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Africa: la rinascita della società civile
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"Riflettori sull'Africa": così potremmo definire il 2005. Per la prima volta il "continente dimenticato" è entrato di peso nell'agenda dei summit internazionali a cominciare dal vertice dei G8 del luglio scorso in Gran Bretagna. Ne è uscito un documento importante, ma soprattutto è stata l'occasione per attivare un movimento di solidarietà popolare, culminato in decine di concerti, per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sui drammi delle popolazioni africane. Gli impegni assunti nei vertici sono ancora lontani e spesso i Grandi si sono limitati solo ad enunciarli, senza mettere in moto i meccanismi per poterli realizzare.
Ma un fatto rimane: la necessità di guardare all'Africa in modo diverso, a partire da ciò che il continente sta oggi comunicando al mondo. La società civile africana sta infatti assumendo un ruolo sempre più importante e delicato in tutti i settori: dalla politica, all'economia, alla cultura, all'elaborazione di strategie di pace, alla riconciliazione. Potremmo dire che la società civile sta precedendo - e di gran lunga - anche le istituzioni. Paesi dove la democrazia è un fatto solo formale, dove i presidenti non cambiano mai, dove l'apparato politico è una realtà distante, proprio questi Paesi vedono oggi la popolazione organizzarsi in forme inedite, per resistere, per gestire in proprio l'economia, per organizzare con le proprie forze il futuro. Esiste oggi in tanti paesi africani, una sorta di organizzazione politica parallela e dal basso che cerca di convivere con la politica ufficiale da cui non attende ormai più nulla. Cosa possono attendersi dal governo di Compaorè gli abitanti della periferia di Ouagadougu? Niente. Per questo la gente si organizza da sola. Va avanti, preparando dal basso un'alternativa.
Forse proprio per questo ci è difficile capire l'Africa. Se l'andiamo a cercare interrogando i governi e le istituzioni ufficiali troveremo spesso risposte ovvie e prive di speranza. Ci imbatteremo negli affari sporchi, nei traffici di armi, nella corruzione di chi ha per scopo solo quello di riprodurre il proprio potere. Se invece la cerchiamo per le strade, nei suoi milioni di villaggi, in mezzo alle donne o fra i contadini o gli operai, troviamo esperienze e ricchezze mai immaginate. Certo, spesso si tratta di esperienze ancora in germe, troppe volte non in collegamento tra di loro. Ma sono la manifestazione chiara della volontà della gente africana di andare avanti, di non abbandonare, gettandole all'ammasso di un mercato disumano, le proprie ricchezze culturali e le proprie peculiarità. Manifestano che l'Africa vuole continuare a vivere, anche quando le cifre delle vittime delle guerre raggiungono i sei zero. Anche quando malaria e Aids distruggono interi villaggi, anche quando i meccanismi perversi di un'economia inventata altrove fanno del continente più ricco di risorse l'icona della miseria. Questa Africa resiste cocciutamente nonostante tutto.
Questa resistenza diventa un messaggio e un monito per tutti noi. Per i nostri governi, per le nostre istituzioni democratiche. Se non ci metteremo al suo fianco per rispondere adeguatamente a questa voglia di vivere i drammi continueranno ad assommarsi ai drammi. Nel suo discorso introduttivo al summit "Francia - Africa" tenutosi a Bamako nel novembre scorso, il presidente del Mali Amadou Toumani Touré ha avuto parole molto dure: "I giovani africani sono disperati. Scappano perché per loro non ci sono prospettive. Affrontano i rischi di un viaggio pericoloso attraverso il Sahara, tra i flutti del Mediterraneo. Qualcuno entra nei carrelli degli aerei pur di andar via. Per loro non val la pena di restare qui a morire di fame, senza un lavoro e spesso in mezzo a una guerra. Sperano in una vita migliore in Europa, ma spesso muoiono durante il viaggio o vengono rispediti indietro".
Fra questi due poli: quello della società civile che si organizza e resiste e quella di un mondo che discrimina l'Africa si gioca il futuro non solo dell'Africa, ma anche dell'Europa. A Ceuta e Melilla sta forse la drammatica icona di questa comunanza di destini. L'Africa dei giovani senza speranza bussa alle porte dell'Europa. Non serve rispondere alzando barricate, ponendo fili spinati carichi di elettricità o sparando su chi disarmato cerca di raggiungere un luogo dove poter continuare a vivere. I giovani africani continueranno a fare migliaia di chilometri nel deserto e a tentare di superare i muri europei, anche a costo della vita. Occorre mettersi uno accanto all'altro sapendo che dalle soluzioni che riusciremo a trovare dipende non solo il destino di un continente abituato ormai da secoli a soffrire, ma anche il futuro di un'Europa che non può più continuare e reggersi stando sulle spalle degli altri.
di Eugenio Melandri di Chiama l'Africa
LASCHEDA
Quando:
Data forse da oltre vent'anni l'organizzazione di una società civile africana. Nasce dalla spinta popolare che rifiuta da una parte le guerre e i conflitti, spesso voluti e provocati dall'esterno, e dall'altra a modelli economici, anch'essi di importazione, che non rispettano i ritmi, la cultura e l'organizzazione sociale africana. In questi anni si è assistito a un processo crescente di organizzazione dal basso che fa oggi del continente africano una sorta di rete di associazioni e organizzazioni che resistono con la nonviolenza alle guerre e alle ingiustizie e che si sono organizzate per difendere i diritti di tutti.
Dove:
La società civile africana organizzata è sparsa in tutto il continente e presenta caratteristiche diverse. In gran parte dell'Africa occidentale emergono le associazioni di donne e dei contadini che gestiscono la produzione e l'economia familiare. Nell'Africa centrale, che da anni vive una guerra spaventosa nei grandi Laghi, sono nati movimenti di resistenza alla guerra e processi di riconciliazione. L'Africa anglofona si distingue per la difesa dell'ambiente e la ricerca di vie diverse dal modello sviluppista occidentale per la costruzione del futuro. Nell'Africa del Sud emergono le organizzazioni per il riconoscimento dei diritti civili e dei beni comuni.
Chi: L'elenco è lunghissimo. Le organizzazioni contadine dell'Africa occidentale riuniscono oltre trenta milioni di contadini di diversi Paesi per difendere le loro colture, ma anche per il ritorno al modello alimentare africano con l'uso di prodotti locali. Le tontine, dal nome dei sistemi di risparmio e di autofinanziamento, promuovono il microcredito e hanno fatto nascere migliaia di piccole imprese. Nei Grandi laghi in rilievo soprattutto il movimento delle donne per la pace. In Kenya il movimento ambientalista creato da Wangari Maathai, Premio Nobel per la pace.
Www per saperne di più:
Da lunedì 27 febbraio i naviganti della rete e gli appassionati di questioni che riguardano l'Africa, il "Sud del mondo" - e di riflesso l'intero pianeta - hanno a disposizione uno strumento in più per conoscere, capire e approfondire. Inizia nuovo sito web della Fatmo(Fatti, attualità e testimonianze dal Sud del mondo) dagli studi dei missionari comboniani di Verona che dal 1978 producono materiale video, programmi di approfondimento e notiziari radiofonici che danno voce e spazio alla cultura, alla musica e alla realtà socio-politica dei paesi dell'Africa, dell'America latina e dell'Asia.
Alcuni siti utili:
- www.chiamafrica.it
- www.nigrizia.it
- http://allafrica.com
- http://africa.oneworld.net
- www.ipsnews.net
- www.newsfromafrica.org
- www.wnafrica.com
- www.awmc.com
- www.afrodad.org
- www.kabissa.org
- www.panos-ao.org
- www.peace.ca/africa.htm