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Afghanistan: due militari italiani vittime di un attentato
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A poco più di una settimana dalla strage di Nassiriya, in cui hanno perso la vita un tenente dell'Esercito e due carabinieri, ieri un ordigno ha ucciso a Kabul due alpini del contingente di Isaf, la missione internazionale della Nato in Afghanistan, ed altri quattro sono rimasti feriti. Sembra ancora presto per individuare una matrice: secondo alcuni sarebbe opera di al Qaida, secondo altri dei Taleban, che in serata hanno rivendicato l'attentato. Si tratterebbe di un pressing sul Governo italiano, perchè ritiri i contingenti militari, ma anche un attacco ad Isaf in generale, la missione internazionale della Nato, perchè abbandoni l'Afghanistan.
L'esplosione è avvenuta alle 16:20, le 13:50 in Italia. Dodici militari italiani a bordo di due veicoli blindati 'Puma' stavano pattugliando la zona della Musay valley, a una quarantina di chilometri a sud-est di Kabul. L'esplosione ha investito in pieno il primo blindato: tutti e 6 gli occupanti sono rimasti feriti. Due in modo gravissimo, gli arti dilaniati. Si tratta del tenente Mario Fiorito, del Secondo Reggimento Alpini di Cuneo, e del maresciallo Ordinario Luca Polsinelli, del Nono Reggimento Alpini di L'Aquila: i due militari hanno riportato gravi lesioni agli arti e sono stati trasferiti all'ospedale militare tedesco di Kabul dove poco dopo sono entrambi deceduti. Gli altri quattro militari coinvolti non sono in gravi condizioni. Si tratta dei caporali maggiori scelti Giarracca, Clementini, Rivano e il primo caporale maggiore Mastromauro, tutti del II° alpini di Cuneo, come si legge in una nota diffusa dallo Stato Maggiore della Difesa. La rivendicazione dell'attacco a Musay Valley è arrivata in serata: con una telefonata di un responsabile taleban Abdul Rauf ha rivendicato l'attentato, rivelando che gli italiani sono stati colpiti con un ordigno esplosivo azionato con un radio comando. Poco dopo le forze di sicurezza afgane hanno arrestato quattro persone, tutti talebani, e tra loro ci sarebbe anche l'uomo ritenuto il probabile esecutore materiale.
Unanime il cordoglio alle famiglie e la vicinanza alle forze armate a partire dal Capo dello stato. "Ho appreso con profonda tristezza della morte dei due soldati italiani in Afghanistan - ha scritto Ciampi nel messaggio inviato all'ammiraglio Giampaolo Di Paola, Capo di Stato Maggiore della Difesa - e in questa triste circostanza voglia rendersi interprete presso l'esercito italiano dei miei sentimenti di cordoglio, di solidarietà e di intensa partecipazione al dolore provocato da questo luttuoso evento". Silvio Berlusconi ha commentato a caldo "Non ci voleva, mamma mia: non ci voleva". Poi però ha aggiunto: "Diffondere la democrazia nel mondo è qualche cosa che comporta dei rischi che stiamo pagando, ma ci conforta il fatto che la causa sia nobile e che questi ragazzi che stanno a Kabul così come nell'Iraq siano convinti dell'utilità delle loro missioni". "Non vogliamo rassegnarci alla morte. La politica raccolga tutte le domande di pace e di convivenza" - ha commentato Fausto Bertinotti, neo presidente della Camera, che come segretario di Rifondazione da sempre è stato contrario alle missioni militari all'estero. Romano Prodi non si pronuncia circa il ritiro dei soldati italiani dall'Afghanistan ma sottolinea che "Il problema del tributo che viene dato dai nostri soldati per la pace e la stabilità è tra i più grandi, forse in questo momento il massimo problema del nostro Paese. L'Afghanistan - ha aggiunto Prodi - è una questione che ho sollevato già da molti mesi, perchè la situazione della sicurezza nel Paese è molto grave".
"Vittime di una presunta missione di pace" - commenta Aprile online che ricorda come nella 56esima "Relazione sulla politica informativa e della sicurezza", inviata al Parlamento lo scorso mese, la situazione nella zona dove è avvenuto l'attentato era stata già segnalata dall'intelligence come ad "elevata criticità, con una progressiva radicalizzazione delle iniziative di quell'insorgenza dirette primariamente a contrastare la pacificazione del Paese". Secondo il Sismi poi, negli ultimi tempi si "sono registrati incrementati pericoli per gli assetti italiani". Insomma, una condizione di alto rischio militare molto distante dalla definizione di territorio pacificato, come comprova il ritrovamento nello stesso luogo dell'esplosione di altri tre ordigni "Ied". In Afghanistan sono impegnati circa 9000 uomini di diverse nazioni, di cui 1400 italiani, 1000 impiegati nella capitale e 400 ad ovest, nella zona di Herat. Altri 7000 militari dovranno aggiungersi il prossimo luglio per tentare di favorire la pacificazione di un territorio che rimane ancora profondamente segnato dalla violenza, che sempre più chiaramente esula il territorio Pashtun, generalmente considerato come la zona a più alta instabilità sociale, per essere ormai rintracciabile in tutto il paese. [GB]