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Storia
La Repubblica Ceca è costituita dalle due regioni storico-geografiche di Boemia e Moravia, la prima, a W, più estesa e popolata, in cui sorge la capitale, circondata dai rilievi e attraversata dall'Elba; la seconda, a E, prevalentemente collinare e attraversata dalla Morava. Abitate in origine da popolazione di origine celtica (ma le testimonianze dei primi insediamenti risalgono in Boemia addirittura al Paleolitico), le due regioni si trovarono unite per la prima volta nel IX sec. d. C., nel regno della grande Moravia, retto dalla dinastia dei Mojmirovci, mentre due secoli più tardi, nel 1029, fu la Boemia, guidata dal sovrano premyslida Bretislao I a sottomettere la vicina. Nonostante un tentativo di Federico Barbarossa per separarle (1182), Boemia e Moravia rimasero tuttavia unite sotto il controllo boemo, e sempre unite subirono il dominio degli Asburgo e poi dei Lussemburgo, sotto i quali la Boemia e Praga conobbero il periodo di maggiore splendore di tutta la loro storia durante il regno del sovrano Carlo IV (1347-78).
Nel 1468 la Moravia divenne possedimento del re ungherese Mattia Corvino, mentre in Boemia la dinastia degli Iagelloni si sostituiva al ceppo estinto dei Lussemburgo; ma nel 1490 l'elezione di Ladislao II Iagellone a re d'Ungheria comportava l'ennesima riunificazione delle regioni, che da quel momento furono sempre congiunte. Esse subirono quindi il passaggio alla dominazione degli Asburgo (1526), e il declassamento a province dell'impero (nel 1620 la Boemia e nel 1749 la Moravia) di cui fecero parte fino alla sua dissoluzione nel 1918, anno che vide la costituzione dello Stato indipendente di Cecoslovacchia. Da allora, e fino al verificarsi della scissione tra Repubbliche Ceca e Slovacca (1992), le due regioni furono sempre parte dello Stato cecoslovacco, se si eccettua la parentesi dell'occupazione tedesca tra il 1939 e il 1945 (durante la quale Hitler aveva istituito il Protettorato di Boemia e Moravia).
Nel 1992 avveniva la separazione consensuale tra i Cechi e gli Slovacchi, in virtù della quale le regioni di Boemia e Moravia andavano a costituire la Repubblica Ceca. La vita istituzionale del nuovo Stato iniziava mantenendo le precedenti strutture: i 200 parlamentari del vecchio Consiglio nazionale e il primo ministro Václav Klaus, leader del Partito Civico Democratico (ODS). Presidente della Repubblica era eletto (26 gennaio 1993) Václav Havel, già presidente della Cecoslovacchia dal dicembre 1989 al luglio 1992.
La storia nazionale del nuovo Stato fu da subito complicata dai problemi di una transizione politica ed economica atta a condurre il Paese al livello delle democrazie occidentali. In primo luogo quello della riconversione dell'apparato produttivo, che diede adito nei primi anni di indipendenza a vari scandali che misero il governo in forte imbarazzo (1994-95). In questo clima si giungeva alle elezioni politiche del maggio 1996, in cui il centro-destra perse la maggioranza assoluta, mentre avanzavano i socialdemocratici (CSSD) ed emergeva minacciosamente l'estrema destra xenofoba dei repubblicani. Il sommovimento politico non fu tuttavia tale da indicare un'alternativa di governo, così che Klaus tornò alla guida di un nuovo esecutivo di coalizione, insieme alla Democrazia Cristiana (KDU) e all'Alleanza civica democratica (ODA).
Alla fine del 1996 il governo ceco risolveva con la Germania, anche in virtù delle nuove e proficue relazioni economiche sviluppatesi nel frattempo tra i due Stati, il lungo contenzioso tra i due Paesi relativo all'espatrio forzato dalla Cecoslovacchia, dopo la seconda guerra mondiale, di due milioni e mezzo di tedeschi della Boemia-Moravia e dei Sudeti. Ai successi in politica estera faceva però riscontro una certa instabilità politica, che portava alle dimissioni del premier Klaus e alla formazione di un governo di tecnici, presieduto da Josef Tosovsky, primo ministro ad interim. Rieletto nel 1998 presidente della Repubblica, Havel indiceva nuove elezioni politiche, che vedevano l'ascesa del Partito socialdemocratico e la nomina di primo ministro del suo leader Miloš Zeman (giugno 1998), che completava il processo di privatizzazione dell'economia del Paese.
Le elezioni politiche del giugno 2002 confermavano il successo del Partito socialdemocratico, anche se di strettissima misura (con solo 101 seggi dei 200 disponibili). Il suo leader, Vladimir Spidla, veniva nominato dunque primo ministro. Sul piano internazionale, nel marzo 1999, la Repubblica Ceca faceva il suo ingresso ufficiale nella NATO e, nel dicembre 2002, al vertice di Copenaghen, concludeva il negoziato per l'adesione alla UE. Alle elezioni presidenziali del 2003 Vaclav Klaus, leader dell'opposizione, succedeva a Vaclav Havel. Nello stesso anno, con un referendum, la popolazione approvava l'entrata nella UE, avvenuta nel maggio 2004. I risultati disastrosi del partito di governo alle elezioni europee del giugno dello stesso anno comportavano le dimissioni del premier Vladimir Spidla. L'incarico di formare il nuovo governo veniva affidato a Stanislav Gross, vicepresidente del Partito socialdemocratico.
Nell'aprile 2005 Gross rassegnava le dimissioni a causa di uno scandalo finanziario in cui era rimasto coinvolto. Al suo posto veniva nominato il socialdemocratico Jiri Paroubek. Nel giugno 2006 si svolgevano le elezioni legislative vinte dal leader dell'opposizione Mirek Topolanek, del partito dei Civici Democratici (ODS) con il 35,38% , mentre i socialdemocratici (CSSD) prendevano il 32,32%. Successivamente il presidente Klaus affidava a Topolanek l'incarico di formare il nuovo governo. Nel febbraio 2008 V. Klaus era rieletto alla presidenza per altri cinque anni con una maggioranza di 141 voti, battendo così l'avversario socialdemocratico Jan Svejnar. In luglio veniva firmato un trattatato con gli USA per l'istallazione di un sistema radar in territorio ceco. Nell'ottobre del 2008 il CSSD vinceva le elezioni senatoriali, sconfiggendo i liberali (ODS). Nel marzo 2009 il premier Topolanek si dimetteva in seguito a un voto di sfiducia del parlamento, il mese dopo il CSSD e il Partito democratico civico raggiungevano un accordo per la nomina a premier di Jan Fisher. In novembre, dopo il via libera della Corte Suprema, il presidente firmava il Trattato di Lisbona.