2001 Genova… sembra domani

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Il 15 luglio 2016 nel capoluogo ligure si è tenuto una convegno dal titolo “Perchè non puniamo la tortura?”. Roba da storici, viene da pensare. E invece no, il convegno è contemporaneo e immerso nell’odierna realtà italica e non si riferisce alle mitiche torture del medioevo bensì agli ormai sbiaditi e giornalisticamente quasi scomparsi fatti di Genova del 2001, quando nei giorni dal 19 al 21 luglio, un meeting internazionale dei cosiddetti grandi della terra avrebbe dovuto sviscerare problematiche dell’umanità e dell’alta finanza, organizzarsi per ridurre la povertà, la fame e l’inquinamento del mondo, regolare le speculazioni dell’alta finanza e rimettere la Persona al centro dell’azione politica mondiale. Chiacchiere. Furono giornate di isteria collettiva, di paura, di morte con gesti di violenza e una mattanza senza senso, quella della scuola Diaz.

Sono passati 15 anni e quei giorni e le persone che in essi vissero e in molti casi subirono soprusi sembrano lontanissimi, ma anche attuali e certamente ancora in attesa di una vera e propria giustizia. Pochi pagarono, e quelli che lo fecero pagarono troppo poco, per il male fatto e molte responsabilità ancora non hanno un nome.

In questi tre lustri non è mai capitato che un rappresentante del Governo sedesse allo stesso tavolo per un confronto con una delle vittime della brutalità di Stato del G8 del 2001; forse è capitato, finalmente, proprio il 15 luglio nella maestosa cornice di Palazzo Ducale, dove in una giornata di lavori, dalle 9 alle 19 si è cercato di approfondire in maniera franca e priva di strumentalizzazioni cosa capitò e perché in quelle 72 ore.

Da un lato del tavolo c'era Lorenzo Guadagnucci, giornalista e scrittore che la notte della Diaz dormiva all'interno della scuola. Venne pestato a sangue arrestato e poi finì in caserma a Bolzaneto per altre 36 ore di violenze e umiliazioni. In una parola - quella che manca dal nostro codice - e ci rende per l’ennesima volta inadeguati: un  giorno e mezzo di tortura.

Dall’altro lato stava seduto il deputato del Partito Democratico Gennaro Migliore, attuale sottosegretario alla Giustizia e primo firmatario, ancora nel 2013, di un’interrogazione rimasta - per confermare la tradizione quando si parla di G8 di Genova - chiusa in qualche stanza senza risposta e senza la possibilità di fare emergere scomode verità.

Dal loro incontro-confronto è nato un dialogo vero e utile che forse obbligherà  il Ministro Alfano (Ministro non si sa per quanto dato l’apparente abitudine alla raccomandazione via papà verso le Poste per fratelli amici e parenti e, dicono le malelingue, capro espiatorio ideale qualora Renzi, spaventato da un Referendum che quasi certamente lo vedrà perdente e che lui stesso aveva provveduto a personalizzare quando era convinto di veleggiare sopra il 40%, decidesse di fare cadere il governo per mantenere l’attuale legge elettorale solo parzialmente corretta e tentare il tutto per tutto contro i grillini alle elezioni, consegnando il paese al caos, ma questi si sa, sono dettagli) a specificare quali provvedimenti disciplinari siano stati adottati nei confronti dei poliziotti condannati in seguito ai fatti di Bolzaneto e della Diaz , i cui nomi, anche in giorni recenti, compaiono e scompaiono magicamente dai registri della Cassazione.

In tanti sperano che possa essere #lavoltabuona, ma per ora incisi indelebilmente sulla memoria e, purtroppo, in decine di casi, sulla pelle di chi quel giorno c’era, rimangono cicatrici e senso di impotenza e la poco consolante constatazione che negli ultimi anni solo la Corte Europea dei Diritti Umani ha cercato di fare giustizia, condannando il nostro Stato per violazione del divieto di tortura e per trattamenti inumani e degradanti con l’aggravante di non aver adeguatamente accertato e sanzionato i responsabili con una amarissima - e immancabile - sorpresa finale: assodato il fatto che durante il G8 di Genova del 2001 si è arrivati a praticare la tortura la Corte Europea evidenzia come l'ordinamento italiano sia tutt’oggi strutturalmente inidoneo a reprimere e quindi, in caso di necessità, a prevenire il ripetersi di tali fatti. In poche parole: il nostro codice  non prevede il reato di tortura e la sua imprescrittibilità e quindi, di fatto, nulla è cambiato dal 2001. E’ per questo che, mentre in parlamento si discute di Porcellum rivisto ed italicum spacchettato, a rimanere ben nascosti sotto centimetri di polvere sono i faldoni con i nomi dei colpevoli e, permettetemi, anche la rispettabilità e la credibilità del nostro, in casi come questo, pavido paese.

Infine, tornando con la mente e con un link al risultati di quel G8 e leggendo con attenzione si nota come quasi nulla sia stato fatto. Era il 2001, sembra domani.

Fabio Pizzi

Laureato in Studi Storici e Filologico Letterari all’Università di Trento, scrive fin da piccolo per passione e, da qualche anno, anche per lavoro. Per questo si ritiene parecchio fortunato. Appassionato di storia e politica è attivo nell’associazionismo fin da giovanissimo soprattutto nelle associazioni locali e nelle Acli Trentine.  Ama il cinema, l’arte e la tecnologia, la satira, la musica, il bosco e il mare. Su tutto, sua moglie, la famiglia e i suoi veri amici. Dice e scrive quello che pensa, filtrandolo il meno possibile e prendendo spesso posizione. Questo gli ha portato in dote parecchie polemiche, qualche complimento e il rispetto di se stesso.  

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