donne non devono portare il velo. 

Ogni mese di agosto i fedeli si recano in pellegrinaggio sul monte Tomorr, vicino a Berat, presso la Teqqe di Kulmak per commemorare la morte del santo Abaz Aliu e chiedere salute e pace per le loro famiglie. L’altra grande festa è a marzo, ed è quella di Sultan Nevruz, il capodanno persiano, che festeggia l’arrivo della primavera. In questa occasione si mangia l’ashure, un dolce tipico fatto di cereali e frutta secca bagnati nell’acqua e zucchero.  

Nel corso della visita del 2014, Papa Francesco incontrò anche Baba Mondi – il dedebaba cioè il capo dell’ordine dei bektashi – ed elogiò il clima di tolleranza nel piccolo Paese delle Aquile. Tolleranza, libertà e rispetto sono i valori portanti del sufismo bektashi, valori condivisi da tutte le fedi in Albania, dove le religioni sono abituate a convivere pacificamente da centinaia di anni.

Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.

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