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Storia
Scoperte solo nel 1722 dall'esploratore olandese Jacob Roggeveen, le Samoa rimasero ancora a lungo estranee alle correnti di traffico e d'interesse che cominciavano a stabilirsi in Oceania; furono in pratica riscoperte nel 1768 dal francese Louis de Bougainville che le chiamò isole dei Navigatori. L'arcipelago visse praticamente indipendente sotto i propri capi sin verso la metà del XIX secolo, quando Malietoa riuscì ad affermarsi su tutti gli altri. Negli ultimi trent'anni del secolo si scatenò intorno al re una vivace rivalità tra Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna. Nel 1877 il governo tedesco stipulò un trattato di amicizia con il sovrano delle Samoa, seguito l'anno dopo dal governo statunitense e quindi, due anni dopo, da quello inglese.
La situazione sembrava stabilizzata allorché la Germania impose al sovrano delle Samoa un trattato che praticamente significava l'instaurazione del protettorato tedesco. Ne nacque una tensione aggravata dalla rivalità di tre capi per la successione al trono. Ognuno di essi era appoggiato da una delle tre potenze occidentali. Bismarck propose allora una conferenza delle tre potenze che si svolse a Berlino nel 1889. Fu concordata la neutralizzazione delle isole, escludendo tassativamente la costruzione sul loro territorio di basi navali e militari, e fu istituito una specie di protettorato a tre. L'accordo non funzionò completamente, ma servì a evitare pericolosi conflitti; dieci anni dopo, nel 1899, fu necessaria una nuova convenzione, con cui le tre potenze divisero l'arcipelago in due zone d'influenza separate dal 171° meridiano: le isole orientali di Tutuila, Tau, Olosega, Ofu e Aunuu oltre lo scoglio corallifero di Rose Island furono poste sotto l'influenza americana; quelle occidentali di Upolu, Savaii, Maoono e Apolima andarono alla Germania. Alla Gran Bretagna andarono in compenso alcune isole dell'arcipelago delle Salomone e delle Tonga su cui la Germania avanzava pretese, oltre a concessioni in Africa, mentre le fu garantita libertà di commercio nelle isole Samoa. La Germania tenne la parte occidentale dell'arcipelago fino alla prima guerra mondiale. Nel 1914 le isole sotto la sua influenza furono occupate da truppe neozelandesi e alla fine del conflitto, nel 1920, la Nuova Zelanda ottenne dalla Società delle Nazioni il mandato per l'amministrazione delle isole occupate, mandato che, alla fine del secondo conflitto mondiale, fu trasformato in amministrazione fiduciaria (1946). Il 1° gennaio 1962, in seguito a un plebiscito svoltosi sotto il controllo delle Nazioni Unite e a un accordo tra queste, il governo della Nuova Zelanda e i capi tradizionali samoani, il territorio delle Samoa occidentali ha raggiunto l'indipendenza e la sovranità.
La tradizione tribale continuò a pesare sulla vita politica del Paese anche dopo l'indipendenza. Per un lungo periodo i matai (i capi dei clan familiari) continuarono a detenere la massima autorità e fino al 1990, anno in cui fu varata una riforma costituzionale, 45 dei 47 deputati del Fono (il Parlamento monocamerale) continuarono ad essere eletti dai soli matai, mentre i rimanenti due deputati venivano eletti a suffragio universale.
Il primo partito si costituì nel 1979: assunto il nome di Partito per la protezione dei diritti umani, ma espressione soprattutto di interessi familiari e locali, divenne la principale formazione politica del Paese e di fatto ne dominò la vita politica nei decenni successivi. Fu solo nel corso degli anni Ottanta che si verificò una progressiva erosione del potere e dell'autorità dei matai, accompagnata da un rafforzamente delle spinte indirizzate ad un superamento del tradizionale sistema politico-sociale.
Nel 1990 il governo tentò di varare delle misure legislative volte al rafforzamente dell'autorità dei matai, ma si scontrò con l'opposizione, mentre veniva indetto un referendum che chiedeva l'introduzione del suffragio universale per tutti i seggi del Fono. Approvata dal referedum popolare nell'ottobre 1990, tale proposta divenne il punto di partenza per la stesura di una nuova legge elettorale.
Di fatto anche dopo l'introduzione del suffragio universale, le redini del governo rimasero nelle mani del Partito per la protezione dei diritti umani, il cui leader, Tofilau Eti Alesana, mantenne per lungo tempo la carica di primo ministro.
Tra i Paesi più poveri del mondo, le Samoa occidentali furono investite nei primi anni Novanta da due cicloni che produssero effetti disastrosi, aggravando ulteriormente le già difficile condizioni sociali ed economiche del Paese. Solo alla fine degli anni Novanta si registrò un relativo miglioramento della situazione economica, ma la politica di aggiustamento strutturale perseguita dal governo fu oggetto di forti contestazioni popolari. Alle proteste per l'introduzione di una tassa sul valore aggiunto (1994) si sovrappose anche l'accusa di corruzione che, rivolta ad esponenti del governo, indebolì seriamente la stabilità dell'esecutivo. La mancanza di autonomia del sistema dell'informazione e dei media dal potere politico divenne un ulteriore nodo dello scontro politico e la fine del decennio fu caratterizzata dall'esplodere di violente contrapposizioni e forti tensioni, rimaste vive anche dopo le dimissioni, nel 1998, del primo ministro Tofilau Eti Alesana; al suo posto venne eletto primo ministro Tuila'epa Sailele. Le tensioni non accennarono a smorzarsi nel corso del 2000, quando due ministri del precedente governo furono condannati a morte per l’uccisione di un esponente politico che aveva minacciato di rendere pubbliche vicende di corruzione che non avrebbero mancato di creare un forte scandalo. La pena fu commutata in carcerazione a vita. Nel marzo 2001 il primo ministro Tuila’epa Sailele Malielegaoi fu rieletto primo ministro in seguito ad elezioni i cui esiti restarono incerti fino all’ultimo. Il suo partito, l’HRPP (Human Rights Protection Party, Partito per la Difesa dei Diritti Umani) ottenne 28 seggi sui 49 disponibili in parlamento. Nelle elezioni legislative del marzo 2006 l'HRPP vinse con 33 seggi.






