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Storia
La vita primitiva e indipendente degli estoni venne alterata, all'inizio del sec. XIII, dalle invasioni dei Germani, che imposero loro il cristianesimo e la presenza dell'ordine religioso-cavalleresco dei Portaspada. Questi ultimi, con i Danesi sbarcati in Estonia in loro aiuto in seguito a un patto di alleanza, nel 1227 avevano ormai sottomesso tutto il Paese. A questo periodo risale anche la fondazione della capitale, Tallinn (1219), che nel 1248 entrò a far parte dell'Hansa. La rivolta della popolazione indigena, costretta a lavorare in dure condizioni a vantaggio degli invasori, non provocò alcun mutamento: i Danesi (metà del sec. XIV) cedettero le loro terre all'Ordine Teutonico che aveva assorbito i Portaspada. Migliore il dominio degli Svedesi, che nel sec. XVI s'insediarono in Estonia al posto dell'Ordine Teutonico e presero le parti della popolazione locale contro i baroni balto-tedeschi.
Nel 1721, con l'occupazione da parte dei Russi, nella regione si riaffermò la pressione intollerabile dei vecchi proprietari terrieri. I contadini estoni, parzialmente affrancati dallo zar Alessandro I, raggiunsero una condizione più umana solo nella seconda metà del sec. XIX, grazie alla loro tenace resistenza di fronte all'oppressione economica e alla russificazione. Inutili furono le lotte anche per le riforme sociali; il potere politico era tutto in mano al ceto dei feudatari, che soli rappresentarono l'Estonia alla I Duma russa (1906).
Sempre combattendo su due fronti – la russificazione da un lato, la germanizzazione dall'altro – l'Estonia giunse a proclamare la sua autonomia nel 1917 e l'indipendenza nel 1918. Alla fine del 1919 una radicale riforma agraria riuscì a disgregare il latifondismo germanico e molti proprietari tedeschi abbandonarono il Paese. Se, fra le due guerre, l'Estonia riuscì a mantenersi in equilibrio tra Russia e Germania, nel 1940 fu incorporata nell'URSS come Stato federato. Invasa da forze tedesche tra il 1941 e il 1944, alla fine della guerra venne di nuovo integrata nell'URSS.
Al periodo dell'occupazione sovietica risale la scelta dell'esilio per ca. 70.000 estoni, fuggiti prevalentemente negli Stati Uniti, in Canada e in Svezia. L'opposizione al potere insediatosi, che ebbe espressione estrema nei “Fratelli della Foresta” (movimento di resistenza il cui ultimo esponente alla macchia fu ucciso nel 1978), fu contrastata dalle autorità moscovite con la russificazione del territorio: venne promossa infatti una forte immigrazione (principalmente di russi e bielorussi) che apportasse forza lavoro alle industrie da poco impiantate grazie proprio alla maggior scolarità e preparazione tecnica fornite dalla popolazione locale; allo stesso tempo si adottarono peraltro misure di deportazione verso la Siberia e l'Asia centrale, che coinvolsero fra il 1940 e il 1954 ca. 141.000 persone.
Divenuta in seguito terra di esperimenti economico-produttivi, l'Estonia negli anni Sessanta e Settanta realizzò una discreta crescita economica, tale da confermarla fra le repubbliche più ricche dell'Unione Sovietica (reddito pro capite superiore del 20% ca. alla media). Con l'avvento della perestrojka il fiero sentimento nazionale, a lungo discriminato anche nella sua componente linguistica, riprendeva vigore riuscendo a esprimersi apertamente: all'aggregazione di esponenti riformisti del Partito Comunista della Repubblica, e quindi dall'appoggio alla perestrojka, nell'ottobre 1988 si giungeva alla formazione di un Fronte popolare (Estimaa Rahvarinne) e successivamente, anche attraverso di esso, a una radicalizzazione in senso secessionista, secondo un'evoluzione comune anche alle altre Repubbliche baltiche. Dalla dichiarazione di sovranità del marzo 1990 si era così passati alla deliberazione parlamentare (maggio dello stesso anno) per la restaurazione dell'indipendenza dopo un periodo di transizione, mentre veniva ricostituito con Lettonia e Lituania il Consiglio del Baltico (attivo fra 1934 e 1939).
In concomitanza del tentato golpe moscovita dell'agosto 1991 l'Estonia proclamava definitivamente la sua indipendenza, fatta valere anche come atto di assoluta dissociazione dalla minacciata svolta autoritaria. Il sostegno, seppure indiretto, fornito fin dal primo momento alla difesa del processo di democratizzazione sovietico era quindi valso all'Estonia, all'indomani del fallito golpe, il riconoscimento, da parte del neocostituito Consiglio di Stato moscovita, dell'acquisizione della piena sovranità (6 settembre 1991). La Repubblica, presieduta da A. Rüüytel, aveva quindi celermente riallacciato le formali relazioni diplomatiche con vari Paesi, a cominciare da quelli occidentali, chiedendo al contempo l'ingresso nelle principali organizzazioni internazionali ed entrando, fin dal settembre 1991, a far parte dell'ONU e della OSCE Nel giugno 1992 gli Estoni votavano una nuova Costituzione e nell'occasione veniva confermata una legge sulla cittadinanza che escludeva dal voto i russofoni. Alle elezioni politiche i partiti nazionalisti e di destra ottenevano una schiacciante maggioranza, e il nuovo Parlamento eleggeva presidente della Repubblica Lennart Meri (rieletto nel 1996). Intanto, gli importanti passi avanti in ambito economico inducevano la Commissione Europea a inserire il Paese, unico tra quelli dell'area baltica, nel primo gruppo dei futuri membri dell'UE. L'Estonia sottoscriveva, inoltre, all'inizio del 1998, un accordo con Lettonia, Lituania e Stati Uniti, in base al quale questi ultimi si impegnavano ad appoggiare il suo ingresso nella NATO.
Frattanto la politica di affermazione della nazionalità e della lingua estone procedeva incurante delle proteste nell'ambito dell'OSCE e della Russia. Alle elezioni legislative del 1999 il Partito di Centro prevaleva ma non riusciva a formare una maggioranza, così che si dava vita a un governo di coalizione capeggiato dal leader di destra Mart Laar, cui succedeva, nel 2002, Siim Kallas, sempre del centro destra. Nel frattempo veniva eletto presidente l'ex comunista Arnold Ruutel (2001). Nel dicembre 2002, al vertice di Copenaghen, l'Estonia concludeva il negoziato per l'adesione alla UE, approvata dalla popolazione con un referendum nel 2003. Sempre nel 2003 veniva nominato primo ministro Juhan Parts. Nel marzo 2004 il Paese aderiva alla NATO e in maggio entrava nell'Unione Europea. Nel settembre 2006 il Parlamento eleggeva Toomas Hendrik Ilves presidente. Nel marzo 2007 si tenevano le elezioni politiche vinte dal partito del premier uscente Andrus Ansip che si insediava nuovamente al governo il mese successivo.






