Il virus dell'Africa e delle donne

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Juba, sud Sudan. "Arriveranno anche qui?" chiede Lolè uscendo dal mio ufficio. "Non so. Forse, ma non subito" gli rispondo. Lolè è sieropositivo. È venuto a chiedermi dei farmaci antiretrovirali. Ha già perso una moglie e sta per perdere la seconda; anche uno dei figli è sieropositivo in seguito ad una trasfusione. Lolè e la sua famiglia hanno potuto accedere al test per l'Hiv grazie ad un viaggio a Khartoum, la capitale. Un privilegio per pochi, ai più rimane il dubbio.

In Africa, il continente più colpito, le cifre sono da capogiro. Secondo l'ultimo rapporto di Unaids (l'agenzia Onu per la lotta contro l'Aids), superano i 25 milioni i malati di Aids nel continente: 3 milioni hanno contratto il virus nel 2004 che in un anno ha mietuto 2 milioni e 300 mila vite. Un dato che rappresenta il 75 per cento delle morti per Aids in tutto il mondo. E il 64 per cento dei malati di Aids vive nell'Africa sub-sahariana. "Il solo modo di scongiurare la catastrofe in Africa è fare di tutto per allungare la vita dei genitori sieropositivi - afferma Paola Giuliani, di ActionAid International. - I bambini che rimangono orfani sono destinati a finire per strada, vittime della prostituzione e della criminalità".

Ma un nuovo, preoccupante fenomeno si sta affacciando anche qui: le nuove vittime sono le donne. Il rischio di contagio per loro è 2,5 volte superiore rispetto agli uomini. Nell'Africa sub-sahariana il 57 per cento dei malati sono donne, la maggior parte tra i 15 e i 24 anni. Nel mondo la percentuale delle donne sieropositive si sta avvicinando ormai a quella degli uomini, mentre in Europa dell'Est e in Asia orientale il numero delle donne contagiate è in costante aumento. Non è un caso, allora, che la "Giornata mondiale per la lotta all'Aids" del primo dicembre sia quest'anno dedicata alle donne. Alla loro vulnerabilità per la mancanza di diritti e pari opportunità, specchio delle disuguaglianze sociali che nel Sud del mondo creano quella che gli addetti ai lavori chiamano la "femminilizzazione della povertà". In Sudan, una donna non può chiedere al marito dove e con chi è stato, né rifiutarsi nel rapporto, men che meno pretendere il profilattico.

Ma non va dimenticato il problema dell'accesso ai farmaci. Lolè li reclama perché sa che potrebbero prolungare la vita sua e della sua famiglia. L'accesso ai farmaci essenziali è uno degli obiettivi delle campagne promosse da numerose Ong, mentre le multinazionali farmaceutiche sono restie ad abbassarne i prezzi. Difficile spiegare a Lolè cosa stia accadendo nel mercato globale dove anche paesi come il Sudafrica, che al momento producono farmaci a basso costo, presto dovranno sottostare alle leggi dei brevetti che li obbligano a rivederne i prezzi. Difficile spiegargli che per avere accesso ai farmaci bisognerebbe creare delle strutture e del personale medico specializzato in un paese come il Sudan, in cui si continua a morire di malaria e tubercolosi, oltre che di guerra. Quest'anno il Sudan, grazie ai fondi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in collaborazione con alcune Ong internazionali, ha cominciato la costruzione di un centro medico specializzato nell'Aids. Il Ministero della Sanità, nell'ambito dell'iniziativa dell'Oms "3 by 5" (curare 3 milioni di persone con farmaci antiretrovirali entro il 2005), ha collaborato con Unaids per una proposta al Fondo globale per poter acquistare i farmaci. Ma la proposta non è passata e bisognerà aspettare il prossimo turno per avere accesso ai fondi.

Intanto avanza il pericolo che il "Fondo globale per la lotta all'Aids, tubercolosi e malaria", lanciato da Kofi Annan nel 2001 durante il G8 di Genova, perda la sua efficacia. Il principale donatore, gli Stati Uniti, ha deciso di tagliare da 546 milioni a 200 milioni di dollari i contributi previsti per il 2005 e chiesto di sospendere ogni ulteriore richiesta "fino a che anche altri paesi non avranno contribuito in misura assai maggiore di quanto fatto finora". Tra i governi sotto accusa anche l'Italia: nonostante le ripetute dichiarazioni di impegno, il Governo italiano non ha ancora versato al Fondo la quota dei 100 milioni di euro promessi per il settembre 2004.

Eppure il Fondo globale si è dimostrato uno strumento meno burocratico e più partecipativo di altri. Per i paesi in via di sviluppo è difficile far fronte alla spesa dei farmaci anche se, grazie al prezzo di alcune produzioni locali come quella indiana, il trattamento annuale per una persona sieropositiva sarebbe di soli 100 euro all'anno. Un'inezia per l'Occidente opulento. L'unica speranza di vita per Lolè.
di S. S.

LA SCHEDA
Sono quasi 40 milioni, per l'esattezza 39milioni e 400 mila, gli affetti dalla sindrome da immunodeficienza acquisita (Hiv/Aids) nel mondo: tre milioni in più di due anni fa. La mappa della diffusione del virus assomiglia sempre più a quella della povertà.

In testa alla triste classifica c'è, infatti, l'Africa sub-sahariana: qui troviamo 25,4 milioni malati di Aids, il più alto tasso di infezioni femminili (il 57%, pari a 13,3 milioni di donne) e il maggior numero di decessi del 2004 (2,3 milioni su un totale mondiale di 3,1 milioni). In forte aumento la diffusione della malattia nell'Asia meridionale dove il numero di sieropositivi ha raggiunto i 7,1 milioni i (di cui ben 2,1 milioni, cioè il 30%, donne) e 490mila decessi nel 2004. Sono 1,7 milioni i sieropositivi in America Latina (610mila donne, il 36%) e 95mila i decessi.

Preoccupante la diffusione del virus in Europa orientale e Russia: qui sono 1,4 milioni i malati di Aids con un forte aumento di infezioni femminili, causate da prostituzione e droga, che negli ultimi due anni ha portato al 48% le donne affette e ha segnato 60mila decessi nel 2004. Superano il milione e 100mila i malati di Aids in Asia orientale di cui 250mila sono donne e ben 51mila i decessi nel 2004.

Un trend differente si riscontra invece in Nord America dove, grazie alle cure, a fronte di 1 milione di sieropositivi il numero di decessi (16mila) è altamente inferiore rispetto alle zone povere del mondo e la percentuale di donne affette si attesta attorno al 25% (circa 250 mila).

Il binomio povertà-Aids ritorna invece in Nordafrica e Medioriente, con 540mila malati, 28mila decessi in un anno ed un alto tasso di donne adulte affette dalla malattia (il 48% dei sieropositivi, cioè circa 250mila).

In Europa occidentale il 25% dei sieropositivi (610mila) sono donne (160 mila) e il numero di decessi nel 2004 è stato di 6mila. Con il 21% di infezioni femminili, l'Oceania è il continente dove le donne sono meno affette dal virus: 35mila i malati e 700 i decessi registrati nel 2004.

Dall'inizio della diffusione epidemica in Italia nel 1982, sono 52.945 i casi di Aids, oltre 34mila i decessi e si stima siano 20mila gli italiani affetti da Aids. Le regioni più colpite sono nell'ordine: Lombardia, Lazio, Liguria ed Emilia Romagna. Le città in cui si registrano tassi d'incidenza più elevati sono Ravenna, Piacenza, Lecco, Varese, Rimini e Roma. (G.B.)

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