Aids: morte per diplomazia

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"Morte per diplomazia": così Eric Sawyer, attivista sieropositivo americano, ha definito i risultati della II Conferenza dell'Onu sull'Aids conclusa la scorsa settimana a New York. A 5 anni dalla sottoscrizione di un piano globale per far fronte alla pandemia, che nel 2005 ha falcidiato quasi tre milioni di persone, la Conferenza dell'Ungass (la Sessione speciale dell'Onu per l'Aids) ha partorito infatti solo un documento non vincolante. "Scandalosa e mortale", aveva stigmatizzato Kofi Annan la lentezza con cui i governi stanno affrontando il grande flagello che dagli anni '80, quando fu scoperto il virus, ha mietuto più di 25 milioni di vittime. Nel mondo oggi quasi 40 milioni di persone soffrono della sindrome da immunodeficienza acquisita, il vero nome dell'Aids, e due terzi dei malati vivono nell'Africa nera.

Si fa un gran parlare di Aids. Ma solo un sesto degli impegni sottoscritti nel 2001 con il primo Piano d'azione globale sono stati mantenuti. Non sembra peraltro che le cose andranno meglio in futuro. Le reazioni della società civile alla conferenza che ha appena chiuso i battenti sono tutt'altro che entusiaste. "Nessuna reale assunzione di responsabilità da parte dei governi per garantire la prevenzione, la cura, il sostegno ai pazienti" - denuncia il Reverendo Njongonkulu Ndungane, Arcivescovo Anglicano di Città del Capo. "Siria, Egitto, Yemen, Iraq, Pakistan e Gabon hanno bloccato ogni tentativo di riconoscere ed assegnare alle donne la responsabilità di proteggersi dall'infezione" - chiosa Pinar Ilkkaracan, Presidente di Women for Women's Human Rights. Leonard Okello, responsabile di Action Aid International, punta il dito contro i governi africani e parla della loro "micidiale apatia" a fronte di un negoziato "guidato più dagli interessi commerciali ed economici delle grandi potenze che dalle inquietanti statistiche sulla crisi globale dell'Aids".

L'International Aids Society, la più nota associazione di operatori sanitari impegnati contro l'Aids - promotrice della prossima Conferenza mondiale di agosto a Toronto - parla senza sconti di fallimento, di una radicale schizofrenia fra la diagnosi del problema e le terapie adottate per curarlo: misure poco concrete, obiettivi non misurabili, eccessiva vaghezza nella definizione dei gruppi a rischio, preponderante rilievo di una politica americana che punta all'astinenza come soluzione per evitare la diffusione della malattia e criminalizza l'uso del preservativo. Fattori che possono persino indebolire la già fragile politica anti-Aids delle Nazioni Unite, pesantemente condizionata dalle restrizioni finanziarie e dagli interessi delle case farmaceutiche.

La vicenda dell'Aids ha risvolti scabrosi. Per la prima volta nella storia dell'umanità abbiamo i mezzi economici e la ricchezza per combattere le malattie, abbiamo la conoscenza scientifica. Eppure, non era mai accaduto nella storia della medicina che un sistema di cura salvavita non fosse accessibile alla quasi totalità di coloro che ne avrebbero dovuto beneficiare - decine di milioni di persone. Non era avvenuto con i vaccini, né con i primi antibiotici.

Questo squilibrio fatale non è passato sotto silenzio durante la annuale Assemblea dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), riunitasi a Ginevra una settimana prima della conferenza dell'Ungass. Un recente rapporto di una commissione dell'OMS ha messo in evidenza la grave inadeguatezza di una ricerca medica orientata esclusivamente al profitto ed incapace di rispondere ai bisogni vitali di una crescente fetta di popolazione o addirittura del tutto inaccessibile. Mancano fondi sufficienti a finanziare progetti di ricerca per un vaccino contro l'Aids, certo una misura preventiva che potrebbe risolvere drasticamente la prevalenza della malattia nei paesi poveri. I test diagnostici disponibili sono pochi e troppo costosi. Non esistono praticamente formulazioni pediatriche contro l'Hiv, mentre l'88 percento dei 2 milioni di bambini sieropositivi vive in Africa.

Sulla scorta di questa analisi che non fa sconti al rigido regime dei brevetti impostosi nel campo della ricerca medica - che rappresenta uno degli ostacoli all'innovazione scientifica ed all'accesso alle cure - Kenya e Brasile sono riusciti a far passare una risoluzione coraggiosa che chiede la creazione di un gruppo di lavoro degli stati membri dell'OMS per la definizione di politiche nuove nel campo della ricerca, più rispettose del diritto alla salute. Si tratta di un primo passo, sostenuto dalle organizzazioni che lavorano sul campo, per rivendicare la ricerca come bene pubblico globale. Una goccia nel mare, che potrebbe avere - lo speriamo - l'impatto di un'onda anomala. Un'onda, una volta tanto, benefica.

di Nicoletta Dentico del DNDi (Drugs for Neglected Diseases Initiative)

LA SCHEDA

What/Cosa:
L'Hiv è il virus che infetta in maniera definitive a mortale il sistema immunitario. Sono almeno 25 milioni i morti a causa dell'Aids, ma a 20 anni dalla prima identificazione del virus, nessun vaccino è stato ancora identificato, anche se una nuova generazione di farmaci - cosiddetti antiretrovirali - ha drasticamente allungato la speranza di vita dei malati. L'accesso ai farmaci salvavita è cruciale ed è oggi terreno di un durissimo confronto fra le aziende farmaceutiche, che controllano la disponibilità ed il prezzo degli antiretrovirali, e le organizzazioni che si battono per la vita di milioni di sieropositivi nei paesi poveri.

Where/Dove:
Secondo il rapporto dell'OMS, con oltre il 20% dei decessi l'Aids è la prima causa di morte in Africa, seguito dalle malattie respiratorie e dalla malaria. L'Aids ha segnato il necrologio dei decenni dello sviluppo in Africa perché l'epidemia condiziona tutti gli aspetti della vita della popolazione, dalla sicurezza alimentare all'educazione: degli oltre 38 milioni di sieropositivi, 25 milioni vivono nell'Africa sub-sahariana. Il Sudafrica ha il maggior numero di casi al mondo (5 milioni) mentre Botswana, Lesotho e Swaziland hanno la percentuale più elevata in rapporto alla popolazione. Nel 2010 ci saranno 45 milioni di nuovi casi nei paesi a basso e medio reddito: l'India sarà il paese con il più elevato numero di sieropositivi in rapporto alla popolazione, con 20-25 milioni di casi; la Cina ne avrà circa 10 milioni, la Nigeria 10-15 milioni, l'Etiopia 7-10 milioni.

Who/Chi:
Organizzazioni non governative, gruppi religiosi e associazioni di pazienti chiedono il diritto universale alle terapie, un maggiore impegno in termini politici e finanziari da parte dei governi nazionali e della comunità internazionale. Un recente studio di Health Action International ha identificato le 10 sfide che minacciano ancora la lotta all'Aids: 1) inequità nella disponibilità dei farmaci; 2) difficoltà di accesso alle terapie; 3) interruzione della terapia; 4) costo eccessivo della diagnosi; 5) costo dei servizi sanitari; 6) carico di lavoro del personale sanitario; 7) discriminazione contro le persone malate; 8) mancanza di sufficiente apporto calorico; 9) carenza di coordinamento internazionale, 10) insufficiente pianificazione di interventi sostenibili.

Per saperne di più:

Oms: www.who.int
Unnaids: www.unaids.org
Hai: www.haiweb.org
Health Gap: www.healthgap.org
Dndi: www.dndi.org
World Aid Campaign: www.ungasshiv.org
Action Aid: www.actionaidinternational.it
Msf: www.msf.it

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