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Aspetti economici
A partire dalla Guerra Civile, la Spagna si chiuse in un vero e proprio isolamento politico: fu tra l'altro uno dei pochissimi Stati d'Europa a rimanere neutrale nel corso del secondo conflitto mondiale e solo nel 1955 volle entrare a far parte dell'ONU. Ne derivarono inevitabilmente una serie di "ritardi" economici del Paese rispetto agli altri Stati europei; ma a partire dalla fine degli anni Cinquanta la Spagna dava avvio a un radicale processo di rinnovamento.
Spagna e CEE. L'ingresso nell'OECE, l'Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (oggi OCDE), avvenuto nel 1959, può essere indicato come ben preciso inizio di questa svolta che ha quindi portato all'ingresso nella CEE (1° gennaio 1986, oggi UE). Negli anni successivi la Spagna ha attraversato una fase economica particolarmente difficile. Al manifestarsi della recessione mondiale sono infatti emersi i nodi strutturali di un sistema fragile e dipendente, che ritardava l'ulteriore sviluppo industriale del Paese, avviato ancora in epoca franchista. La struttura produttiva evidenziava un marcato dualismo tra settori obsoleti e scarsamente ava nzati e quelli più moderni controllati dalle imprese multinazionali. Le difficoltà economiche si compendiarono nel ristagno della produzione industriale, nella debole crescita del prodotto nazionale lordo e, soprattutto, nell'ampiezza del fenomeno della disoccupazione, che nel 1985 ha raggiunto il tasso più alto tra i Paesi industrializzati a economia di mercato.
Processi di risanamento. Dopo questi record negativi è iniziata una graduale ripresa: il prodotto nazionale lordo è cresciuto mediamente del 3,7% negli anni dal 1985 al 1989, del 2,4% nel 1991, mentre la disoccupazione si avviava lentamente verso livelli più sopportabili. Elemento trainante è stato indubbiamente il settore industriale. Nell'ambito dell'industria, poi, uno dei rami più vivaci è stata la chimica, in continua espansione a causa dei costanti investimenti pubblici e privati, così come la produzione di autoveicoli, la cui esportazione è aumentata notevolmente, anche se è frutto di un'accentuata dipendenza dall'estero. Dal 1980, con i nuovi investimenti di Nissan, Ford e General Motors, il comparto è diventato di gran lunga il più importante del Paese e la Spagna è ormai uno dei principali esportatori di mezzi di trasporto a livello mondiale. Un problema chiave per lo sviluppo industriale è anche la modesta disponibilità di risorse minerarie ed energetiche che costringe il Paese a gravose importazioni di combustibile dall'estero. Le iniziative si sono incentrate sulla ristrutturazione dell'apparato produttivo. Si è inoltre avviata la riforma della pubblica amministrazione, che è la principale causa del deficit pubblico. La crisi finanziaria, avvertita principalmente nel 1983 e dovuta al pesante debito accumulato per far fronte alla crescita industriale, ha inoltre indotto il governo a intraprendere un programma di risanamento e a tale scopo ben 18 istituti di credito sono stati nazionalizzati.
Agricoltura. L'agricoltura occupa meno di un decimo della popolazione attiva, contro il 26% dell'inizio degli anni Settanta. Se da un lato questo calo riflette l'evoluzione tipica dei Paesi avanzati, dall'altro la percentuale di addetti rimane elevata e si spiega con il permanere della piccola proprietà accanto a sacche di latifondo. Inoltre l'agricoltura trova un limite nell'insufficiente irrigazione ed è quindi rimasta ancora troppo dipe ndente dai fenomeni meteorologici (siccità, violente alluvioni) che hanno causato notevoli perdite nei raccolti. Nuovi impulsi sono venuti dalla politica agraria governativa, impegnata a estendere la meccanizzazione delle colture, a favorire l'insediamento dei coloni per frenare il crescente esodo dalle campagne, a realizzare imponenti opere irrigue, a facilitare l'accorpamento delle proprietà nelle zone dove predomina il microfondo.
Regioni agricole. La fondamentale divisione in Spagna umida e Spagna arida è non meno determinante per quanto riguarda le attività agricole; ancor più a tale ripartizione non corrispondono solo colture particolari, ma vere e proprie regioni aventi un inconfondibile paesaggio agrario. La Spagna arida a sua volta comprende sia aree con colture che non richiedono irrigazione (secano) sia aree con colture irrigue (regadío ). Le aridocolture sono proprie della Meseta, delle depressioni dell'Ebro e delle coste mediterranee non irrigate, dove i cereali si alternano alle colture legnose (oliveti, vigneti). Vi prevale il latifondo con rese naturalmente basse e una gamma di colture non molto diversificate; tuttavia dei circa 20 milioni di ha occupati dall'arativo e dalle coltivazioni arborescenti, ben l'80% corrisponde a colture a secano . Le zone a coltura irrigua intensiva, eredità degli antichi dominatori arabi (che introdussero in Spagna nuove piante come l'arancio, il mandorlo, il riso, la canna da zucchero, il gelso), nel passato limitate in genere alle piccole pianure costiere del Levante e alla zona di Granada (aree famose per le loro huertas), sono oggi presenti anche nell'altopiano grazie alla realizzazione di grandi opere di sbarramento dei corsi fluviali e di canalizzazione (una splendida huerta si estende per esempio lungo le sponde dell'Ebro da Logroño a Saragozza). Nel complesso, però, le zone a regadío , pur prestandosi alle più svariate colture, soprattutto di primizie ortofrutticole e di colture industriali (barbabietola e canna da zucchero, cotone, tabacco), hanno un'estensione ancora piuttosto limitata. Infine nella Spagna umida, corrispondente alla fascia atlantica dalla Galizia alla Navarra, si pratica una policoltura intensiva associata all'alleva mento bovino, che trova ricchi prati e pascoli, e allo sfruttamento di boschi rigogliosi. Prevale la piccola proprietà; il microfondo raggiunge le punte estreme in Galizia.
Prodotti cerealicoli. La cerealicoltura, di antica tradizione, ha le sue aree più importanti nell'Aragona, nelle Castiglie e nell'Andalusia. Le produzioni presentano forti differenze da un anno all'altro, ma comunque le rese restano molto basse. Rilevante è l'apporto di frumento, orzo (largamente utilizzato per il bestiame), mais (tipico della Galizia e delle Asturie). Buone prospettive ha la coltura del riso, propria delle zone a regadío dell'Andalusia e del Levante, nonché delle zone acquitrinose del basso Guadalquivir; sono invece coltivate soprattutto nel nord l'avena e la segale. Tra i prodotti alimentari di vasto consumo sono altresì le patate, che trovano le loro aree più adatte lungo i limiti meridionali della Meseta e dell'Estremadura.
Colture legnose e orticole. Grande importanza rivestono le colture legnose, in specie la vite, l'olivo e gli agrumi. La viticoltura si estende dalle province meridionali sino al León, grazie al clima caldo e asciutto; l'uva è ampiamente al servizio di una ricca e prestigiosa industria enologica (la Spagna si colloca al terzo posto su scala mondiale dopo l'Italia e la Francia). La Spagna è altresì uno dei massimi produttori del mondo di olio d'oliva, alternando il primato con l'Italia; l'olivocoltura è rappresentata soprattutto nell'Andalusia. Nelle zone a regadío del Levante sono concentrate le colture frutticole, in primo luogo quella degli agrumi; la buona produzione di arance, mandarini e limoni, provenienti per gran parte dalle huertas di Valencia e Castellón de la Plana, consente alla Spagna un'ottima collocazione su scala mondiale. Elevati raccolti danno pure i fichi, le mandorle, le mele, le pere, le albicocche, le banane, i datteri che, unici in Europa, si ricavano dai palmeti di Elche. Nelle huertas si hanno altresì cospicui raccolti di prodotti orticoli, come pomodori, cipolle, fagioli, fave.
Colture industriali e foreste. È del pari vasta la gamma delle colture industriali, tra le quali primeggiano la barbabietola da zucchero e il cotone (la Spagna è il secondo produttore europeo dopo la Grecia); si coltivano inoltre tabacco, canna da zucchero, luppolo e varie oleaginose (arachidi, girasole, soia, colza ecc.). Le foreste, i cui più rigogliosi ammanti si estendono nella zona cantabrica e in quella pirenaica, occupano il 32% della superficie territoriale; essenza di grande valore è il sughero, frequente nell'Andalusia occidentale, nell'Estremadura e nella Catalogna e che alimenta industrie quasi esclusivamente catalane.
Allevamento. Nell'allevamento prevalgono numericamente gli ovini: benché in progressiva regressione, la Spagna ne è tuttora il secondo produttore europeo dopo la Gran Bretagna (Russia esclusa). L'allevamento ovino è tradizionale nella Meseta, dove l'aridità estiva costringe alla transumanza verso i rilievi periferici; i prodotti principali, carne, latte e latticini, sono diretti a soddisfare il consumo dei centri urbani. In regresso è l'allevamento caprino, mentre si tende a potenziare quello bovino e quello suino; discreto è il numero dei volatili da cortile. Nella Murcia è praticata la sericoltura.
Pesca. Grande importanza riveste la pesca (sardine, acciughe, merluzzi, tonni, crostacei), settore modernamente organizzato, al quale sono adibite più di 17.000 imbarcazioni (quarta flottiglia del mondo); numerosi sono i porti pescherecci, specie lungo le coste atlantiche (Vigo, Pasajes, La Coruña, Huelva, Cádice). Tali porti sono sedi di cospicue industrie conserviere che operano largamente in funzione della grande pesca oceanica.
Risorse minerarie. Vasta è la gamma delle risorse minerarie, molte delle quali conosciute e sfruttate fin dai tempi più antichi. Si segnalano in particolare i minerali di ferro, estratti principalmente dai giacimenti cantabrici, quindi da quelli del Sistema Iberico e del Sistema Betico; fra gli altri minerali metalliferi un posto di importanza primaria spetta al piombo, proveniente dalla Sierra Morena, e allo zinco, estratto nella regione di Santander e nelle Province Basche, per entrambi i quali la Spagna occupa un buon posto a livello europeo. Notissimo è il mercurio di Almadén (Ciudad Real), già conosciuto al tempo dei Romani e per la cui produzione la Spagna si pone al primo posto nel mondo; minore importanza rivestono i giacimenti di rame (Ríotinto). Il Paese si segnala invece per le piriti, pregiate anche per l'elevato contenuto in zolfo, con principali giacimenti nella zona di Ríotinto. Cospicua è anche la produzione annua di salgemma e salmarino; si segnalano ancora la potassa, la magnesite, quindi manganese, antimonio, tungsteno, stagno, bauxite, oro e argento. Le riserve carbonifere sono discrete, ma sono tuttavia del tutto insufficienti alle necessità dell'industria; scarso rilievo ha la produzione petrolifera (con giacimenti presso Valladolid e Burgos), cui si aggiungono quantitativi del pari modesti di uranio, estratti nella zona di Lérida.
Risorse energetiche. Quanto al settore energetico, benché sia stato ampiamente potenziato, la produzione di energia elettrica resta notevolmente inferiore a quella dei paesi industrializzati dell'Europa occidentale. L'energia elettrica fu dapprima eminentemente d'origine idrica grazie alla realizzazione di numerose centrali localizzate nella regione dei Pirenei orientali, lungo il corso medio delle arterie fluviali maggiori (Ebro, Duero, Tago). Oggi però il Paese dispone di numerose centrali termiche, dislocate principalmente nel Nord, nel Levante e nell'Andalusia, alimentate sia da carbone nazionale sia, sempre più, da petrolio d'importazione. Un certo peso ha assunto il settore nucleare con le centrali nucleari di Zorita (Guadalajara), Santa María de Garoña (Burgos) e Vandellós (Tarragona).
Industria. L'industria cos tituisce nettamente una struttura portante dell'economia spagnola. I principali distretti industriali continuano a essere quelli di più antico impianto, vale a dire il Nord del Paese, essenzialmente le Province Basche, dove operano numerosi complessi meccanici, avvantaggiati dalle risorse minerarie della zona cantabrica, la Catalogna, che, in aggiunta alle tradizionali attività tessili, ha ormai attivissime industrie chimiche e meccaniche; il Levante, in particolare Valencia, dove sempre fiorentissimo è il settore alimentare; infine l'area attorno alla capitale, che annovera importanti complessi chimici e meccanici. L'industria spagnola copre oggi pressoché tutti i settori produttivi, anche se mostra un continuo incremento dell'industria manifatturiera rispetto a quella estrattiva, che fu all'origine di fondamentale importanza nell'economia del Paese. Buon livello europeo presenta la siderurgia, concentrata nell'area di Vizcaya (Province Basche), nelle Asturie, in Catalogna (produzione di acciai speciali) e presso Sagunto (Valencia). Principali prodotti dell'industria metallurgica, che presenta una più varia e articolata ubicazione e che in larga misura lavora anche minerali d'importazione raggiungendo ormai produzioni di tutto rispetto su scala europea, sono l'alluminio, il rame, il piombo, lo stagno, lo zinco; inoltre la maggior parte del carbone estratto viene trasformata in coke metallurgico. Quanto al settore petrolifero, vengono raffinati annualmente discreti quantitativi di greggio. Dopo la costosa esperienza della raffineria di Puertollano, situata nel cuore della Meseta meridionale, le raffinerie sono state preferibilmente installate in centri costieri come Escombreras (Cartagena), La Coruña, Huelva, Castellón de la Plana, Algeciras, Bilbao, Tarragona. Rilevante sviluppo ha avuto il settore meccanico, rivolto in primo luogo alla costruzione di mezzi di trasporto, ma anche di macchinario d'ogni genere e di utensili vari. Così locomotive e materiale ferroviario sono prodotti a Barcellona, Madrid, Valencia. A Barcellona si produce anche macchinario di alta precisione.
Industrie meccaniche e chimiche. Nel vasto comparto del settore meccanico domina nettamente l'industria automobilistica che, in pratica ancora inesistente nel 1950, ha raggiunto posizioni di primissimo piano su scala internazionale, sollecitata soprattutto dalla crescente domanda interna. A essa è per lo più collegata la fiorente industria della gomma, con sede principale a Barcellona. Anche se ha gravemente risentito della generale crisi che ha colpito l'industria navale, la Spagna è tuttora rappresentata in questo settore, con principali centri a El Ferrol, Cartagena, Cadice, Barcellona e Bilbao; Siviglia e Cadice sono anche sedi di complessi aeronautici. Straordinaria espansione ha registrato l'industria chimica; è concentrata in Catalogna, ma sono sorti vari impianti anche nell'area asturiana-basca, favorita dai sottoprodotti della metallurgia, nonché in taluni centri dell'interno, come Madrid, Valladolid e Saragozza. Ottima è la produzione di acido solforico, che si ricava dalle abbondanti piriti nazionali; un ruolo minore, ma non modesto nell'ambito europeo, rivestono anche le produzioni di fertilizzanti azotati, di resine sintetiche e materie plastiche, di acido nitrico e cloridrico, di soda caustica ecc.
Altre industrie. Un'altra industria che ha registrato grande sviluppo è quella edile e dei materiali da costruzione, legata alla forte spinta all'urbanizzazione che nell'ultimo ventennio ha investito il Paese; la Spagna è oggi uno dei massimi produttori europei di cemento. Conserva il suo ruolo l'industria tessile, in specie la cotoniera. L'industria alimentare preminente è quella saccarifera; di rilievo sono anche l'industria della birra, gli oleifici, gli stabilimenti conservieri, quelli lattiero-caseari ecc. Notevoli sono le lavorazioni del vetro (che vanta numerosi stabilimenti, tra cui quelli di Bilbao e di Arija, presso Santander, e di La Granja) e della ceramica (a Talavera de la Reina, e La Cartuja presso Siviglia), e la concia delle pelli e del cuoio. Da ricordare, infine, l'industria della carta e la manifattura del tabacco.
Comunicazioni. Insufficiente e piuttosto disorganico è il sistema della viabilità interna, in cui non indifferente è il ruolo esercitato dalla morfologia nel determinare vari fondamentali flussi di traffico. In seguito alla politica accentratrice di Filippo II, la rete stradale sorse essenzialmente per collegare la capitale al resto del regno, in specie con i centri costieri più importanti. Seguì un lungo periodo di incuria; soltanto sotto la spinta dell'aumentata motorizzazione interna e del crescente flusso turistico si è proceduto a un incisivo intervento nel settore delle vie di comunicazione. Nella rete viaria si possono individuare una decina di tracciati base, che si irradiano da Madrid verso i margini del Paese, seguendo di preferenza gli andamenti vallivi. Si dimostra invece particolarmente inadeguata a sostenere i ritmi impressi dall'accelerata espansione economica la rete ferroviaria, servita in genere con attrezzature e parco mobile scadenti; essa si basa essenzialmente sulla RENFE (Red Nacional de Ferrocarriles Españoles ), nazionalizzata sin dal 1941 e caratterizzata dalla scarsa elettrificazione e dal dover compiere spesso percorsi tortuosi per difficoltà causate dal rilievo e dalla necessità di soddisfare esigenze locali. Inoltre le ferrovie spagnole hanno uno scartamento dei binari più largo di quello standard europeo, richiedendo così inevitabilmente trasbordi alla frontiera pirenaica (ciò fu fatto per motivi politici, intendendo sottolineare anche nel sistema delle vie di comunicazione il voluto isola mento della Spagna dal resto d'Europa); esiste un solo tronco con scartamento eguale a quello europeo, che collega Madrid con Barcellona e la frontiera francese. Anche se ancora inadeguata alle necessità del Paese, la rete stradale risulta nel complesso meno deficitaria; si sviluppa per circa 341.000 km (in particolare è notevolmente aumentato il chilometraggio delle autostrade: 7.750 km, che non sono certo molti per un Paese con una forte motorizzazione interna, senza contare i milioni di autovetture dei turisti stranieri). Le comunicazioni marittime fanno capo a numerosi porti modernamente attrezzati, tra cui predominano quello di Barcellona per il movimento passeggeri e quello di Bilbao per il movimento merci; altri porti di notevole traffico sono Santander, Siviglia, Valencia, Gijón. L'incremento degli scambi con l'estero ha favorito lo sviluppo della flotta mercantile. Le comunicazioni aeree all'interno del Paese non svolgono un ruolo di grande importanza; attivissimi sono invece i collegamenti con l'estero. Compagnia di bandiera è l'Iberia, che effettua servizi sia nazionali sia internazionali; il Paese dispone di una ventina di aeroporti internazionali, tra i quali predominano quelli di Barajas (Madrid) e di Prat del Llobregat (Barcellona).
Commercio. Gli scambi commerciali interni più notevoli avvengono fra il Nord industriale e le aeree agricole del Sud, mentre Madrid esercita l'attrazione propria di un vasto centro polifunzionale metropolitano. Anche il movimento commerciale con l'estero ha registrato una straordinaria espansione e diversificazione delle voci merceologiche; i prodotti alimentari e agricoli in genere, per il passato alla base delle esportazioni spagnole, sono ora largamente soppiantati dai più vari prodotti industriali, specie chimici, tessili, del cuoio ecc., quindi da macchinari e mezzi di trasporto, ferro e acciaio. Le importazioni sono eminentemente rappresentate da petrolio e altre materie prime e da macchinari per lo più a elevata tecnologia, che il Paese non è ancora in grado di produrre. Il deficit della bilancia commerciale rivela l'alto costo che il Paese ha pagato e continua a pagare, sia per la sua industrializzazione sia per soddisfare le molte esigenze che l'aumentato tenore di vita della popolazione, in particolare di quella urbana, oggi richiede. Il Paese è una delle maggiori mete del turismo internazionale.






