Economia

La maggiore risorsa economica del Paese è rappresentata dall'estrazione dei fosfati, che garantisce un elevato tenore di vita agli isolani. Tuttavia, poiché le riserve sono prossime all'esaurimento, il governo ha cercato, nell'ultimo decennio del Novecento, di proteggere il Paese dalle conseguenze tipiche delle economie rigidamente ancorate all'utilizzazione di una sola e soprattutto estinguibile risorsa naturale. Gli introiti minerari, generalmente in grado di ripianare la bilancia commerciale, sono stati in parte reinvestiti in attività fuori del Paese, in parte versati in un fondo comune a lungo termine (il Nauru Phosphate Royalties Trust) e in parte, ancora, utilizzati per rafforzare altri settori produttivi. Tra il 1990 e il 1997 le esportazioni dei fosfati sono scese a 510 000 t annue (contro 1 580 000 t annue degli anni Ottanta); in seguito ha inciso negativamente anche la crisi economico-finanziaria attraversata da numerosi Paesi asiatici, per cui esse hanno registrato un ulteriore declino del 18%. Poiché le attività estrattive hanno prodotto nel tempo consistenti danni ambientali, rendendo inabitabile e sottraendo alla possibilità di sfruttamento agricolo ben l'80% della superficie territoriale, negli anni 1993-1994 Nauru è stata risarcita dalle compagnie straniere che sfruttano i giacimenti dell'isola di circa 100 milioni di dollari australiani, importo versato per circa i tre quarti dall'Australia, mentre il quarto rimanente è stato coperto dalla Nuova Zelanda e dal Regno Unito. Inoltre il governo ha varato un piano di risanamento della vegetazione e di ripopolamento della fauna, un tempo assai ricche.
Per quanto riguarda gli altri settori produttivi, l'agricoltura produce su piccola scala parte di quanto è necessario all'alimentazione locale (frutta tropicale, ortaggi), supportata da un discreto allevamento di maiali e pollame: tutto il resto, compresa l'acqua da bere, è importato. Discreta è la pesca, praticata soprattutto da battelli stranieri su licenza. Nel 1998 il Giappone ha finanziato la costruzione di un nuovo porto, in grado di accogliere imbarcazioni di stazza media, e all'inizio del 1999 il governo delle isole Marshall ha dato la propria disponibilità alla sorveglianza della "zona economica esclusiva" di Nauru.
Sempre in funzione del futuro economico dell'isola, sono stati potenziati i servizi aerei e navali e sono stati indirizzati consistenti investimenti al potenziamento del settore terziario: in particolare finanziario. E proprio le attività finanziarie nel 2000 sono state censurate dall'OCSE, che ha inserito Nauru tra i "paradisi fiscali": lo Stato tuttavia non ha modificato le sue norme e continua a essere uno dei centri mondiali del riciclaggio.