Albania: i diktat del Fmi al governo Berisha

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Un duro faccia a faccia tra il nuovo governo di Sali Berisha e la delegazione del Fondo monetario internazionale è sfociato in un aut aut imposto dal FMI al governo di Tirana - riporta Indrit Maraku dell'Osservatorio sui Balcani. Tornato al potere promettendo una forte riduzione di tasse, il premier Sali Berisha ha dovuto fare i conti con il "no" assoluto del FMI e ricorrere ai ripari annunciando che nella finanziaria del 2006 non ci sarà nessuna riduzione.

Come se non bastasse, la delegazione del FMI ha fatto pressioni per far accettare al neo premier il cosiddetto "parco energetico" nella baia di Valona, progetto voluto invece dalla Banca Mondiale e dal FMI che erano riusciti a convincere l'ex governo socialista di Fatos Nano. E prima di lasciare la capitale albanese la delegazione del FMI ha dichiarato di aver posto ben 76 condizioni al governo di Tirana, prima di passare al rinnovo dell'accordo di collaborazione con il Paese che entrerà in vigore tra tre anni.

La stampa ha mostrato di non aver gradito per niente quelle che ha definito "minacce del FMI". E nello spirito di ribellione, l'esempio offerto dai quotidiani locali è stato quello della Romania e della Bulgaria che hanno già rifiutato i consigli forniti dal Fondo. "Diktat", "pressioni", "minacce", "sfiducia" sono alcune delle parole più usate dai giornali che hanno seguito l'intera vicenda con molta attenzione. Secondo l'analista Feti Zeneli, uno dei più duri con i suoi interventi, il "violento controllo del FMI di questi ultimi 14 anni" si doveva attenuare, ora che l'economia del Paese è da sei anni che dà segni di stabilità, con l'inflazione sotto controllo e una crescita economica del 6%.

Sebbene i vecchi problemi tra l'organismo internazionale e il "ribelle" Berisha sian noti a tutti, secondo diversi analisti non sono da imputare solo alle truffe finanziarie. Il vero motivo della crisi del '96, che portò anche al ritiro della missione del FMI, sembra essere la richiesta (nell'autunno del 1995) da parte del FMI all'allora Primo Ministro Aleksander Meksi, di aumentare l'IVA dal 12,5% al 18% e di aumentare gli stipendi del 10%. Ma le autorità dello Stato, compreso il Presidente Berisha, insistettero di non spostare il livello dell'IVA e di aumentare invece gli stipendi del 25%.

I rapporti con i socialisti invece sembrano essere stati più che ottimi. A partire dal 17 luglio '97 quando con la regia del FMI, dell'UE e della Banca Mondiale si creò il Patto di stabilità per l'Albania, con l'obiettivo di stabilire i parametri macro-economici. Tre furono le misure drastiche che vennero prese dal Fondo monetario internazionale e dal governo di sinistra di Fatos Nano per raggiungere l'obiettivo: aumentare l'IVA dal 12,5% al 20%, bloccare i crediti per le imprese dalle banche di secondo livello e l'aumento con il contagocce delle paghe e degli stipendi. Il consenso dei governi socialisti del dopo '97 fece trasformare la missione del FMI a Tirana in un loro alleato "che li protesse fanaticamente e spesso ingiustamente". "Ora tocca a Berisha decidere sul da farsi - conclude il corrispondente dell'Osservatorio sui Balcani: dovrà scegliere se camminare da solo o farsi portare per mano, e per farlo ha a disposizione i 6 mesi di prova che gli sono stati concessi". [GB]

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