Aids: la strage silenziosa

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"Mamma, perché qui in Italia non si parla mai di SIDA?" - mi chiede Giovanni, 9 anni, qualche giorno fa. "Già perché?" - mi domando. "SIDA" è l'acronimo francese di "AIDS". In Ciad, il paese dell'Africa Centrale dove abbiamo vissuto in una fraternità missionaria per sei anni, Giovanni sentiva parlare di "SIDA" quotidianamente. Spesso ci faceva domande per chiarire i dubbi che sorgevano durante le discussioni con i suoi compagni di gioco, oppure interveniva durante i racconti serali in famiglia. In quel periodo lavoravo per un servizio della diocesi per l'accompagnamento dei malati di AIDS. Le storie dei pazienti si incrociavano con quelle dei vicini di casa e dei conoscenti che frequentavano la parrocchia. L'AIDS in Ciad era all'ordine del giorno purtroppo non solo per motivi professionali: ogni famiglia aveva un parente o un conoscente colpito.

Quando siamo rientrati in Italia per la nascita dei fratellini di Giovanni, ci sembrava di essere "in vacanza" dall'AIDS. Anche noi ci siamo chiesti come mai non se ne parla visto che è la peggiore pandemia a cui l'umanità deve oggi far fronte. Forse uno dei motivi è che qui in Europa l'AIDS è diventata una malattia cronica, curabile - anche se non guaribile - grazie ai farmaci antiretrovirali. Eppure le statistiche dicono che anche da noi il numero di casi continua inesorabilmente ad aumentare. Ogni anno in Italia vi sono circa 1000 nuove segnalazioni di infezioni da HIV, ma la stima più realistica è di 3-4000 nuovi casi. I sieropositivi sono fra 110 e 130.000. Se la mortalità è diminuita drasticamente, passando dal 60 al 10 percento, gli esperti segnalano però che la metà dei nuovi casi arriva all'osservazione dei medici in stadio già avanzato, sintomatico. E per molti è troppo tardi perché la terapia possa essere efficace. L'epidemia, inoltre, ha già da tempo varcato i confini dei cosiddetti "gruppi a rischio": un numero sempre maggiore di persone si contagia attraverso rapporti eterosessuali, un terzo dei nuovi infetti sono donne.

Questa è la situazione in Italia, non particolarmente tranquillizzante. E in Ciad? Secondo l'UNAIDS, il programma congiunto dell'ONU per la lotta all'AIDS, la frequenza di sieropositivi nella popolazione (quasi 8 milioni di abitanti su un territorio grande 4 volte l'Italia) è intorno all'8 percento. Non ai livelli dei Paesi dell'Africa del sud, dove si arriva al 30 e perfino 42 per cento nello Swaziland, ma quanto basta perché ogni giorno alla radio venga recitata una litania sempre più lunga di necrologi che terminano con la dicitura "décédé d'une longue maladie" (deceduto a causa di una lunga malattia), frase che per tacito accordo indica l'AIDS. Come in tutta l'Africa subsahariana anche in Ciad l'AIDS miete vittime nella fascia d'età più produttiva della società, fra i 15 e i 49 anni; le donne sono più colpite e lo sono prima degli uomini in più giovane età.

Mentre il contagio si sta diffondendo a macchia d'olio, il sistema sanitario ciadiano, già largamente deficitario, rischia la paralisi. Nell'ospedale nazionale della capitale N'Djamena, un terzo dei ricoverati per tubercolosi è anche sieropositivo. Si ammalano i quadri, gli insegnanti, lo stesso personale sanitario, con un impatto sul "sistema-paese", ma anche diretto sulle famiglie: viene a mancare la principale fonte di reddito, e spesso anche quella secondaria, assicurata dalle donne con le attività nel settore informale. Vacilla la principale garanzia della società africana tradizionale, la famiglia allargata, sempre meno in grado di prendersi cura dei bambini rimasti orfani di uno o entrambi i genitori. E capita, come ad un nostro conoscente, di perdere due fratelli in pochi mesi e di doversi far carico di una ventina di "figli" in più. Il tutto provoca aumento dell'abbandono scolastico, della malnutrizione e della povertà che a sua volta alimenta il circolo vizioso del contagio per HIV.

La situazione sta portando al fallimento alcuni programmi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per la diffusione dei farmaci antiretrovirali. Solo meno di un milione di persone, sui 12 che ne avrebbero bisogno, beneficiano di queste terapie. Il direttore esecutivo dell'UNAIDS, Peter Piot, in occasione della Giornata mondiale della lotta all'AIDS lancia lo slogan: "Fermiamo l'AIDS. Manteniamo le promesse". L'impegno della comunità internazionale, infatti, è tuttora deficitario. Ma, ricorda sempre Peter Piot, "dobbiamo andare alla radice dei fattori che provocano l'epidemia, in particolar modo la disuguaglianza fra uomini e donne e la disuguaglianza economica". Forse allora potrei rispondere a mio figlio Giovanni che parlare di SIDA/AIDS, qui in Italia, sarebbe⅀ troppo scomodo.

di EMANUELA SBRISCIA FIORETTI
del Centro Fraternità Missionarie di Piombino

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Cosa:
Il numero delle persone che vivono con l'Hiv/Aids continua ad aumentare: dai 35 milioni nel 2001 ai 38 milioni nel 2003, sino a raggiungere i 40,3 milioni nel 2005. Si stima che oggi gli adulti sieropositivi siano 38 milioni (17,5 milioni sono donne), di cui la maggioranza risiede nei paesi del Sud del mondo. Nel 2005 più di 3 milioni di persone sono morte a causa dell'Aids, fra cui 570mila bambini: in media un bambino ogni minuto. E sono circa 15 milioni i bambini che hanno perso uno o entrambi i genitori a causa dell'Aids: un bambino ogni 14 secondi è cioè "orfano di Aids" e il numero raggiungerà i 25 milioni entro il 2010. In generale i giovani fra i 15 e i 24 anni rappresentano la metà delle persone contagiate e dei 40,3 milioni di sieropositivi nel mondo 2,3 milioni sono bambini. Quasi 5 milioni le nuove infezioni nel 2005, di cui 700 mila riguardano i minori di 15 anni.

Dove:

Il triste primato di morti per Aids appartiene all'Africa subsahariana dove si contano i due terzi dei malati di Aids: nove bambini su dieci che nascono con l'Hiv sono africani. Ma se in Kenya, Zimbabwe, Burkina Faso e alcuni Paesi della Regione Caraibica si registra negli ultimi anni un sensibile calo nella diffusione dell'Hiv, il numero complessivo di sieropositivi è invece in costante ascesa nel resto dell'Africa e del mondo. In particolare la diffusione dell'Hiv è aumentata del 25 percento nell'Europa dell'Est e nell'Asia centrale e orientale. Dal 1982 al giugno 2005 sono stati notificati in Italia 55.286 casi di Aids: Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte sono ai primi posti. E nel solo primo semestre del 2005 in Italia sono stati riportati 789 nuovi casi di Aids mentre il numero di donne sieropositive è in crescita.

Chi:
"Uno dei motivi per cui la metà dei bambini malati di Hiv/Aids muoiono prima dei due anni è che le case farmaceutiche non producono versioni pediatriche dei loro farmaci contro l'Aids" - denuncia Medici senza Frontiere che promuove la campagna per i farmaci essenziali. E Unicef-Italia ha lanciato la campagna mondiale "Uniti per i bambini, uniti contro l'Aids" per prevenire il contagio tra madre e figlio e la diffusione della malattia tra gli adolescenti e i giovani.

WWW per saperne di più:
- UNAIDS (Programma Onu per la lotta all'Hiv/Aids)
- Campagna mondiale per la lotta all'Aids
- Campagna per l'accesso ai farmaci essenziali: MSF italiano MSF inglese
- Aids in Africa
- Ministero della Salute e Aids
- LILA
[G.B.]

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